Giuseppe Traina
Da “Ivanhoe” a ”Le tigri di Mompracem“

L’arte di leggere

«Autobibliografia del lettore da giovane» di Marcello Benfante è una specie di educazione sentimentale letteraria che racconta la nascita di un critico

Ho appena finito di leggere Autobibliografia del lettore da giovane (Plumelia edizioni, 2015, 132 pagine, 8 euro) di Marcello Benfante. Ed è un libro che, se questa frase avesse un senso, avrei voluto sapere scrivere io. Come indica il titolo, Benfante racconta la sua infanzia di apprendista lettore, le sue scoperte, la sua iniziazione alla lettura: ogni libro di cui parla ha avuto un senso, è stato foriero di sviluppi per il futuro dello scrittore, del critico, del bibliofilo, dell’intellettuale Marcello Benfante.

Sfilano così, davanti agli occhi del lettore (sempre puntigliosamente accompagnati dai dati bibliografici e dall’indicazione degli autori delle illustrazioni), i ricordi delle letture di Ivanhoe e Le tigri di Mompracem, delle storie di Blake e Mortimer disegnate dal maestro della ligne claire Edgar P. Jacobs (autore di cui Benfante è cultore ed esegeta espertissimo), delle avventure degli improbabili Robinson svizzeri di Johann Wyss e delle più disparate letture western (con uno spazio non parco dedicato a Mino Milani); e poi Uno studio in rosso di Conan Doyle e le poesie di Majakovskij (ma a quel punto il lettore Marcello non è più bambino, è già un liceale problematicamente attirato dal nodo letteratura-politica, dalle sirene del post-Sessantotto).

Autobibliografia del lettore da giovane di Marcello BenfanteLe pagine dedicate, in particolare, a Salgari e Conan Doyle mostrano tutta la finezza (sintetica, esatta, mai pedante) del Benfante critico letterario (che siamo abituati a leggere su “Lo Straniero” o “Segno”); ma è il senso complessivo del libriccino che mi piace ancor di più, la capacità di ripercorrere una storia di formazione senza compiacimenti improbabili, senza che l’autore si spacci per un precocissimo lettore di Proust o di Heidegger, e invece restituendo (a se stesso e al lettore confrère) un itinerario vero e sincero, fatto di ingenui fraintendimenti e fortuite scoperte, di passioni laceranti, colpi di fulmine e delusioni alla rilettura. Di parole e disegni, di autori grandi e minimi ma sempre importanti perché scatti, irresistibile, il piacere della lettura, all’incrocio con le immagini di film popolari in technicolor e sceneggiati televisivi in bianco e nero.

Va detto, infine, che – come sottolinea Aldo Gerbino nella postfazione – spesso le letture più formative sono “arrivate” al piccolo Marcello per il tramite del padre o di uno zio: dei loro consigli o del loro fiato di lettori ad alta voce. È un’altra indicazione preziosa: l’amore per la lettura come forma di nobilissima eredità d’affetti.

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