Anna Camaiti Hostert
Lettera dagli Usa

Emergenza Chicago

Mentre la città è subbuglio per gli ennesimi episodi razzisti, sta per uscire «Chi-raq», il nuovo film di Spike Lee che mette il dito nella piaga di una metropoli bruciata dalla sue terribili contraddizioni

Questa settimana, quella del Thanksgiving (la festa americana più sentita che si celebra sempre l’ultimo giovedì del mese di novembre), è stata bollente per Chicago, a dispetto della prima tempesta di neve dell’anno e della morsa di freddo che l’ha attanagliata negli ultimi giorni. Prima infatti c’è stata la polemica tra il regista Spike Lee e il sindaco democratico della città Rham Immanuel. Motivo: il nuovo film del regista nero, autore di Do the Right Thing, intitolato Chi-Raq, contrazione tra i nomi Chicago e Iraq inventata da un cantante rap di Chicago. Proprio per dimostrare che, prove alla mano, ci sono più morti nella Windy City di quanti ce ne siano state tra le forze speciali impiegate in Iraq. L’ultima, poche settimane fa è stata quella di un bambino di 9 anni, Tyshawn Lee, freddato solo per avere avuto la colpa di essere il figlio di uno dei componenti di una gang.

Chiara l’allusione del regista nero al fatto che la lobby delle armi fa più vittime a casa che nelle guerre combattute altrove. E in particolare nella Windy City dove i danni collaterali della guerre tra gang non sembrano troppo preoccupare i componenti delle bande rivali. Così quelli che per caso si trovano nella traiettoria del fuoco incrociato tra le gang: bambini, vecchi, donne, vittime innocenti pagano il prezzo di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Obiettivo primario di Lee, oltre a quello di fermare il proliferare della vendita indiscriminata delle armi nel paese è quello di denunciare ai media e al pubblico il fatto che questo determina un genocidio di neri compiuto proprio da altri neri. Al sindaco di Chicago, famoso per la sua arroganza e in alcune occasioni per certe forme di bullismo già da aprile quando Lee lo aveva contattato per parlare del progetto del suo film, non era affatto piaciuto il titolo. È qualcosa che deturpa l’immagine della città e la bolla prevalentemente come città violenta senza far vedere tutti gli altri lati positivi, aveva detto il primo cittadino. Allontana i turisti e anche all’estero dipinge un ritratto della città che respinge e che così facendo rallenta anche l’economia, era stata la sua tesi. Così in tutti i modi ha cercato di impedire al regista di filmare in alcune parti della città, specie nel sud della città dove c’è un ghetto nero di grandi proporzioni e dove la maggior parte dei crimini avviene.

Ma il regista, il cui film uscirà nel paese il 4 dicembre e che ha offerto una premiere per la stampa proprio domenica scorsa, ha tirato diritto perla sua strada e ha finito le riprese durante l’ estate. Ma il dibattito in questi giorni sulla stampa locale in occasione della prossima uscita del film è divenuto predominante e si è diviso tra due partiti: uno a favore e  uno contro il film. Anche se un editoriale del Chicago Tribune il maggior giornale locale e uno dei 5 più importanti degli Stati Uniti, ha definito il titolo de film “appropriato e provocatorio”. E ha preso una posizione ben precisa e molto forte scrivendo che la Windy City «può sostenere questo titolo, perché sì il film di Spike Lee provocherà imbarazzo a Chicago. Ma non la imbarazzerà mai quanto l’uccisione di Tyshawn Lee, il bambino di 9 anni freddato di proposito alcune settimane fa. L’anno scorso abbiamo suggerito che per ogni innocente ucciso, una piccola bara dovrebbe essere recapitata sulle scale del parlamento dell’Illinois fino a che guardando la pila di piccole bare che continua a crescere i legislatori non si decidano a passare sentenze più dure per chi possiede armi. Che i legislatori, i lobbisti, gli attivisti che affermano che la prigione non è una risposta abbiano il coraggio di passare davanti alla piramide di bare di questi piccoli innocenti per entrare nell’edificio dove dibattono molti altri problemi che li interessano di più della distruzione sistematica di queste giovani vite innocenti». E altrove nell’editoriale si legge che «Chicago paradossalmente dovrebbe essere fiera di questo titolo in quanto in questa città fittizia sono le donne che prendono in mano la situazione senza dipendere dall’aiuto dei pubblici ufficiali fermando così la violenza. Non come alcuni mesi fa quando abbiamo denunciato la situazione ed alcuni assessori si sono messi sulla difensiva semplicemente accusando la polizia». Che certo costituisce un problema, ma non il solo. E in conclusione si legge ancora «se solo l’uccisione di Tyshawn Lee potesse provocare la stessa urgenza del film di Spike Lee! This is an emergency».

chiraq di spike leeIl film si ispira alla commedia di Aristofane Lisistrata, nella quale la donna che porta questo nome propone alle altre di iniziare uno sciopero del sesso fino a che i partner maschili non faranno finire la guerra. In questo caso tra gang rivali: i “troiani” e gli “spartani”. È un film che, a dispetto della leggerezza apparente dovuta al genere commedia, presenta la drammaticità di una situazione non più sostenibile. Perfino nel trailer del film dove un Samuel L. Jackson vestito in un elegante completo arancione annuncia «Benvenuti a Chi-Raq. Questa è una città di dolore, di povertà e di conflitti» c’è questo senso dell’urgenza di provvedimenti che devono essere presi qui ed ora. Le parole che precedono quelle di Jackson e che riempiono in rosso tutto lo schermo sono infatti This is an emergency e sono seguite da uno sparo e dal paragone tra i morti della città e le forze speciali in Iraq.

L’altro episodio che mette Chicago in una situazione, quantomeno, drammatica in fatto di violenza delle armi è la condanna, dopo un anno di indagini, di un poliziotto di 37 anni Jason Van Dyke che ha sparato 16 volte, uccidendolo dopo che era caduto a terra ferito, a un giovane teenager di 17 anni Laquan McDonald che brandiva un piccolo coltello. Un problema non nuovo quello della polizia che commette violenze contro i cittadini soprattutto neri. Quello che ha infiammato gli animi e ha reso questo un caso nazionale però è stato il video di una dashcam in dotazione alla polizia, rilasciato dalla città di Chicago che mostra l’uccisione del teenager. Le morti violente a Chicago solo quest’anno sono cresciute del 18% e sono tutte concentrate nel South side della città. Il sindaco, che in una conferenza stampa ha condannato il fatto, non avrebbe voluto diffondere il video pena la possibilità di riots in città a causa della crudeltà e della inequivocabilita’ delle immagini che incriminano il poliziotto. Reazione immediata al video è stata la discesa in piazza nel centro di Chicago di centinaia di persone per protestare contro quello che è avvenuto. E ancora la situazione è tesa e appare come una polveriera pronta a esplodere.

Prima di tutto i rappresentanti della comunità nera lamentano che ci sia voluto un anno per arrivare alla conclusione di un processo che grazie alle immagini del video senza ombra di dubbio prova l’uccisione a sangue freddo del giovane. Inoltre, come si sa, e come purtroppo continuamente non mi stanco di documentare sulle pagine di questo giornale quasi quotidianamente ci sono uccisioni di neri, oltreché per mano di altri neri, per mano della polizia che brutalmente esercita abusi di potere sparando a teenager per lo più estranei al mondo delle gang. E questo diviene ogni giorno più intollerabile e più difficile da risolvere pacificamente. I neri soffrono la condizione di emarginazione in cui la società li ha relegati e continua a perpetrare: senza scuole, senza posti di lavoro e senza possibilità di uscire da una spirale di violenza, con troppe armi che girano troppo facilmente e che li portano, proprio, come denuncia Spike Lee, ad uccidersi tra di loro . O a essere uccisi da una polizia, e quella di Chicago è particolarmente violenta, che li fredda spesso senza pietà. Un genocidio perpetrato dal razzismo e dalle condizioni di classe che relegano i neri ai margini della società e della convivenza civile. E da cui prima o poi, con le buone o con le cattive dovranno uscire.

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