Fabrizio Coscia
A proposito di "Tumbas”

Scrittori nell’urna

Cees Nooteboom ha visitato le tombe di poeti e scrittori per cercarne il mito e la memoria. Ne è nato un libro da non perdere, con le immagini di Simone Sassen

«La maggior parte dei morti tace. Per i poeti non è così. I poeti continuano a parlare». Nasce da questo assunto fideistico il libro di Cees Nooteboom, Tumbas. Tombe di poeti e pensatori (Iperborea, pagg. 375, euro 20, traduzione di Fulvio Ferrari), che raccoglie trent’anni di pellegrinaggio laico sulle «urne dei forti», con documentazione fotografica (di Simone Sassen) delle relative lapidi. Semplici stele di pietra o sontuosi e bizzarri monumenti funebri, ascetici marmi o cappelle dagli stili più vari, croci esili o massicce, pietre spartane o busti e statue celebrative. A commento di alcune, Nooteboom si limita a citare gli autori, con estratti dalle loro opere; per la maggior parte, invece, racconta la visita al cimitero, o ci offre una personale lettura dello scrittore, una riflessione, un frammento di vita, un breve medaglione, proponendo in ogni caso una prospettiva inedita, stimolante, con il vivido resoconto di un dialogo sempre aperto, testimonianza di una mai interrotta «corrispondenza d’amorosi sensi».

Cees Nooteboom tumbasImpossibile riferire, qui, l’elenco completo dei luoghi raggiunti dove riposano «poeti e pensatori» omaggiati nel libro: si va dai due templi parigini della cultura, i celeberrimi Père-Lachaise, con le tombe di Proust, Balzac, Apollinaire, Oscar Wilde, e il Montparnasse di Baudelaire, Beckett, Ionesco, Sarte e de Beauvoir, Susan Sontag e Cortázar (la tomba di quest’ultimo sempre simile a un altare, con guanti, matite, lettere, e perfino una bottiglia di assenzio con un goccio residuo). Per proseguire con la «piccola enclave in mezzo al frastuono del mondo moderno», in cui giacciono vicini Leopardi e Virgilio, a Napoli, o la spiaggia della Isla Negra cilena, dov’è sepolto Neruda; con la cima del monte Vaea, nelle isole Samoa, patria elettiva di R.L. Stevenson o la Svizzera che ospita i resti di Joyce e Nabokov.

Troviamo la tomba di Italo Calvino, nascosta in un angolo, sotto un alto arbusto che copre il nome, a Castiglione della Pescaia, e la «tomba per aria» di Cervantes a Madrid, quella di Melville in un posto sperduto del Bronx, e di Kawabata nel suo Giappone, scopriamo le lapidi dei romantici Keats e Shelley accanto al poeta beat Gregory Corso, nel Cimitero Acattolico di Roma, Brecht a due passi da Hegel a Berlino est; Brodskij (con una croce sormontata da piccoli sassi, alla maniera ebraica, al posto dei fiori) insieme a Pound nell’isola veneziana di San Michele e ancora, Kafka e Dante, Hölderlin e Borges, Montale e von Kleist, Goethe e Flaubert, e così via.

Cees NooteboomIl libro di Nooteboom (nella foto) si legge come una piccola enciclopedia dell’ammirazione, ma anche come un culto segreto, appassionato alla lettura: «Non posso più tornare a essere il lettore di trent’anni fa – avverte lo scrittore olandese, al cospetto della tomba napoletana di Virgilio – sa il cielo quali passi sottolineerei adesso, e se voglio scoprirlo, devo rileggermi l’Eneide. Di quante vite abbiamo bisogno?». Una domanda che agita la coscienza di tutti i veri lettori, e che questo libro di Nooteboom incarna alla perfezione, con le sue storie, le sue riflessioni, le sue citazioni, che cercano di cogliere l’essenza di un’opera attraverso un aneddoto o un dettaglio, o inattesi collegamenti, perché «i cimiteri evocano pensieri magici, primitivi». Pensieri che Nooteboom raccoglie a margine dei suoi viaggi, perseguendo un’idea di lettura e di critica fondata sul desiderio – quell’«erotica dell’arte» di cui parla la Sontag nel saggio «Contro l’interpretazione» – in una itinerante, rapsodica meditazione sull’uomo, il tempo e la letteratura.

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