Angela Di Maso
Ritratto d'artista

Sempre più in là!

Ciro Masella: «A me piace recitare in spettacoli che non cercano l’esattezza ma la verità. E invece troppi saltano, dal proprio, sul carro più prestigioso, più ricco, più potente...»

Nome e cognome: Ciro Masella.    

Professione: Attore/regista.

Età: 42 (portati bene!).

Da bambino sognavi di fare l’attore? Sì.

Cosa significa per te recitare? Respirare. Essere tutt’uno col mio daemon. Quindi “Essere”.

Il tuo film preferito? A pari merito Amarcord di Fellini e Manhattan di Woody Allen.

Il tuo spettacolo teatrale preferito? (Fatto da te o da altri) Vado tantissimo e sempre con grande gioia e curiosità a teatro, e quindi ho avuto la fortuna di vedere alcuni spettacoli molto belli, ma non riesco a sceglierne uno su tutti così, su due piedi. Sto recitando invece in alcuni spettacoli che amo alla follia, come Ubu Roi di Roberto Latini o Miseria & Nobiltà di Michele Sinisi, o Thanks for Vaselina di Carrozzeria Orfeo. Tutti e tre nel mio cuore. In modo prepotente.

Qual è l’attore da cui hai imparato di più? Tanti: osservati da vicino, avendo la fortuna di lavorarci fianco a fianco, oppure scrutati e analizzati dalla platea, nei video, nei film. Tanti attori, tante attrici. Più grandi di me, coetanei, più giovani. Sono uno che ha osservato e osserva, “rubato” e “ruba”. Parecchio.

Qual è il regista da cui hai imparato di più? Massimo Castri: un grande maestro, prima di tutto di recitazione, e poi di regia. Un onore grande essere entrato nella sua “bottega”, e aver potuto scrutare, ammirare, annusare, rubare, capire. E Ronconi: la follia lucida, l’ironia geometrica, la capacita di creare mondi paralleli. Un visionario.

Il libro sul comodino: Il codice dell’anima di J. Hillman. Ne passano e ne sono passati tanti altri dal mio comodino. Lui sta lì. E credo che “emani” senso, anche per il solo fatto d’essere lì.

Ciro Masella5La canzone che ti rappresenta: Difficile… cambiano, dai momenti. Quella che torna più spesso: La Cura di Battiato. E poi Oggi sono io ma cantata da Mina, Dancing di Elisa… ci sono canzoni che raccontano con forza incredibile quel che provo e sto vivendo in determinati momenti della mia vita. E vi si legano con forza.

Descrivi il tuo giorno preferito. Il giorno (qualunque esso sia, della settimana: per me sono indifferenti) in cui quando mi alzo (non prestissimo, preferibilmente) so che la sera sarò in scena con uno spettacolo che amo, con compagni di lavoro che condividono con me una visione del mondo, oltre che del lavoro, o so che mi appresto a passare una giornata (e lì, sì…vuol dire che mi sono alzato molto presto) su un bel set o a in prova con un nuovo lavoro, un nuovo viaggio. In alternativa, sapere che la sera andrò a vedere un bello spettacolo o un bel film riesce a darmi un’allegria che si “spalma” sull’intera giornata.

Prosecco o champagne? Lo Champagne, perché normalmente non mi tocca e mi accontento del prosecco…

Il primo amore, lo ricordi? Lo ricordo eccome, e come potrei non ricordarlo: nel bene e nel male…

Il Primo bacio: rivelazione o delusione? Rivelazione! Bellissima rivelazione.

Strategia di conquista: qual è la tua? In questo momento cercare di annullare tutte le tentazioni di mettere in atto delle strategie, di esercitare in qualche modo del “magnetismo”, di affascinare o voler conquistare. Credo si debba tendere con tutte le forze a distrarsi da sé e ascoltare davvero, guardare sul serio, interessarsi di chi ci sta di fronte, essere davvero sé stessi e non proiettare immagini di un sé diverso, di qualcuno che non siamo, anche se quel qualcuno potrebbe piacere e conquistare molto più facilmente chi abbiamo di fronte…: difficilissimo!

Categorie umane che non ti piacciono? Chi non sceglie. Chi non decide. Chi si lamenta comunque e ovunque e non fa nulla. I meschini. E poi tutti coloro in cui ravviso tracce dei miei difetti, coloro in cui mi specchio e dei quali in definitiva non sopporto tutto ciò che mi fa imbestialire di me stesso. E che quindi possono essere utili, se incontrati in modo giusto.

Classifica per sedurre: bellezza, ricchezza, cervello, humour. 1) cervello 2) humor e bellezza (che non guasta)…la ricchezza in fondo alla lista… può essere pericolosa. Mentre né il cervello né lo humor né la bellezza (oddio, quest’ultima a volte, ma solo a volte, sì…) possono essere pericolosi.

Il sesso nobilita l’amore? O viceversa? Per me, ad oggi, inscindibili: si nobilitano vicenda. Che bello quando sono insieme: allora “s’è fatto tombola”!

Meglio le affinità elettive o l’elogio degli opposti? Le affinità elettive: un grande regalo.

Costretto a scegliere: cinema o teatro? Teatro!

C‘è qualcosa che rimpiangi di non avere detto a qualcuno? Uh… tante… troppe… ma ultimamente ho imparato (o sto cercando con fatica di imparare) a dar voce a quel che mi passa dal cuore e dalla testa: aiuta a non ammalarsi…

Shakespeare o Beckett? Shakespeare!    

Qual è il tuo ricordo più caro? La dolcezza di mia nonna, che credo avesse intuito quanto neppure io avevo capito di me e delle mie aspirazioni, e che una volta volle difendere davanti ai miei genitori quel mio sogno ancora così piccolo e fragile, con una frase tenerissima e al contempo misteriosa, presaga ma ermetica.

Ciro Masella4E il ricordo più terribile? Quando ho dovuto lottare proprio con la mia famiglia per realizzarlo quel sogno, in un incubo dal quale non pensavo sarei mai uscito. Uno dei periodi più brutti della mia vita. Un ricordo che ancora mi taglia il respiro. E poi la lotta col panico. Con quella bestia che partoriamo e nutriamo noi stessi e che può diventare spaventosa.

L’ultima volta che sei andato a teatro, cos’hai visto? Qualche sera fa, al teatro India di Roma, a vedere Rosso di John Logan, con Ferdinando Bruni e Alejandro Bruni Ocaña, regia di Francesco Frongia e produzione Elfo: una meraviglia! Uno spettacolo bellissimo. Un viaggio. Grande teatro, scritto, diretto e recitato magnificamente. Una gioia per gli occhi, la mente e il cuore.

Racconta il tuo ultimo spettacolo: L’ultimo allestito è stato Miseria & Nobiltà da Scarpetta, riscritto da Francesco Asselta per la regia di Michele Sinisi, e prodotto da Elsinor. Una versione contemporanea di una delle farse più celebri del teatro scarpettiano, portata al successo in teatro anche dal figlio Eduardo De Filippo e immortalata al cinema da Totò e Mattoli. Una compagnia bellissima, un capitano, Sinisi, coraggioso e sognatore, alla testa di una ciurma scalmanata che ha realizzato l’impresa di rendere contemporanea e modernissima una farsa! Uno spettacolo sui sogni, sul teatro, sui ricordi, sulle nostre miserie e su quanto di più nobile alberga nei nostri piccoli e stropicciati cuori. Questo piccolo grande miracolo riprenderà il suo cammino da gennaio 2017 in giro per tutta la penisola.

Perché il pubblico dovrebbe venire a vederlo? Per vedere al lavoro un manipolo di artigiani alle prese col fare teatro nel senso più pulito e concreto, artigianale appunto. Perché, come dice il nostro regista e compagno di scena Michele Sinisi, è uno spettacolo che non cerca l’esattezza ma la verità. Perché è stato concepito con grande amore per il pubblico e non con disprezzo o indifferenza (cose che si trovano spesso su alcuni palcoscenici) pur senza nessuna voglia di piacere o titillare bassi istinti. Perché è una festa, a cui gli spettatori partecipano con noi ogni sera. Perché restituisce senso a noi che lo facciamo ma anche a chi fa la scelta di partecipare da spettatore a questo rito miracoloso e potentissimo che è il teatro.

Il mondo del teatro è veramente corrotto come si dice? Il mondo del teatro è come tutti gli ambienti lavorativi, con tanto merito ma anche clientelismi, tanto talento ma anche sciatteria e “inadeguatezza”, tanta bellezza ma anche brutture e ingiustizie e meccanismi incomprensibili. Ma è la placenta senza la quale io non potrei vivere e respirare, e sono convinto che ci sia un modo per abitarlo degnamente e renderlo un luogo più giusto e pulito, più limpido e luminoso. Facendolo bene. Scegliendo di lavorare con persone belle e brave. Mettendoci sudore e fatica e sapienza e tanto cuore.

Come e dove ti vedi tra cinque anni? “In cammino…”. In un costante “processo evolutivo”. A fare il mio lavoro, fra il palcoscenico, magari il set, ma felice; spero, di alzarmi la mattina e di andare in scena tutte le sere o sul set tutti i giorni, perché quel che faccio l’ho scelto e lo reputo necessario.

La cosa a cui nella vita non vorresti mai rinunciare.Mi sembra d’esser stato chiaro: il mio meraviglioso e indispensabile lavoro. E non vorrei rinunciare alla possibilità di scegliere cosa e con chi. Di scegliere i progetti, i compagni di viaggio.

Quella cosa di te che nessuno ha mai saputo (fino ad ora). Adoro che la sfera privata rimanga privata. Mi piace che le persone conservino e custodiscano alcuni segreti. Mi piacciono le persone con un’ombra, la quale scaturisce dalla luce, non esiste senza quest’ultima. Quel qualcosa che finora di me non si è mai saputo, continuerà a rimanere nella sfera del mia privato, di ciò che è giusto che io custodisca come mio mondo interiore, prezioso.

Piatto preferito: Il risotto, fra i salati. Poi ci sono i dolci, e su quelli perdo il controllo…

Ciro Masella3Le scuole di recitazione servono o quel che conta è avere fortuna? Lo studio è indispensabile, fondamentale. La tecnica rappresenta le fondamenta su cui costruire tutto il resto, compreso il proprio stile, il proprio personale segno. Studiare e tenersi in allenamento, in continuo aggiornamento, essere curiosi, avidi di esperienze e di stimoli, di conoscenza e di differenze, aprirsi a ciò che non si conosce, fare esperienze sempre nuove, mettersi continuamente in discussione. La scuola serve anche a conoscere e frequentare stili che non ci appartengono, che, una volta conosciuti bene e poi annoverati fra le cose che non ci interessano o non ci rappresentano, ci aiuteranno a definire meglio il nostro personale percorso, il nostro stile. Ma un po’ di fortuna non guasta, anzi aiuta, e parecchio…

C’è parità di trattamento nel teatro tra uomini e donne? Conosco alcune attrici mie amiche e colleghe che hanno un grande potere contrattuale, molto più forte di tanti altri colleghi maschi. Non sono tantissime, però, e devono faticare molto per affermare i loro sacrosanti diritti. Certo non siamo in un ambito lavorativo in cui può essere preferito un attore ad un’attrice per lo stesso ruolo, e quindi dove non c’è il rischio di questo tipo di discriminazioni. Le differenze di trattamento possono manifestarsi nella fase di contrattazione, di attribuzione della paga: credo che ancora oggi un attore sia avvantaggiato rispetto ad una collega. Ci sono meno registe donne. La strada è ancora lunga e in salita. La parità dei diritti in questo Paese va conquistata con un lavoro quotidiano.

Mai capitato di dover rifiutare un contratto? Tantissime volte: la maggior parte perché non sono riuscito a incastrare gli impegni lavorativi. L’ultima volta la settimana scorsa: ho dovuto a malincuore rifiutare due proposte lavorative molto molto belle e allettanti perché coincidevano con la ripresa di un lavoro già fatto, e per il quale avevo dato con gioia la mia disponibilità; e che non abbandonerei per nulla al mondo. Ecco, da questo punto di vista posso dire di essere fiero di me stesso: non ho mai mancato la parola, mai mancato un impegno. Ho addirittura interrotto un rapporto di lavoro decennale con un Teatro Stabile per onorare la mia parola e l’impegno preso con un altro teatro. E, nonostante quell’episodio mi abbia procurato tantissimo dolore e diversi problemi, sono fiero della mia scelta di correttezza e coerenza. Ne vedo poche di queste doti in giro, anche fra i miei colleghi più stretti: c’è una corsa a saltare dal proprio carro in corsa per acciuffare quello con più prestigio, più soldi o più lucine e lustrini. Ecco un’altra categoria da inserire nella mia risposta alla domanda 17.

Di lasciarti sfuggire un’occasione di lavoro e di pentirtene subito dopo? Mah…ora come ora non mi viene in mente nessuna occasione che ho mancato e per la quale poi mi sono mangiato le mani… Fa parte del gioco. Siamo il frutto delle nostre scelte, anche se a primo acchito non possono sembrare le più azzeccate o vantaggiose. L’importante è come le abbiamo fatte, mettendo in gioco quale parte di noi.

Quale ruolo ti sarebbe piaciuto interpretare nel cinema? Un ruolo ne La meglio gioventù di Giordana, o ne La grande bellezza, circondato da quel concentrato di magnifici attori che Giordana e Sorrentino hanno diretto magnificamente, e sotto la guida appunto di registi così illuminati e grandi; qualcuno dei meravigliosi ruoli affidati a Santamaria o a Elio Germano, a Pierfrancesco Favino o a Luigi Lo Cascio…

Ciro Masella7Quale ruolo ti sarebbe piaciuto interpretare in teatro? Kostja ne Il Gabbiano di Tomi Janežič: uno spettacolo meraviglioso e uno dei Kostja più veri e strazianti e belli che io abbia mai visto. O Amleto nell’Hamletas di Nekrosius. O alcuni dei ruoli che Ronconi ha regalato a quel magnifico attore che è Massimo Popolizio (penso a Gli ultimi giorni dell’umanità, La vita è sogno, Peer Gynt, Ruy Blas, Lehman Trilogy).

Da chi vorresti essere diretto? Ho avuto la grande fortuna, il privilegio di incontrare i maestri: quindi parto viziato, e parecchio, nelle pretese e nei desideri. Vorrei essere diretto da registi che amano gli attori, che li conoscono (nel senso che ne conoscono i meccanismi e il mestiere) e li sanno dirigere e valorizzare, che li sanno portare oltre ciò che loro sanno già fare e conosco di sé e del proprio mestiere. Vorrei essere diretto da registi che non ti fanno odiare il tuo andare in scena, che non ignorano o addirittura odiano o disprezzano il pubblico, che intraprendono con gli attori un viaggio di conoscenza, di rischio, di scoperta e di bellezza. Vorrei essere diretto da gente che non sfoga il proprio sadismo e la propria cattiveria gratuita sui propri attori, e da gente che sa come si fa il teatro, che non s’atteggia ad “artista” senza avere nessuna conoscenza e sapienza artigianale.

Tre doti che bisogna assolutamente possedere per poter fare l’attore. Tenacia, pazienza, coraggio. Oggi servono più che mai -dando per scontato (e spesso non lo è, purtroppo) che ci sia la dote principale: il talento- a chiunque decide di intraprendere un mestiere che, in un mondo del lavoro sempre più precario, è il trionfo della precarietà e della frammentazione.

Tre difetti che non bisogna assolutamente avere per poter fare questo mestiere. Qui. Ma anche nella precedente domanda, mi allontanerei dall’”assolutamente” per avvicinarmi invece ai territori del mio personale opinabilissimo giudizio: secondo me un attore non dovrebbe mancare di fantasia, duttilità e di generosità, intendendo con generosità sia quella nei confronti del pubblico che dei suoi compagni di viaggio, e quindi ne consegue che non dovrebbe assolutamente mancare di rispetto nei confronti degli altri attori, dei tecnici, del regista; e il rispetto è anche essere precisi, corretti, pronti ad aiutare e non a mettere in difficoltà chi sta lavorando con te. Tanti, troppi attori, anche con del talento, recitano per sé stessi, per mostrarsi, per far vedere quanto sono bravi, pronti ad “asfaltare” chiunque pur di “mettersi in mostra”. Bene, questa categoria, assieme a quella degli “abusivi”, cioè i “negati per questo mestiere”, è la peggiore!

Cosa accadrebbe all’umanità se il teatro scomparisse? Saremmo di sicuro tutti più poveri, incapaci di celebrare un rito che è nato per sentirsi comunità, per indagare l’invisibile, per creare uno spazio in cui l’uomo ragiona, riflette, attraversa col cuore e con la mente, e col corpo, i grandi territori dell’”essere umani”, il concetto di divino e i temi della spiritualità, della colpa, della giustizia, della democrazia, dell’amore. Saremmo più poveri. Più ciechi. Più aridi. Più soli.

Gli alieni ti rapiscono e tu puoi esprimere un solo ultimo desiderio. Quale? “Posso tornare sulla terra a fare quello che stavo facendo prima che arrivaste?” E, se questo non fosse possibile: “Voi ce l’avete il teatro? Sapete cos’è? Qui si può fare? Altrimenti vi spiego io…”

La frase più romantica che ti sia capitato di dire in scena. «Questa tua lotta… questa mia lotta. Ma ci pensi? Sono incredibili tutti i modi che Dio ci ha regalato per sentire l’amore. Tutti questi intrecci, le possibilità, le combinazioni. Ognuno col suo corpo diverso, col suo cuore diverso. Io credo che la storia di come l’uomo abbia lottato contro tutto per cercare ad ogni costo il proprio modo per esprimere l’amore sia l’unico vero miracolo. Come certi insetti che lottano dentro ai muri e cercano ogni fessura possibile per trovare la luce. L’amore. Attraverso le crepe. Beh, questa lotta è la parte migliore della vita».

La frase più triste che ti sia toccato di dire in scena. «Pensi che ho paura di te? Sono stata pestata e violentata per dieci anni. Mi sono prostituita. Quasi tutte le mie amiche sono morte di Aids e anch’io stavo facendo quella fine. Il vuoto dentro e fuori di me si era preso ogni cosa. Il cielo mi si copriva addosso, lo capisci?». Entrambe le battute le dico interpretando un trans. Ora come ora, le ho appiccicate al cuore e alla pelle, a ogni centimetro del corpo. Quelle a queste ultime due domande non sono risposte “in assoluto”, ma relative a questo momento di vita e di lavoro.

Dimentiche le battute: graziato o condannato? Mi autocondanno: ho il terrore del vuoto di memoria. È una mia grande paura. Ma sto cercando di imparare che può capitare, che non siamo macchine, che se ne può uscire, e che il vero problema è proprio farsi bloccare dal terrore, dal panico. E dalla paura preventiva che accada.

Cosa vorresti che la gente ricordasse di te? La vitalità, la versatilità, la sincerità. La generosità in scena. Penso di averne… così dicono…

Hai mai litigato con un regista per una questione di interpretazione del personaggio? Non ricordo veri e propri litigi: ho manifestato disappunto quando sono stato mandato allo sbaraglio senza uno straccio di idea, di direzione, di necessità. Fortunatamente è accaduto di rado, molto di rado. Ma i cialtroni e gli “abusivi” di questo mestiere ci sono. Eccome se ci sono.

Se potessi svegliarti domani con una nuova dote, quale sceglieresti? La capacità di ballare come Michael Jackson. Quella luce innata che nel movimento manifestava la presenza del divino.

Se potessi scoprire la verità su te stesso o sul tuo futuro, cosa vorresti sapere. Non voglio sapere proprio nulla.

Ciro Masella6Se sapessi di dovere morire, che cosa cambieresti nella tua vita? Sono il frutto di scelte, errori, percorsi anche difficili, sbandate, tante cazzate ma anche tanti bei traguardi: non cambierei quel che sono, perché sono in continuo movimento, e perché sono il frutto di tutto quel che c’è stato prima, che non è né bene né male: sono io.

Che cosa è troppo serio per scherzarci su? Forse la malattia. Ma c’è stato chi, vivendola con tutte le sue stimmate, ci ha scherzato, eccome… quindi forse non c’è nulla su cui non si può scherzare…

Progetti futuri? Il debutto a fine giugno, al festival “Inequilibrio” di Castiglioncello, di Infinita guerra italiana, un lavoro nuovo scritto da Virginio Liberti per la regia di Tommaso Taddei di Gogmagog: quattro pezzi, tra cui un mio monologo. Ad agosto, il debutto al Cimitero militare germanico della Futa della nuova avventura di Archivio Zeta, Macbeth, co-prodotto con Elsinor, che poi sarà in tournée nella prossima stagione. Il mio nuovo lavoro da regista su un testo di Emanuele Aldrovandi, Il Generale, sempre in debutto in estiva, in giro per festival, e poi in tournée, co-prodotto assieme a Pupi e Fresedde-Teatro di Rifredi. Il mio sogno di portare in scena Aminta di Tasso, che si dovrebbe finalmente realizzare a breve, sempre con la complicità di Pupi e Fresedde e del Teatro di Rifredi. Una regia al prossimo festival Intercity del Teatro della Limonaia. Le repliche estive, e poi nella prossima stagione, di Thanks for Vaselina di Carrozzeria Orfeo e di Gioco di specchi, che dirigo, interpreto e produco, ispirato al Don Chisciotte di Cervantes e scritto per me da Stefano Massini, che ha superato le ottanta repliche. Poi, le riprese nella prossima stagione di Ubu Roi di Roberto Latini, che sarà, tra l’altro, a Firenze e a Milano, e la tournée di Miseria & Nobiltà per la regia di Michele Sinisi e la produzione di Elsinor, che ci porterà in giro per la penisola: due lavori a cui tengo tantissimo, e che sono felicissimo di riprendere. Grandi compagni di lavoro, progetti belli, idee forti di teatro e di mondo. Visioni diverse ma tutte luminose, coraggiose, necessarie. Sono fortunato ad avere dei compagni di viaggio e dei progetti così. Molto fortunato.

Un consiglio ad un giovane che voglia fare l’attore. Prima di tutto chiedersi se davvero lo si vuol fare e perché lo si vuol fare questo mestiere. Ma chiederselo davvero. E darsi una risposta crudele e sincera. E poi studiare, studiare, e ancora studiare. Essere sempre curiosi. Vedere spettacoli, film, video di spettacoli del passato, mostre, il lavoro dei colleghi, tutti, da quelli vicinissimi alla nostra sensibilità e ai nostri gusti fino a quelli lontani anni luce, in universi opposti o paralleli. Leggere, coltivare la bellezza e la propria anima nutrendosi d’arte: musica (tutta, quanta più possibile), pittura, scultura. Conoscere e allenare il proprio strumento, e rispettarlo: corpo e voce. Studiarlo e approfondirlo. Ampliare le proprie possibilità, spostare l’asticella dei propri limiti. Sempre un po’ più in là. Restare in contatto e coltivare i propri sentimenti: frequentare le proprie emozioni per poter restituire nel proprio lavoro con passione lo spettro più ampio e sincero di questi ultimi. Non credere mai d’essere arrivati o di sapere o saper fare: non accontentarsi, cercare e battere strade nuove. Evolversi, sempre! Imparando dagli errori e dalle cadute.

Foto di I. Costanzo, L.Pozzo. La rubrica “Ritratto d’artista” va in vacanza. Tornerà a settembre.

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