Roberto Mussapi
Every beat of my heart, la poesia

Dopo Nizza, con Baudelaire

A chi per odio diabolico massacra con violenza efferata, motivato da un disagio spesso presunto, contrapponiamo il respiro della poesia che soccorre. Così il poeta risponde al dolore e al vuoto, alla tristezza della luna e alla sua solitudine. Ascoltiamolo…

Io sono Francese. Vive la France.
Avevo pronta, per questa puntata di “Every beat of my heart”, una poesia di Shakespeare, magica, giocosa, la descrizione con cui una fata ci presenta Puck, il follettto, nel meraviglioso Sogno di una notte di mezza estate. Ho messo da parte quella pagina, non ho sogni meravigliosi questa mezza estate, da stamattina, venerdì: da quando ho acceso il pc è un inferno.
Niente elfi e gioia onirica e notturna. Scelgo una poesia francese. Il grandissimo Baudelaire. La poesia non ha bisogno del mio commento. Così i grandi poeti rispondono alla tristezza della luna, alla melanconia, a una sensazione di solitudine. Noi, rispondiamo così, come Baudelaire, anche se raramente alla sua altezza. Al senso di solitudine, vuoto, tristezza, soccorre il respiro, la poesia. Altri, a deplorevoli sensi di disagio e isolamento (spesso inesistente) rispondono con la violenza efferata. All’anima che risponde al dolore e al vuoto con Leopardi e Baudelaire, se ne contrappone un’altra, che per un disagio, spesso presunto, per odio diabolico, indubitabile, massacra. Ora, dopo Parigi e oggi dopo Nizza, la guerra è totale, la distruzione pari a quella dei nazisti.
Io ero più francese che mai in questi giorni, io italianissimo, patriota e italiano come Mazzini e Foscolo. Il grande Yves Bonnefoy se ne stava andando da questo mondo, le sue email piene d’amore per me, per l’Italia, mi facevano sentire sempre più francese. Più lui era italiano più io francese. Questa è la contesa che conosco, superarsi per amore, vincere per essere ancora più “altro” dell’altro.
Sono francese perché dopo anni e anni di vacanza ad Antibes passo per varie vicende dalla Côte d’Azur alla Liguria di Ospedaletti e Bordighera, confinante, a pochi chilometri di distanza, e mi sento come un esule dalla civiltà alla grossolanità, dall’amore per il paesaggio, il mare, la gente, al loro brutale, più che rifiuto, non riconoscimento.
Sono francese, io italiano orgoglioso d’esserlo quanto Pertini, Goffredo Mameli e Mino Reitano, tifando Francia alla finale europea. Come sempre, quando non c’è, ovviamente, l’Italia. Sono italiano, francese, europeo, occidentale. Perché ho provato felicità per la vittoria del Portogallo in quanto giusta: un francese non di quelli che ammiro (uno da Legione Straniera) aveva scientemente azzoppato il fuoriclasse avversario; un francesino, Pogba, non un francese come Platini, Zidane, Dechamps, Trezeguet, aveva mancato all’appello e all’onore.
Da buon italiano filofrancese, piango per la città divelta che grazie alla guerra e al destino fu presa agli italiani e diventò la civile Nizza e non la caotica, italica, onnirespingente Ventimiglia.
Leggiamo Baudelaire, difendiamo la Francia.
Ma ora che l’aggressione è simile a quelle naziste, ora che è unilateralmente guerra, prendiamone atto. È guerra.

 

Charles Baudelaire

Tristezze della luna

Questa sera la luna sogna con più languore,

come una bella donna sui suoi cuscini

che prima del sonno con la mano lieve

accarezzi i contorni dei suoi seni,

 

sul lucido dorso di valanghe di seta,

morente s’abbandona a lunghi venir meno,

volgendo gli occhi sulle bianche visioni

che salgono nell’azzurro come fioriture.

 

Quando a volte nel suo pigro languore,

stilla sul globo una lacrima furtiva,

un pio poeta, nemico del riposo,

 

prende nella sua mano quella pallida lacrima,

iridescente come un frammento d’opale,

e se la mette nel cuore, lontano dagli occhi del sole.

Charles Baudelaire
(Traduzione di Roberto Mussapi)

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