Luca Fortis
Storia e Memorie in pericolo

La guerra di Palmira

L'Isis ha preso Palmira: uno dei siti archeologici più importanti dell'Asia è a rischio. Perché i terroristi hanno paura del passato? Perché il mondo islamico non fa nulla per evitare lo scempio?

Dopo giorni di incertezza, l’Isis ha conquistato il sito archeologico di Palmira in Siria. L’esercito islamico ha già decapitato vari collaboratori del governo di Bashar al Assad e il mondo trema per la sorte delle rovine romane e degli abitanti della città moderna: pare che alcune colonne siano stati già distrutte! L’Isis ha già devastato vari siti storici in Iraq. Personalmente sono cresciuto con il mito di Palmira, sito archeologico che in famiglia veniva descritto come il luogo più bello al mondo dove vedere rovine romane. È grazie a questi racconti su Palmira che da piccolo ho cominciato a provare una profonda attrazione verso il viaggio, verso la scoperta di «cosa c’era dietro quella collina che vedevo all’orizzonte». Palmira, che purtroppo non ho mai visto e che forse non vedrò mai, ha rappresentato uno degli elementi che hanno formato quella particolare alchimia che mi ha portato a studiare le architetture antiche per interpretare correttamente la realtà di oggi. Ed è proprio questa realtà che rende oggi questi luoghi fragili.

I movimenti islamisti nel mondo, infatti, vedono nell’architettura antica “pietre” che smentiscono senza possibilità di dubbio le loro menzogne e i loro falsi miti fondativi. E quindi le distruggono. L’analisi di una architettura, di un libro, di una lingua, perfino della cucina, di solito permettono ad un buon detective di capire molti elementi e storie del passato. Indizi che molto spesso non parlano di superiorità culturali, ma di influenze stratificate.  Quest’anno, a seguito di vari viaggi in Libano e nonostante alcune persone me lo sconsigliassero, sono corso a vedere le stupende rovine romane di Baalbeck pensando dentro di me che forse non avrei avuto più altre chance di vederle. Pensiero che mai avrei avuto qualche anno fa, in quanto difficilmente si poteva immaginare che qualcuno avrebbe raso al suolo interi siti archeologici come avviene oggi nell’indifferenza più totale.

palmira2Tra le rovine della splendida città immersa nella valle della Bekaa ho avuto conferma di come, quando si parla di un sito archeologico o artistico, si parla di qualcosa di irripetibile che racconta secoli di cultura e vita. La sua perdita per un paese non è solamente una catastrofe economica, dovuta al declino del turismo, ma è anche il sintomo di una crisi culturale e civile da cui la nazione responsabile non uscirà per decenni. In pratica con la presa di Palmira è definitivamente in gioco l’anima della Siria e di parte del Medio Oriente. È difficile pensare in modo ottimistico al futuro di queste terre che per millenni sono state al centro della cultura mondiale. Il destino della Siria sembra segnato. Un territorio che per millenni è stato un crocevia di mille culture e religioni che, con alti e bassi, erano riuscite a sopravvivere fino ad oggi, sembra avere solo un futuro di genocidi e distruzioni.

In attesa dell’arrivo dei miliziani dell’Isis nella città di Palmira, tutti gli amanti della cultura sono rimasti con il fiato sospeso sperando che la città venisse salvata: ora non rimane che sperare che lo stato islamico che la controlla non la distrugga. Alcuni osservatori sostengono che al contrario dei siti archeologici caduti in mano dell’Isis in Iraq, alcuni siti storici siriani, già da tempo in mano dei terroristi, finora sono stati misteriosamente salvati. Se da una parte il governo siriano di Bashar al Assad ha abbandonato il sito, dall’altra ha almeno portato via tutte le statue e oggetti che poteva. Rimane però sorprendente come il mondo intero abbia passato settimane a lanciare allarmi per poi – come al solito – non fare assolutamente nulla di concreto per evitare il disastro. Ancora più colpevole rimane il silenzio del mondo arabo che sembra non tenere più molto al suo patrimonio artistico. Paesi come l’Arabia Saudita, la Turchia o gli Emirati Arabi avrebbero i soldi e le forze per intervenire nel disastro siriano, ma non lo fanno perché non vogliono rafforzare il regime di Bashar El Assad che vedono, in quanto alawita, come il vero problema. Perfino Israele sembra più spaventato dal fatto che il laico Assad possa rimanere al potere che dall’Isis. Il mondo arabo, se solo si fosse mobilitato per davvero, avrebbe potuto sconfiggere l’Isis facilmente grazie alle risorse petrolifere, ma invece per una serie di piccoli interessi di bottega, ha preferito assistere senza far niente alla pulizia etnica e alla distruzione del loro stesso patrimonio culturale.

Il mondo musulmano sembra immerso in una instabilità permanente con alcuni attori che fanno scoppiare conflitti dall’Africa fino all’Asia a seconda delle opportunità che si aprono. Oltre alle scintille tra sciiti e sunniti, con l’Arabia Saudita che si scontra con l’Iran in Yemen, Iraq, Siria, Libano, vi è poi un conflitto tra i fondamentalisti islamici e gli islamici moderati che ha partorito attacchi terroristici dalla Nigeria fino alla Cina o nuove entità statuali come lo Stato Islamico tra Iraq e Siria. Inoltre, vi è una guerra per procura tra le tre potenze sunnite, Arabia Saudita, Qatar e Turchia, che pur essendo tutte alleate degli Stati Uniti si combattono in Libia e in modo più sporadico in Egitto e Palestina per la supremazia nel mondo sunnita. Il risultato è che gli esseri umani e la storia sono le vittime sacrificali perfette di queste guerre di religione. Non sarebbe sbagliato chiedere conto agli intellettuali e governi mediorientali di questo disinteresse totale verso la loro storia e verso i diritti delle loro popolazioni. Chi cancella a picconate il proprio passato è destinato a non avere alcun futuro.

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