Roberto Mussapi
Every beat of my heart, la poesia

Come la strada

Wole Soyinka, da caposcuola di una nuova generazione, rimette in scena il rito (e il mito) con cui l’uomo risponde al brivido del nulla. Dopo Beckett e Shakespeare…

Nato in Nigeria nel 1934, nonostante ripetute persecuzioni mantiene un legame stretto con il suo paese. Vive negli Stati Uniti, è uno dei grandi scrittori del nostro tempo. Romanziere, poeta, saggista, premio Nobel per la letteratura nel 1986, celebre già da giovane, sulle scene londinesi, per il suo teatro, è, a mio parere e non solo, il massimo drammaturgo contemporaneo. Il maestro del Novecento è Beckett, che riporta al centro della scena la nudità tragica della genesi, il brivido angoscioso del nulla. Soyinka, da caposcuola di una nuova generazione, rimette in scena il mito, il rito con cui l’uomo risponde al brivido del nulla. Se in Samuel Beckett vediamo un mondo immobile, paralizzato, infossato in un drammatico e terminale atto di dolore, suprema metafora della crisi d’Occidente, nel teatro di Soyinka parlano le forze del mito, configgono morte e rigenerazione, come nei tragici greci, negli elisabettiani.
La strada, uno dei suoi capolavori, storia di camionisti, è un dramma sulla ricerca del destino e della rinascita. Propongo una mia libera traduzione di uno dei momenti finali. Molto libera perché non si tratta, qui, di una singola poesia, ma di un momento ascensionale e catartico di un dramma, la cui traduzione richiede una serie di subliminali rimandi alla storia nel suo insieme. Qui lo Shakespeare nero, evocando vertiginosamente le forze primarie, crea una sorta di invocazione al recupero, da parte dell’uomo, della sua fragilità tramata sulla polvere e il sogno. Siate come la strada, rielabora e traduce le parole di Prospero nella Tempesta: siamo della stessa stoffa dei sogni, accettiamo la nostra natura, cancellando superbia, avidità, crudeltà, efferatezze contro natura. Siamo docili fibre dell’universo.

 

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Siate anche voi come la strada. Appiattite
la vostra pancia con la fame di un giorno infausto,
date forza alle vostre mani con la conoscenza della morte.
Nel torrido del pomeriggio quando il bagliore
innalza false foreste e un rifugio con acqua,
lasciate che l’evento si dipani ai vostri occhi.
Soli e abbandonati nella polvere,
quando fantasmi di camion vi passano accanto
e le vostra urla e le lacrime s’infrangono
contro cruscotti sordi e la polvere le inghiotte.
Bagnatevi nello stesso catino dell’uomo
che fa il suo ultimo viaggio e col dito rimescola
e tremola sull’acqua il riflesso di due mani
riflesso di due mani ma di un solo volto.
Respirate come la strada, siate la strada.

(…)

Spiegate un ampio lenzuolo per la morte
con la lunghezza e il tempo del sole
finché l’unica faccia si moltiplichi
E l’unica ombra sia proiettata da tutti i dannati.
Respirate come la strada, siate la strada,
la strada stessa.

Wole Soyinka
(Da La strada, libera traduzione di Roberto Mussapi)

 

 

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