Roberto Gramiccia
Un'esperienza d'avanguardia

Il museo politico

Elogio (incondizionato) del MAAM, il Museo dell’Altro e dell’Altrove che alla periferia di Roma costituisce un esempio possibile di centro di produzione culturale alternativo

È senza esitazioni, distinguo o incertezze che va salutato, anche se ha già qualche anno di vita, il MAAM, Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz, del quale Succedeoggi ha già pubblicato un bel reportage (https://www.succedeoggi.it/wordpress2014/06/occupazione-darte/). Il MAAM nasce nel 2012 a difesa dell’occupazione abitativa insediatasi al civico 913 di via Prenestina a Roma. E già in questo c’è una scelta fondativa che è tutto un programma. Si tratta del primo esempio di «Museo politico» nato a difesa di una città meticcia. Uno spazio per l’arte contemporanea che è anche, anzi soprattutto, una barricata per respingere i verosimili attacchi ad un progetto situazionista e relazionale che apre l’arte al mondo e il mondo all’arte. A partire – per una volta – dagli ultimi, dai migranti, dagli emarginati, da quelli che hanno il problema dell’abitare e del vivere quotidiano.

Questo straordinario museo politico nasce in quello che resta di un’enorme fabbrica di salumi abbandonata, quella dei Fiorucci. Oggi ciò che rimane è un dedalo di corridoi, una successione di spazi plurali e multiformi e di sale macchine che realizza un insieme fascinoso e pulsante. Dentro c’è il Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz. Quello che ne è uscito fuori è una specie di creatura vivente. Una dea Kalì con mille braccia che si difende dalla speculazione edilizia e dagli intrallazzi dei palazzinari.

L’ex fabbrica, infatti, dovrebbe essere trasformata da un progetto di edilizia residenziale che consegna questi spazi suggestivi al destino delle ruspe. Ma il Museo si è eretto a baluardo difensivo rispetto a questa deriva speculativa. L’arte si è schierata con gli abitanti di questa specie di multiforme e beneficamente casinista agorà democratica. È del 2011 Space Metropoliz il film documentario e insieme il cantiere cinematografico e d’arte realizzato da Fabrizio Boni e Giorgio de Finis, attuale Direttore dello spazio a Metropoliz (www.spacemetropoliz.com).

Space Metropoliz per un anno intero trasforma l’ex salumificio in un enorme cantiere aerospaziale. Un posto frequentato da artisti, filosofi, scienziati, architetti e performer che lavorano tutti – fantasticamente – alla collettiva realizzazione del razzo che avrebbe portato tutti sulla luna. Il film – come spiega Giorgio de Finis – «che annuncia l’inizio delle migrazioni esoplanetarie, guarda al nostro satellite, l’ultimo spazio pubblico secondo i trattati internazionali, come a una terra promessa, un grande foglio bianco su cui scrivere i principi condivisi di un nuovo patto sociale fra umani». Sulla torre della fabbrica, con l’aiuto degli abitanti di Metropoliz, si costruisce sotto la direzione di Gian Maria Tosatti, un grande telescopio fatto con i bidoni del petrolio. È così che Tor Sapienza ritrova nella luna l’unica possibilità di espatrio verso un mondo liberato dalla piovra della speculazione edilizia e della dittatura del denaro. Da quel momento in poi saranno decine, centinaia i lavori realizzati e regalati dagli artisti al MAAM che oggi vanta più di 400 interventi e festeggia i suoi primi 3 anni ospitando la Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto.

Scriviamo con grande entusiasmo queste righe per far conoscere e sostenere questa iniziativa che ci dà coraggio, dopo le preoccupate considerazioni che siamo stati costretti a fare nel saggio intitolato Arte e potere. Il mondo salverà la bellezza? (Ediesse) nel quale descriviamo la sussunzione dell’arte al sistema di potere dell’ultracapitalismo iperfinanziario globalizzato e delle sue casematte specializzate: l’industria culturale e il cosiddetto sistema dell’arte. Ecco, il MAAM è l’esempio più efficace di resistenza a questa deriva che noi abbiamo avuto modo di conoscere. Oggi un ottimo catalogo intitolato Forza tutt*. La barricata dell’arte, a cura di Giorgio de Finis (Edizioni Bordeaux) ne racconta la magnifica storia. E noi consigliamo a tutti di acquistarlo per le molte e sorprendenti immagini e per i testi introduttivi che descrivono il razionale ma anche lo spirito di questa impresa. Usando le parole del suo direttore, riportiamo gli obbiettivi principali del MAAM.

  • Quello di creare una barricata d’arte a difesa dell’occupazione e dei suoi abitanti (le opere appese ai muri e alle strutture della fabbrica sono un esercito schierato).
  • Evitare, o ridurre, l’effetto enclave, un rischio che Metropoliz corre, dovendo proteggersi dietro un cancello chiuso (il potere attrattivo della collezione del MAAM e delle iniziative periodiche (…) crea un flusso ininterrotto di visitatori, connettendo di fatto la città meticcia con il resto della capitale (…).
  • Proporre e sperimentare un “altro” modello di museo, un museo abitato e contaminato dalla vita (…).
  • Realizzare un’opera corale (in quanto super-oggetto il MAAM non è solo un progetto artistico ma è anche un’opera d’arte). Aggiungiamo noi: una coraggiosa (al limite della spericolatezza) operazione politico-culturale nella quale ciascun artista sottoscrive e fa propria la lotta per una libertà sostanziale. Che significa libertà dal bisogno, che significa soddisfazione dei diritti elementari alla casa, al lavoro, allo studio. Ma anche alla cultura e alla bellezza. È questa l’arte che ci piace. Mille volte: È QUESTA!
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