Pierre Chiartano
Cartolina da Ankara

Il piccolo golpe

Il giorno dopo, il mancato colpo di stato in Turchia appare come una pura follia, un calcolo sbagliato fatto da quel pezzo di esercito in rotta con Erdogan. Contando sul silenzio/assenso occidentale

Del golpe di Luglio in Turchia si parlerà a lungo. E sarà difficile darne una versione imparziale. Già si leggono fesserie su “moschee”,  “caserme” e “golpe anti-islamico”. È dunque evidente l’intenzione da parte di alcuni media sia europei che americani di collocarlo come “risposta” disperata a una deriva islamista. Alcuni giornali parlano già in termini di “guerra civile” riferendosi al clima che si starebbe respirando in Europa.

E in molti circoli del Vecchio continente come di Washington qualche “Turkey Libre” e “Bloody Meryem” deve essere andato di traverso, quando le sciabole che dovevano tintinnare si sono rivelate di latta. Grazie anche a una decisa risposta popolare e a una pianificazione che alla luce dei fatti si è rivelata insufficiente. Il sostegno dalle cancellerie occidentali a Erdogan sembra essere arrivato a cose fatte, quando si è avuta la certezza che il golpe fosse fallito. Diciamo che è più di un’impressione.

golpe ankaraIl fatto che i militari turchi si siano mossi appena dopo la follia omicida di Nizza rende l’elemento emotivo determinante al limite del lecito in una comunicazione mediatica ormai più legata alla fiction che alla realtà. Anche se i fatti da soli basterebbero a spiegare l’inutilità di una mossa cosi azzardata. A chiunque sia venuto in mente di dare il benservito a Recep Tayyip Erdogan con un’operazione all’egiziana, doveva doveva mancare lucidità e buon senso. A Morsi fu dato il benservito dai militari senza tanti complimenti, grazie anche a una mobilitazione popolare, presto tradita, che nel caso turco si è attivata in favore del presidente (in parte era successo anche per Morsi, ma si è visto poco sui media).

La rivista, un tempo brillante, Foreign Affairs ne aveva fatto il titolo di un pezzo pubblicato a fine Maggio: Turkey’s next military coup. Per una sorta di eterogenesi dei fini, da tempo la rivista, una volta punta di diamante del Council of foreign relations, produce analisi scadenti, il pezzo conteneva suo malgrado alcune notizie interessanti. Tra queste la trattativa tra Erdogan e i militari per far cadere le accuse dell’affaire Balyoz (Sladgehammer) inchiesta nata come spin off della cosiddetta Gladio turca (Ergenekon).

Mi ero già occupato di queste trattative segrete tra governo turco e militari nel 2011, quando era apparso evidente che Erdogan cercasse una via per raffreddare gli animi di alcuni settori delle Forze Armate i cui vertici erano stati decimati dalle inchieste. Tra questi, la Marina militare era stata particolarmente colpita. L’anno prima ero stato a Istanbul per un reportage su Ergenekon. Avevo incontrato a Kadikoy i colleghi di Taraf e di altre testate che mi avevano mostrato molti documenti dell’inchiesta (tradotti). Sorseggiando chay (te) sfogliavo pagine dopo pagine. Molti file erano normali valutazioni scambiate per piani. Emergeva anche come nel tempo i militari “giocassero” la carta terrorismo a seconda delle necessità. Schifezze già viste altrove. Ma non vi erano dubbi che molti ufficiali innocenti fossero stati messi in carcere senza una ragione valida. Per Erdogan non era dunque difficile far cadere delle accuse di per sé già fragili, mettendole sul piano di una lunga lotta/trattativa di potere con i militari. Uomini in divisa che godevano di uno status costituzionale particolare: erano i custodi della democrazia in salsa kemalista. Nel tempo si era inoltre creato un rapporto forte tra questi custodi del laicismo di stato e l’intellighenzia turca europeizzata. Elite secolarizzate che non hanno mai digerito l’Akp e il suo modello di società. E che  hanno poi  radicalizzato le proprie posizioni. Processo avvenuto non solo in Turchia.

golpe ankara3Per dirla più chiaramente, Erdogan non si è mai fidato dei militari. Da tempo sta cercando di spingere le carriere di ufficiali più vicini a lui, ma lo spoil system richiederà tempi biblici prima di poter sortire effetti politici aprezzabili. Per non parlare della fissa cospirazionista nei confronti di Fetullah Gulen. Un tempo potente alleato di governo, poi diventato acerrimo nemico di Erdogan. Diciamo che questo governo vede gulenisti un po’ dappertutto. Quindi leggere di fantasiosi progetti militari di Ankara in Siria ed Iraq – ne sono apparsi diversi, negli ultimi anni, con una trama degna di un romanzo d’appendice e con firme anche prestigiose – non poteva che far sorridere. Come i legami con Stato islamico, nel traffico di petrolio ad esempio, nonostante l’inchiesta di Reuters li abbia smentiti. Ogni stupidaggine diventava lecita per abbattere il “cattivo” Erdogan. Ne hanno scritto anche illustri testate nazionali. Confermando quanto il sistema  dei  media (con qualche eccezione) sia ormai quasi interamente “venduto” a logiche che poco hanno a che fare con l’informazione, improntate ormai ad una arrogante e molto interessata ignoranza.

Ciò che più colpisce è la pessima lettura della società musulmana, che si fa un po’ a tutti i livelli in Occidente, figlia di una presunzione un po’ secolarista, oppure di calcoli da neocolonialisti, molto spesso frutto del vuoto della politica. Tanto se poi a morire sono musulmani… che importa! A pensarlo non sono i cittadini comuni, in Occidente, ma le elite politiche che li governano e che sono spesso responsabili di questo caos totale. Ora partiranno le cortine fumogene sul “finto golpe” per coprire la brutta figura, e magari preparare un secondo round. Al peggio non c’è più limite. I 200 morti provocati da questa piccola follia saranno presto dimenticati. E la stupidità umana ridicolizzerà il buon senso, Ennio Flaiano docet.

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