Nicola Bottiglieri
Dopo il 25 aprile/1

L’Europa di Cassino

Una visita a Cassino e ai suoi cimiteri militari ci ridà il senso della fondazione d'Europa che passò attraverso la morte in guerra di cittadini e soldati di tutti i popoli

I cimiteri di guerra di Cassino raccolgono le spoglie dei soldati polacchi, inglesi, francesi, italiani e “germanici” (ai quali bisogna aggiungere quelli del cimitero americano di Nettuno). Disposti in un piccolo fazzoletto di terra, si possono vedere come una piccola Europa riunita dalla morte e dalla lotta contro il nazi-fascismo. Il primo esempio dell’Europa morale, che molti anni dopo è divenuta una identità politica. Visitare questi cimiteri significa ritrovare le radici di una identità europea, la quale trova la sua conferma nella presenza della prima Abbazia fondata da san Benedetto, patrono d’Europa.

Il 13 ottobre del 1943 l’Italia dichiara guerra alla Germania e si integra nelle truppe alleate, di conseguenza il giorno 8 dicembre del 1943, il Corpo Italiano di Liberazione, il nuovo esercito ricostituito dopo lo sfaldamento dell’8 settembre, si scontra con i tedeschi per il possesso della via Casilina nella battaglia di Montelungo. Superato questo sbarramento, le forze dell’Alleanza a partire dal gennaio del 44 fino al 15 maggio dello stesso anno si trovano di fronte la linea di resistenza Gustav che andava dal Mar Tirreno all’Adriatico e passava nei pressi dell’Abbazia. Negli scontri morirono più di duecentomila persone, sia civili sia militari, di ogni nazionalità ma soprattutto tedeschi, americani, inglesi, francesi, canadesi, polacchi, italiani, neozelandesi, indiani, ecc. Allo stesso tempo decine di paesi furono rasi al suolo: immenso fu il sacrificio della popolazione civile. Senza dimenticare che la più antica Abbazia d’Europa fondata da San Benedetto nel 540 fu bombardata il 15 febbraio, seppellendo i civili che vi si erano rifugiati.

Un mese dopo, il 15 marzo, 775 aerei da bombardamento sganciando mille tonnellate di esplosivo su circa 2,6 chilometri quadrati che distrussero totalmente il paese. Dopo il bombardamento aereo ci fu quello dell’artiglieria, perciò viene da chiedersi cosa differenzi questa distruzione da quella subita dalla città di Guernica in Spagna dieci anni prima!

A causa di questo drammatico evento, non sorprende che a Cassino i cimiteri di guerra facciano parte del tessuto urbano; al contrario sorprende che verso di essi, non si manifesti una particolare forma di culto. Forse perché la maggioranza dei cimiteri non sono italiani ed i caduti appartengono a nazionalità diverse? O forse perché non si intende il linguaggio dei cimiteri di guerra?

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Un cimitero di guerra si può vedere come un monumento identico a se stesso attraverso gli anni, a differenza di quello civile che ospita sempre più persone nel corso del tempo, ma anche come un luogo della memoria, un nodo della storia nazionale dal quale non si può prescindere.

montecassino6Questo spazio sospeso nel tempo parla ai vivi con un linguaggio del tutto originale. E non si tratta di linguaggio verbale, quale può essere quello che si instaura fra il fenomeno guerra e racconto, che ha dato vita ad un vero e proprio genere letterario appunto l’epica, ma di un linguaggio non verbale che affonda la sua grammatica nello stile architettonico del monumento, intrecciandosi con i valori delle virtù civiche, scoprendo la voce profonda del sangue. Lo spazio blindato del cimitero-monumento rende il corpo del soldato immortale, perché il ricordo del suo sacrificio viene depositato nella memoria dei familiari, ma soprattutto nella memoria collettiva della patria.

L’architettura si presenta come parte integrante del dialogo che i vivi intrattengono con gli eroi e in qualche modo essa fornisce il codice della comunicazione. Le tombe disposte su file consecutive ed allineate ricordano la formazione in parata, le lapidi tutte uguali sembrano divise, la cui funzione sia delle lapidi che delle divise è quella di nascondere l’intimità del corpo, appena dichiarata dal grado, dal gruppo militare di appartenenza.

Se l’architettura ci fornisce il codice, le parole incise sulle lapidi ci danno il contenuto della comunicazione, infatti è con doloroso stupore che il visitatore scopre come le date incise sul marmo riportino tutte lo stesso periodo di tempo, spesso lo stesso giorno o luogo, perfino le stesse date di nascita, ossia che davanti ai suoi occhi vi è una intera generazione scomparsa all’improvviso. Come se un crudele destino abbia dato appuntamento a migliaia di persone della stessa età, dello stesso sesso, nello stesso giorno, in un luogo molto lontano da casa per celebrare una festa della morte

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Molti soldati sono stati riportati in patria e il viaggio di ritorno ha avuto le caratteristiche del ritorno alla casa paterna dopo un doloroso periodo di assenza. Ma moltissimi sono rimasti nei paesi in cui caddero. Per essi, così lontani dai luoghi in cui nacquero, cosa fa la patria d’origine?

Per mantenere vivo il legame, come un sotterraneo cordone ombelicale, la patria d’origine acquista la proprietà giuridica del territorio dove giacciono i suoi figli e arricchisce questo spazio di motivi patriottici: pianta bandiere, prodiga cure speciali per la sua manutenzione, favorisce visite private o pubbliche dei familiari e delle autorità, cerca di mantenere desta la memoria verso le nuove generazioni, affidando, ad esempio, ai giovani la manutenzione dei cimiteri all’estero come succede con i cimiteri germanici, curati attraverso l’opera di manutenzione del Servizio Onoranze Caduti Germanici, Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge e. V., istituzione volontaria che ogni anno organizza campi di lavoro nei distinti paesi che furono teatri di guerra.

montecassino3Insomma la patria reale mette in atto un ricco processo di simbolizzazione del cimitero, riproponendo nelle terre lontane le identità più profonde della cultura nazionale. Il soldato caduto, quindi, anche se sepolto lontano dalla patria, attraverso il cimitero ad essa ritorna, perché il terreno dove giace, comprato con la propria morte acquista tutte le caratteristiche del suolo patrio. Come si può negare, infatti, che il terreno bagnato dal sangue del caduto non diventi di sua proprietà, anche se solo in senso metaforico?

E tuttavia se si considera che la madre patria è una, ma che i cimiteri di guerra di quel paese sono sparsi per il mondo, non è tanto all’immagine simbolica dell’isola che dobbiamo fare riferimento, piuttosto a quella del corpo smembrato. I sacrari, infatti, sia in senso reale che metaforico custodiscono corpi smembrati, lacerati dalle schegge, allo stesso tempo l’esercito è il corpo della patria che si trasferisce altrove e si smembra quando si dispiega al fronte, operando nei vari teatri di guerra. Perciò è ad essa che dobbiamo fare riferimento, perché rende meglio l’esperienza del corpo straziato e sublime allo stesso tempo.

1. Continua

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