Tina Pane
Un appello ai "visitatori"

Salvate Capodimonte!

Lo scrigno meraviglioso dei tesori dei Borbone vive una stagione difficile: è quasi snobbato da napoletani e turisti. E il nuovo direttore Sylvain Bellenger lancia la sua sfida

«Capo de Monte, la reggia nuova de tata nostro»: con queste parole – messe in bocca al postiglione che conduce nella sua vettura la famiglia Pimentel Fonseca al suo arrivo a Napoli nel 1762 – viene presentata nel romanzo Il resto di niente di Enzo Striano la Reggia di Capodimonte. Voluta da Carlo di Borbone da poco diventato Re di Napoli, e costruita a partire dal 1738 nella zona settentrionale della città, all’epoca completamente boschiva, l’imponente costruzione doveva fornire adeguata e unitaria sistemazione alle opere che il Re aveva ereditato da sua madre Elisabetta di Farnese. Si trattava di una eccezionale collezione di famiglia, distribuita tra Parma e Roma, che cominciò ad affluire a Capodimonte, la cui costruzione non era ancora completa, nel 1758.

Ed è da questa data che gli storici fanno iniziare l’eccezionale storia dell’attuale Museo di Capodimonte, una storia affascinante quasi quanto la stessa visita, e imprescindibile per comprendere quante vicende e personaggi siano passati in queste meravigliose stanze, che oltre ad acquisire e perdere opere, hanno ospitato la famiglia dei Borbone e poi quella del Duca di Aosta, per arrivare solo nel 1957 a diventare museo statale. Tre piani, una sezione dedicata all’arte contemporanea, l’Appartamento reale, la Galleria Napoletana, l’Armeria, gli arazzi, le collezioni Farnese e Borgia, opere di grandi pittori come Caravaggio, Raffaello, Tiziano, Bruegel, El Greco …insomma uno straordinario patrimonio che si rinnova e si arricchisce grazie anche all’attività dell’Associazione Amici di Capodimonte.

capodimonte facciataAttualmente però il museo di Capodimonte, considerato dagli esperti uno dei maggiori d’Europa per varietà e ricchezza delle sue varie collezioni, e immerso in uno straordinario parco (un bosco di 124 ettari dove i Borbone andavano a caccia, con tre porte di accesso, quattrocento varietà di alberi, statue e vari edifici storici, tra i quali quello che accoglieva la Real Fabbrica della Porcellana), soffre di carenza di visitatori. Mal collegato dal trasporto pubblico al resto della città, ha registrato nel 2014 soltanto 126mila ingressi (poco più di un terzo di quelli ottenuti dall’altro grande museo napoletano, l’Archeologico, che gode del vantaggio di essere molto centrale).

Recentemente inserito dal Ministero nell’elenco dei 20 musei italiani dotati di autonomia speciale, Capodimonte ha da qualche mese un nuovo direttore, il francese Sylvain Bellenger, dal quale ci si aspetta il doveroso rilancio di un sito museale davvero unico nel suo genere. Fanno ben sperare gli ottimi dati di accesso di domenica scorsa, quando con una lettera aperta diffusa a mezzo stampa, il direttore ha invitato napoletani e turisti ad approfittare dell’ingresso gratuito (previsto ogni prima domenica del mese in tutti i musei statali) per passare un’intera giornata al Museo di Capodimonte «tra arte, musica, storia, approfondimenti guidati e sale aperte al pubblico per l’occasione». Ci sono state visite guidate sul tema della natività, interpretazioni della storia del presepe e interventi musicali, tra i quali quelli di un duo di zampognari che hanno riempito le sale della loro potente, evocativa musica.

Ma molto c’è ancora da fare per attrarre i visitatori, per facilitargli l’arrivo, per convincerli a visite non frettolose o dedicate solo ai capolavori più noti: in primo luogo i collegamenti, ma anche adeguati servizi di accoglienza e ristorazione, guide per la visita del parco, iniziative tematiche. Il piccolo assaggio che c’è stato domenica scorsa fa sperare che Capodimonte, la reggia nuova de tata nostro, si rinnovi e si offra ai visitatori come un’esperienza completa e coinvolgente, alla quale le guide turistiche suggeriranno di dedicare l’intera giornata.

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