Ilaria Palomba
A proposito di “Io sono Kurt”

Kurt e il diavolo

Paolo Restuccia, con il suo secondo romanzo, costruisce un universo dove tutto ha il suo rovescio e dove non c'è storia senza nemesi. Perché nulla più è così come appare

Io sono Kurt di Paolo Restuccia (Fazi, 2016, pp. 270, euro 16,00) è un romanzo dai toni oscuri, che apre la nuova collana di Fazi Darkside, dedicata al noir e al giallo di qualità. Narra la storia di Andrea Brighi, alias Kurt, in viaggio con una valigetta di soldi di suo cognato da portare in Svizzera. Durante il tragitto, che assume i toni di un viaggio esistenziale ancor più che materiale, Kurt incontra la sua nemesi: Stefano Zanchi, alias Diavolo Biondo, ovvero il suo amico/nemico nonché datore di lavoro di quando aveva vent’anni e lavorava come dj a Radio Punto Nord.

La linea narrativa si sdoppia, una parte sempre calata nel presente, con ritmo sincopato narra i fatti e fattaci che accadono ad Andrea nella Pensione Ghega di Trieste, l’altra è tuffata nel passato, a contatto con gli eventi più importanti della sua esistenza. Riaffiorano passioni feroci e sconcertanti, dolorosi addii, momenti magici e terribili che Kurt e la sua nemesi Diavolo Biondo hanno condiviso e conteso. Prima tra tutti l’affascinante Anna, una studentessa di matematica, incredibilmente intelligente e sensibile eppure, o forse proprio per questo, alla ricerca di un infinito impossibile, irraggiungibile, di un amore perfetto, estremo, pregno di quello stesso infinito che avrebbe potuto, a ogni passo, rovinarla. La formula uno più uno uguale zero, che Anna scrive nel suo diario con una tensione all’infinito quasi incomprensibile per il povero Andrea Brighi innamorato, (a tratti salvatore, a tratti vigliacco), a un certo punto sarà la spiegazione di tutto.

Nel presente invece accade che Andrea metta in serio pericolo il suo matrimonio, perdendo, o lasciandosi rubare, la valigetta. Da questo momento in poi parte la sua avventura/disavventura pregna di musica, scritta proprio al ritmo di una playlist che va da Sakamoto ai Cure, dai Beatles a Juff Burkley, dai Rolling Stones a Jamiroquai, da Bruce Springsteen a Johnny Cash, dai Pink Floyd ai Velvet Underground, passando per De Andrè e Lucio Dalla.

paolo restuccia io sono kurtIo sono Kurt è il secondo romanzo di Paolo Restuccia, dopo La strategia del tango (Gaffi, 2014), e rispetto al primo, che pure è un grande romanzo, qui c’è ancora maggiore attenzione all’interiorità dei personaggi, un linguaggio fluido, miscela sapientemente aspetti colloquiali e momenti riflessivi, a tratti poetici. Oltre al noir, contiene una vastità di generi che vanno dal romanzo sentimentale al romanzo di formazione, in primo luogo nelle pagine che descrivono il passato, e in particolare nel personaggio di Anna, di una complessità e bellezza commoventi. L’altro personaggio femminile, oltre ad Anna e Rita, moglie di Andrea Brighi, è Nadia, che il protagonista incontrerà alla pensione Ghega, e risveglierà in lui pulsioni estreme, che forse neanche immaginava di poter provare, o almeno non più.

Ogni cosa, in questo libro, contiene magicamente all’interno il suo contrario. Il masochismo è un’altra faccia del sadismo, i ruoli tra vittima e carnefice si ribaltano costantemente. Qui Restuccia infrange certi schemi di perbenismo e politically correct, che ormai sembriamo aver assunto come legge, dimenticando che la letteratura sia anche fiction, e in quanto tale è auspicabile lasciarle la libertà di esplorare luoghi e situazioni non necessariamente edificanti. Nel rapporto uomo-donna, in qualche modo, c’è sempre un abuso e sopruso, da parte di entrambi. La vittima è spesso anche carnefice e il carnefice anche vittima. Il legame, la relazione, il non-amore, tutto quel che nasconde la paura di amare e di essere compresi, si trasforma in mostruosità, delirio, paranoia. Il far del male non è mai univoco, se si accettano certe regole, mi riferisco alla relazione erotica, si ammette anche la possibilità della propria caduta, umiliazione e tortura.

Soprattutto, a parte la maestria nell’uso delle parole, per cui si scivola nella storia desiderando di non smettere mai di starci dentro, essenziale è la profondità di ogni personaggio, che incarna sempre anche il suo contrario. Ognuno si presenta anche come concetto o spunto di riflessione: l’io diviso di Andrea/Kurt, il vitalismo prometeico di Diavolo Biondo, la logica matematica che si perde nell’assoluto di Anna, l’incomprensibile superficialità dell’amica di Anna, Veronica, la formula della famiglia spietata di Tiziano e Rita, moglie del protagonista e artista sconfitta, il lolitismo feroce di Nadia, le speranze di Svitlana (un po’ la madre acquisita di Nadia), forse l’unica che crede davvero nei buoni sentimenti. Anna, soprattutto lei, è una rivelazione pagina dopo pagina. Nessuno è mai come appare all’inizio, in ciascuno abitano infinite identità. Caratteristica che fa pensare alla grande letteratura dell’Ottocento-Novecento, tra Hesse, Dostoevskij, Nabokov e Svevo. E poi c’è il mondo della radio, e l’assoluta colonna sonora, il rock, con i suoi antieroi, un po’ devastati, l’effetto degli allucinogeni, che si sente sulla pelle mentre si legge. Una storia assoluta, maledetta per certi versi, ma non scevra di una tensione all’infinito e alla redenzione.

Alla pensione Ghega, tra semini aztechi, e incontri alla Nabokov, tra imbroglioni balordi, e tutto il passato che torna su come un sogno fatto di passioni giovanili e struggenti nostalgie, Andrea/Kurt, è destinato a ribaltare ogni sua convinzione, fino in fondo, fino alla catarsi, fino a Redemption Song.

«Se c’è una cosa che ho imparato a vent’anni è che quando fai l’amore non hai paura di morire.
«Se c’è una cosa che ho imparato dalla musica è che tutti moriamo, ma qualcuno lo fa prima del tempo. Muore, non se ne accorge e continua come se niente fosse.
«Se c’è una cosa che ho imparato girando per i locali è che ognuno fa quello che può per rimanere vivo: Stayin’alive, non so se hai presente.
«Io volevo essere Kurt, Zanchi voleva essere il boss, Tiziano vuole fare sempre più soldi, Svitlana vuole stare con Nadia per allontanare dalla sua vista le cose che non esistono, Nadia vuole andarsene in giro. Anna da buona matematica tendeva all’infinito».

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