Alessandro Boschi
Visioni contromano

La grande giovinezza

Il nuovo film di Paolo Sorrentino, “Youth”, è un monumento alla sobrietà: il regista non si è fatto fagocitare dall'Oscar. E con tre grandi interpreti, Jane Fonda, Michael Caine e Harvey Keitel, racconta il rapporto tra uomini, tempo e ricordi

La perversa tentazione di paragonare Youth, il nuovo film di Paolo Sorrentino a Morti di salute di Alan Parker dura solo qualche istante, a dimostrazione che anche se si è prevenuti ci si può sempre ravvedere. Presentato oggi al Festival di Cannes e contemporaneamente nelle nostre sale, Youth è in realtà un film “normale”, nella accezione migliore del termine. Il che non vuol dire che ci abbia pienamente convinto, bensì che il regista napoletano abbia saputo mantenere una consapevolezza artistica e creativa non inquinata dai fasti dell’Oscar. Insomma, non c’è in questa pellicola la tentazione di realizzare l’opera assoluta e il risultato è un film gradevole, non molto amalgamato, recitato benissimo, con una curatissima colonna sonora e con i soliti virtuosismi tecnici sparpagliati lungo il percorso. I quali non favoriscono molto la compattezza del raccontare.

youth paolo sorrentino 1La storia – è qui il riferimento beffardo a Morti di salute – è quella di alcune persone che si ritrovano in un meraviglioso hotel ai piedi delle Alpi, in Svizzera. Bagni di fango, massaggi, piscine rilassanti. Due di loro, Fred Ballinger e Mick Boyle, sono amici di vecchia data, vicini al crepuscolo della propria esistenza. Il primo, interpretato da Michael Caine, è un grande direttore d’orchestra in pensione, il secondo, cui presta il volto Harvey Keitel, è un regista di successo che sta cercando di “chiudere” la sceneggiatura di quello che nelle intenzioni dovrebbe essere il suo testamento cinematografico. La sceneggiatura del film, quello vero, è stata scritta insieme al soggetto da Sorrentino stesso, e a nostro avviso avere rinunciato al pur validissimo Umberto Contarello ha giovato alla sobrietà del prodotto. Alcune trovate, come la presenza di un enorme calciatore argentino mancino conosciuto in tutto il mondo, sono davvero divertenti, e conferiscono al film un tocco di ironia. Che in verità al regista de La grande bellezza non manca mai. Ma in questo caso, vedi anche la figura del regista e degli sceneggiatori “nel” film, si percepisce una componente autoironica che giova molto al risultato. Attenzione però, questo non è un film sul cinema, il cinema qui è solo un pretesto narrativo collegato al trascorrere degli anni.

youth paolo sorrentino 3Inutile ripeterci sulla bravura degli interpreti, i già citati Caine e Keitel, ai quali si aggiungono Rachel Weisz, Paul Dano e una incredibile Jane Fonda che, come tutti i più grandi, in pochi minuti e pochissime inquadrature si impossessa del film e ti impedisce di pensare ad altro se non al suo personaggio. La riflessione sul passare del tempo, sulla vecchiaia, sulla circolarità dell’umano esistere non ha mai il difetto che di solito si riscontra nelle storie che dei massimi sistemi trattano. Qui i personaggi sono tutti uomini notevoli, affermati, ma il registro è essenziale, i ricordi sono i ricordi di ogni persona anziana. Come ha affermato Michael Caine «quello che prova il mio personaggio io lo provo nella mia vita da tanto tempo».  E Paolo Sorrentino: «Il tema del film è come si guarda al futuro. Da adulti, guardando al futuro, si percepisce la giovinezza. Volevo raccontare il rapporto con l’essere giovani anche se non lo si è più». Dal nostro punto di vista, Youth è un passo in avanti nella filmografia del regista. Lo è perché ci sembra abbia riacquistato la sobrietà perduta. Lo è un po’ meno nel momento in cui, visivamente, si lascia prendere la mano dalle solite funamboliche destrezze, a volte fini a se stesse. Quello che ci si chiede è se, senza la presenza delle appena citate destrezze, saremmo lo stesso in grado di riconoscere il Sorrentino style.

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