Pierre Chiartano
Cartolina da Tunisi

Regeni e la guerra

La memoria della vittoria nel Secondo conflitto mondiale dovrebbe (forse) farci capire meglio quale guerra stiamo perdendo in Nord Africa. Da soli. Battuti dagli "alleati"...

È il 25 Aprile, Festa della Liberazione. Dovrebbe essere una celebrazione condivisa da tutti gli italiani, non fosse altro che per ricordare un nuovo inizio, un voltar pagina dopo un’immane tragedia invece è diventata un’occasione per fare distinguo, per riaprire vecchie ferite identitarie che l’Italia politica e intellettuale non ha mai voluto affrontare, per “pigrizia” e totale mancanza di carattere. La caduta del Muro di Berlino sarebbe stata l’occasione d’oro. Invece, silenzio assoluto. Si è preferito passare oltre, occuparsi del quotidiano sopravvivere, Mani pulite incombeva. Chissenefrega della storia. Meglio la propaganda, tanto gli italiani, che fessi non sono, fanno finta di bersi di tutto.

A 70 anni dalla fine della guerra ci troviamo ancora con sparute schiere di “giapponesi” su entrambi i fronti che si divertono ancora a guerreggiare. “Comunista!Fascista!Bugiardo!Ignorante!”. Oppure i giovani idioti e ignoranti che contestano la Brigata ebraica che sfila a Milano. In mezzo una massa di persone che sanno poco o nulla della storia del proprio paese, oppure sono talmente angustiate dai problemi del quotidiano sopravvivere, da percepire ormai con fastidio chi gioca ancora con i fantasmi del passato.

Da una parte ci sono coloro che affermano “la storia la riscrivono i vincitori” e nel caso italiano i “comunisti” hanno calcato la mano con la propaganda (vero), l’hanno fatto con scaltrezza facendo fessi anche i veri vincitori della liberazione – gli americani e le forze alleate. L’Italia politica del Secondo dopo guerra è stata popolata da “partigiani” della 25ma ora in tutte le compagini politiche (il famoso arco costituzionale).

Dall’altra parte ci sono coloro i quali la guerra contro i “nazi-fascisti” l’hanno fatta veramente, ma l’anagrafe li ha ridotti ad un plotone di sopravvissuti. Tutti gli altri sono il prodotto di un misto di verità sentimentale, militanza ideologica e generico senso d’appartenenza. Una miscela che non trovi più neanche nel regime egiziano di el Sisi, dove il cittadino medio è dotato di capacità di giudizio molto più indipendenti dell’italiano “della strada”.  Motivo per cui il regime deve esercitare un controllo molto rigido. Ma in Nord Africa torneremo dopo.

Gli italiani orfani dell’oppio dei popoli, il confronto ideologico, hanno saltato alcune fasi della propria crescita come cittadini. Siamo immaturi. E lo dimostriamo anche di fronte a certe verità. Le rifiutiamo, perché ammetterle significherebbe darsi dell’idiota. Il fascismo è stato uno dei pochi prodotti “originali” dell’Italia unitaria. Un tema da affrontare con coraggio, senso critico, capacità di analisi, per superarlo, per crescere, per diventare migliori, perché  una dittatura quando mette radici è la prova dell’immaturità di un popolo. Abbiamo preferito guardare da un’altra parte. Ma il tema meriterebbe ben altri approfondimenti di questo scarno articolo.

Oggi siamo un paese in difficoltà che stenta a riprendersi economicamente e non trova più ragioni per rispondere ad una semplice domanda: cos’è l’Italia?

Il caso dello sfortunato connazionale Giulio Regeni è il punto di non ritorno. Lo è per un senso di appartenenza che rischia di perdere ogni residua ragion d’essere rispetto al paese. Lo è per il comportamento “indegno” del governo francese e l’indifferenza di quello britannico. Due paesi che hanno sempre considerato l’Italia come un dossier “privato” fin dagli albori. E per capirlo basterebbe andare a leggersi i carteggi che Napoleone inviava al Direttorio dall’Italia oppure i documenti diplomatici di Kew Garden. Sono cambiate le circostanza storiche ma sono rimaste le cattive abitudini. A francesi serviva un esercito nazionale italiano in grado di impedire agli austroungarici di usare la Val Padana come una facile autostrada per attaccarli da Sud. Ma dovettero aspettare Napoleone III per realizzare un tale progetto. Agli inglesi faceva gioco per il mantenimento dei propri interessi mediterranei.

Ora che il Mediterraneo si infiamma, che l’Europa dovrebbe prendere maggiori responsabilità e Washington le cederebbe volentieri, lo spettacolo non è tra i più edificanti. Siria, Egitto, Libia tanto per citare a caso alcuni teatri dove la vecchia politica “neo-coloniale” degli interessi dei singoli stati che credevamo dovesse andare in soffitta, è ricomparsa. I danni che ha causato  li vedremo presto, volendo già si notano.

Comportamenti di due nazioni “amiche” ed alleate che ci fanno dubitare del senso più profondo di un Europa senza senso. L’Italia che ha sempre avuto il vezzo di straparlare di indipendenza, ma senza l’ombrello Usa, chissà dove saremmo finiti. Abbiamo sempre preferito porci le domande sbagliate, perché non erano le risposte ad interessarci.

Abbiamo accettato di “non sapere” la verità su Ustica, perché troppo imbarazzante. Ma per chi? Per i francesi (secondo una versione accreditata da Francesco Cossiga, il Dc9 Itavia fu abbattuto per errore da un caccia francese imbarcato) che non ci hanno neanche chiesto scusa? Abbiamo accettato di non conoscere le verità su molte stragi per covenienze politiche. Per pura e semplice codardia.

Nell’Italia degli scandali, da quello delle trivelle all’onda lunga sulla Marina militare, non siamo in grado di distinguere il grano dal loglio. Finmeccanica, ultimo gioiello “ammaccato” dell’industria italica, forse interessa a qualcuno? Un dossier anonimo sui vertici della MM, potrebbe  mettere in discussione la legge di finanziamento per il rinnovo della flotta? Le commesse per alcune unità della marina del Qatar (5 miliardi di euro) saltate per intervento diretto di Parigi, qualche altro miliardo a rischio se lo scandalo “De Giorgi e Co” andasse a ridimensionare le commesse per Fincantieri. Tutto per la felicità e gli interessi di chi da tempo ha messo gli occhi sul “gigante” italiano della cantieristica. Interessi francesi? Vedremo.

Questi sono i temi che ci dovrebbero appassionare. Non la magistratura perché, fra mille intralci, cerca di fare il proprio dovere. E sicuramente lo faranno anche i magistrati di Potenza. E ci diranno chi ha fatto “maneggi” violando la legge e per quali motivi. Come italiani dovremmo fare a gara per trovare motivi per essere uniti, forti, indipendenti. Dimostrare ai pochi “amici” che abbiamo, dai tempi di Alcide de Gasperi, che qualcosa siamo in grado di farla anche da soli, contando sulle nostre gambe. Oppure dobbiamo dare ragione ad Indro Montanelli, che vedeva un grande futuro per gli italiani (nel mondo) ma nessun futuro per l’Italia.

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