Leone Piccioni
Documenti dall’archivio di Vichy

Caro Larbaud… suo Ungaretti

Il poeta dell’“Allegria” aveva molta stima e ammirazione per il grande critico francese. E scrivendogli nel 1923 riflette sulle sorti della poesia italiana che egli giudica dopo Leopardi non più all’altezza della tradizione

«Questo vizio impunito della lettura» è un felice motto di Valery Larbaud da lui adoperato anche come titolo di un suo libro. Era nato a Vichy nel 1881 ed è morto nel 1957 sempre a Vichy. In questa graziosa cittadina francese (che fu capitale quando Petain firmò l’armistizio con i tedeschi) si è trovato per una quindicina di giorni mio figlio Giovanni per motivi di studio. Naturalmente sapeva che il grande critico francese, poeta, scrittore, indefesso lettore Valery Larbaud era nato a Vichy e che era aperta al pubblico la sua dimora con una vastissima biblioteca. Giovanni è andato a visitarla e si è accorto dell’ottimo funzionamento dell’archivio così ha chiesto se c’erano carte che potevano riguardare Ungaretti e Valery Larbaud. Poco dopo ha avuto le fotocopie di quattro documenti con una lettera molto importante di Ungaretti, dediche e un suo breve scritto su Perse. La lettera era del 1923. Ogni documento è protetto da copyright che ne vieta la riproduzione. Abbiamo scritto al centro Valery Larbaud per ottenerla ma ci è stato detto di rivolgerci al sindaco. Cosa che abbiamo fatto, senza ottenere, dopo mesi, alcuna risposta. Non potremo dunque utilizzare completamente i documenti.

Ungaretti aveva mandato a Larbaud la raccolta dell’Allegria di naufragi stampata nel 1919 da Vallecchi: ebbe una risposta di caldo elogio. Nel ringraziarlo con gioia il nostro poeta notava in una lettera del 1923 come dopo Leopardi la poesia italiana si fosse rapidamente insabbiata e che per tornare all’altezza delle tradizioni doveva valersi della poesia francese degli ultimi 25 anni attraverso Baudelaire e Mallarmé, tenendo conto anche della letteratura inglese e particolarmente di Eliot. Eliot aveva pubblicato nel 1922 La terra desolata certo nota sia a Larbaud che a Ungaretti. Anche se i rapporti tra Eliot e Ungaretti furono assai buoni (Eliot scrisse a Stoccolma per appoggiare la candidatura al Nobel per il poeta italiano e poi partecipò con un saggio all’omaggio degli amici stranieri per i 70 anni di Ungaretti), la poesia del grande inglese non ebbe importante influenza sull’ispirazione ungarettiana. Ne ebbe semmai molta su Montale che rimase, tramite Mario Praz, in contatto con il poeta inglese e molto si disse da parte dei critici sull’influenza che Eliot ebbe sul poeta degli Ossi di seppia. Fu detto talmente tanto che lo stesso Montale se ne dispiacque. Dirò che nel ’50 Montale mi scrisse mentre si organizzava un omaggio a Eliot al quale egli fu invitato ma non partecipò. Scriveva di non avere tempo per scrivere ma aggiungeva «si figuri poi che voglia posso avere di parlare di Eliot ora che il dolce cannibalismo nazionale ha deciso che ne sia un suo riflesso naturalmente attenuato e indebolito».

larbaudMa torniamo a Larbaud (nella foto a destra): purtroppo negli ultimi 22 anni della sua vita fu costretto per una grave malattia a vivere su una sedia a rotelle con le sue facoltà mentali molto diminuite. Parlava correttamente francese, inglese, tedesco, italiano e spagnolo. A partire dal 1929 con altri due francesi tradusse l’Ulisse di Joyce. Ebbe scambi di lettere con Svevo, con Gide, con Montale, con Paul Valéry, con Perse. Ungaretti mandò a Larbaud anche il Sentimento del tempo e, prima, l’edizione del Porto sepolto (1924) che portava l’infelice (di per sé e per le conseguenze che ebbe su Ungaretti) prefazione di Mussolini. Informò Larbaud anche della sua traduzione della Anabasi di Perse con il quale Larbaud aveva tenuto – come detto – una corrispondenza. Nella prefazione alla sua traduzione dell’Anabasi Ungaretti diceva che «lo attrasse il tentativo audace e riuscito di fondere nella rappresentazione degli eventi di una gente, il moto lirico».

Valery Larbaud aveva anche scritto dei romanzi, uno anonimo e l’altro Femina Marquez che vinse nel 1911 il Goncourt. Altri documenti presi dalla fondazione Larbaud da Giovanni si riferivano in sostanza a dediche e biglietti di auguri. Mandando il Sentimento del tempo, ad esempio, Ungaretti scriveva nella dedica «Voglio che Ella sappia che il libro Le giunge in segno di una vecchia e costante ammirazione per la Sua opera».

Siamo dunque stati, con qualche riflessione, con Valery Larbaud, con Ungaretti, con Eliot, con Montale e con Perse (Perse, premio Nobel nel 1960, fu anche un uomo di coraggio: era nella carriera diplomatica ma si dimise quando il suo governo di Vichy diventò collaborazionista con i tedeschi).

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