Lidia Lombardi
La Domenica: itinerari per un giorno di festa

Respirare la Sistina

Alla riscoperta della “Cappella del Mondo” messa in sicurezza da nuove tecnologie che ne assicurano la giusta temperatura e un’illuminazione costante e naturale. Un lavoro continuo di manutenzione per un caposaldo della civiltà occidentale

Se non ci andate da più di due anni, in questo che a Roma, con il Colosseo, è il luogo da visitare in cima alla lista, è bene che vi torniate. Ci sono aria nuova e luce nuova nella Cappella Sistina, il cuore dei Palazzi Apostolici, la sala nella quale lo Spirito Santo ispira al Conclave il nome di ogni Pontefice, la summa della pittura rinascimentale non soltanto con la volta e la parete di fondo michelangiolesche, ma con gli altri “quadri” firmati sugli altri tre lati da Botticelli, Perugino, Ghirlandaio. È, dice Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, «uno spazio consacrato, la sede delle grandi liturgie che la televisione fa conoscere a tutto il pianeta, il cuore identitario della Chiesa romano-cattolica. Un vero e proprio santuario oltre che un formidabile attrattore di turismo culturale internazionale».

Sistina 1Ecco, una “riscoperta” della Cappella Sistina è interessante perché può essere vissuta come esperienza sociologica, di geopolitica, di inveramento della specializzazione tecnologica, di storia del restauro oltre che dell’arte, infine di costume. E, ovviamente, di appagamento estetico. Del quale ultimo si è da secoli detto moltissimo, tutto forse. Ma su di esso giova ricordare le parole di Giorgio Vasari riguardo alla volta: «Questa opera è stata et è veramente la lucerna dell’arte nostra, che ha fatto tanto giovamento e lume all’arte della pittura che è bastato a illuminare il mondo, per tante centinaia d’anni in tenebre stato…». E sul Buonarroti del Giudizio Universale: «…l’intenzione di questo uomo singulare non ha voluto entrare in dipingere altro che la perfetta e proporzionatissima composizione del corpo umano ed in diversissime attitudini: non sol questo ma insieme gli affetti delle passioni e contentezze dell’animo, bastandogli satisfare in quella parte – nel che è stato superiore a tutti i suoi artefici – e mostrare la via della gran maniera e degli ignudi…».

Dunque, cominciamo dalle novità tecnologiche. Che consistono nei nuovi sistemi di illuminazione e di controllo della qualità dell’aria. Sono stati installati un anno fa e appunto monitorati per dodici mesi, al fine di controllarne l’efficacia. Il banco di prova è stata soprattutto la torrida estate scorsa, i 38 gradi durati per una settimana dal 6 di agosto. Ebbene, nella Sistina non si è registrato aumento di temperatura perché i sensori installati da Carrier, considerata nel mondo la numero uno della climatizzazione, hanno la capacità di adeguarsi agli sbalzi di temperatura e di controllare gli inquinanti atmosferici, come l’azoto. Significa anche che quando nella Cappella i visitatori arrivano al massimo consentito – ventimila al giorno, duemila contemporaneamente – il carico di inquinamento e l’umidità sono smaltiti in maniera perfetta. Lo stesso avviene per i picchi di anidride carbonica, che viene abbattuta. Insomma, certifica Ulderico Santamaria, responsabile delle ricerche scientifiche del Vaticano, «l’aria della Sistina è di alta qualità», il suo microclima non fa male né agli affreschi (viene monitorata anche la velocità dell’aria che tocca le pareti) né ai polmoni dei visitatori anche in caso di affollamento record. L’altra novità è la luce, dovuta alla tecnologia Osram, che ha donato l’impianto così come ha fatto Carrier. Né riflettori, né abbagli ma una illuminazione costante, soffusa, naturale, che non privilegia una parte a danno delle altre, la volta o la parete del “Giudizio” rispetto ai restanti affreschi.

Sicché la “Cappella del Mondo”, come la chiama Paolucci, si svela nella propria interezza, nell’osmosi tra pittura e architettura, tra la filosofia che ispira i dipinti (come il neoplatonismo di Michelangelo) e il “catechismo biblico” della volta, dove gli stadi della Creazione accendono l’immaginario mondiale. Che poi è l’immaginario di chi prega Maometto (e che s’inchina anche alla pittura iconica pur nei tempi terribili di Isis) o Buddha, di chi è protestante o greco ortodosso, o induista, o animista, in un intreccio testimoniato dalla babele di lingue parlate nella Sistina.

Sistina 2L’altra riflessione riguarda i colori della Cappella svelati giusto vent’anni fa, con il grande e contestato restauro guidato da Gianluigi Colalucci mentre il direttore dei Musei Vaticani era Carlo Pietrangeli, il suo vice Fabrizio Mancinelli. Tre nomi sui quali si riversarono le aspre critiche di tanti insigni studiosi di storia dell’arte che gridarono allo scandalo (tra loro Toti Scialoja, James Beck, Alessandro Conti) per il Michelangelo dalle tinte smaglianti, elettriche (i verdi, i rosa, gli azzurri) che compariva dietro le tamponature effettuate sui ponteggi, la prima volta in un saggio del 1979 su un quadratino grande quanto un francobollo nella lunetta rappresentante Mathan ed Eleazar: oggi, passati vent’anni, nessuno si ricorda che la veste di due personaggi appariva marrone e in principio era, e adesso è, rossa. Partì l’operazione pulitura: sui ponteggi, laboratori pensili, salirono oltre ai restauratori seimila persone per “verificare” e capire: esperti e studenti, giornalisti e restauratori, intellettuali, pittori, ecclesiastici.

I denigratori rimpiangevano il Michelangelo “oscuro” al quale erano abituati, un Michelangelo in “bianco e nero” reso tale dai fumi delle candele, dalla polvere, dai “beveroni” somministrati alle figure negli precedenti restauri. Alcuni rimpiangevano perfino le “braghe”, quelle malamente apposte, rimosse nella pulitura, a differenza dei panni storicamente putibondi di Daniele da Volterra, che sono stati lasciati. Dei motivi della virulenza dei denigratori dà conto Paolucci: «Per le donne e per gli uomini del Novecento Michelangelo è dramma, tensione spirituale, tormento ed estasi. La scura camicia di fumo e di polvere consolidata che ottundeva la cromia originale era avvertita come pertinente e anzi costituiva quella “idea” di Michelangelo che la critica, la letteratura, il cinema e quindi la sensibilità e il gusto avevano costruito. Da ciò, a pulitura avviata e poi conclusa, lo sconcerto e il dissenso anche da parte di autorevoli critici dell’arte». Sconcerto dal quale fu indenne Federico Zeri. È reperibile su Youtube un suo incontro con Piero Badaloni (trasmesso da RaiUno) che lo conduce nella Sistina appena restaurata. «Sorprendente – esclama Zeri – non avrei mai pensato di vedere questo azzurro del cielo del Giudizio Universale, il colore è l’idea di Dio. Ciò che era illeggibile ora si capisce, specie le figure dei dannati, quelle più scure perché più vicine all’altare stipato di candele».

Vent’anni dopo, in questo 2015, non ricordiamo più le “brume” sui muri della Sistina, tanto siamo rodati alla cromia squillante, intellettualistica che Michelangelo volle darle, che è poi quella del Tondo Doni, l’unico suo dipinto su supporto mobile (tempera su tavola): l’opera, conservata agli Uffizi, dà il la al manierismo. Il Vaticano sa che il complesso della Sistina ha trovato tale compiutezza da non rendere ipotizzabile alcun altro restauro, ma soltanto un lavoro continuo di monitoraggio e manutenzione. Così, se torniamo ad ammirare la “Cappella del Mondo”, teniamo conto che i figli dei nostri figli e la loro discendenza la vedrà così. Augurandoci che nessuna follia voglia mettere in discussione la sua esemplarità nella storia della civiltà occidentale.

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