Nicola Bottiglieri
Dopo il 25 aprile/2

Il corpo smembrato

La frammentazione dei cimiteri di guerra dà il senso del corpo stesso dell'uomo che subisce la violenza dei combattimenti. Una visita ai sacrari di Cassino lo mostra pienamente

Per intendere la profondità della figura del “corpo smembrato” conservato nei sacrari e nei cimiteri di guerra, bisogna pensare al sacramento dell’Eucarestia, dove il corpo di Cristo viene spezzato e distribuito agli uomini, affinché essi lo mangino. Ma per arrivare a questa comunione perenne vi sarà bisogno del sacrificio della croce, l’ultima sofferenza che permette la trasformazione della vita nella morte e della morte nella vita. In questo caso il cimitero di guerra è una grande e continua comunione fra la patria ed i suoi frammenti sparsi per il mondo, frammenti che sono mangiati dalla terra dove giacciono, ma sono anche fonte di cibo spirituale per quanti li vanno a visitare. Insomma i corpi dei caduti sono come i chicchi del grano che muoiono sotto terra, ma allo stesso tempo forniscono il cibo a quanti vanno a mietere le sue spighe dopo la lunga incubazione dell’inverno.

A Cassino i motivi più evidenti dell’architettura cimiteriale rientrano quasi tutte all’interno di una spiritualità cristiana, infatti esibiscono tutti la croce del calvario, unica eccezione il cimitero francese diviso in due parti: una cristiana e una musulmana, dove vi è il minareto con la mezzaluna.

montecassino4Ma oltre ai motivi religiosi ve ne sono altri che hanno origini più antiche e sono stati inseriti in un contesto cristiano. I cimiteri polacco, tedesco e italiano sono costruiti lungo il crinale di una montagna, mentre il francese, l’americano e il britannico sono distesi su una pianura. Di conseguenza i primi tre usano la scala come elemento centrale, il mezzo che permette la salita dalla terra al cielo, mentre gli altri si sviluppano su un prato abbellito con fiori.

Tutti usano gli alberi come motivo decorativo, ma solo in quello germanico l’albero non è semplice ornamento ma parte integrante dell’architettura simbolica, in quanto rappresenta la morte e la rigenerazione ciclica, la fonte di energia per il soldato che combatte. Il boschetto di querce alla sommità della scala non solo ricorda l’identificazione dell’eroe con questo tipo di albero, ma ripropone il tema del bosco degli eroi (Heldenhain) un antico motivo dell’architettura cimiteriale germanica. Collina, scala, albero, la divisione dei livelli in sette balze, tendono ad un unico risultato: il guerriero immortale è accolto nel cuore dell’eterna madre natura.

È facile constatare che il cimitero inglese abbia alle spalle la cultura celtica, infatti si distribuisce sulla pianura dove la Mag Med, la pianura della Gioia è la terra della giovinezza, dove i secoli sono minuti, gli abitanti non invecchiano ed i prati sono coperti di fiori eterni, intorno alla vasca d’acqua.

Come ricorda Gorge L. Mosse in Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti: «…diversamente dagli inglesi o dai francesi, i tedeschi non travestono la morte tragica ed eroica dei caduti piantando fiori multicolori. A questa morte essi fanno invece fronte, giacché l’affermazione del tragico è un contrassegno della cultura, laddove la mera civiltà si sforza di ignorarlo».

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Uno spazio piccolo ma importante del cimitero di guerra è il libro che riporta i nomi dei soldati caduti. Se la lapide è l’equivalente dell’uniforme, il nome del caduto è l’unica parte visibile del corpo del soldato che giace sotto terra. E nel caso dei soldati dispersi il nome è l’unico legame con il corpo reale. Per questo nei cimiteri grande importanza hanno i libri dove sono riportati puntigliosamente i nomi e la collocazione delle tombe dei soldati ivi sepolti, ma anche i nomi di quelli che non vi sono sepolti. Un esempio interessante del valore icastico del nome è dato dal cimitero militare di Cargnacco (Udine) che conserva le spoglie dei caduti italiani in Russia. In 18 grossi volumi  è possibile leggere i nomi di quelli di cui sono stati ritrovati le spoglie ma anche di quelli di cui si è perduta traccia. La memoria di essi è registrata nel libro. Non a caso in questo sacrario una grande scritta color sangue  recita «CI RESTA IL NOME». E al nome fa anche riferimento la scritta ben visibile nel sacrario di Bari dedicato ai caduti d’oltremare “ Col sangue anche il nome dedicammo alla patria”.

montecassino2Il libro che riporta i nomi dei soldati caduti quindi è il punto d’incontro fra l’uomo e il soldato, il qui e l’altrove, il presente e la storia, la morte e la vita. Forse solo nei cimiteri di guerra il nome proprio di una persona, soprattutto se il suo corpo non si trova più, è paragonabile alla persona stessa, come se fosse una cosa vivente. Nel libro dell’onore i nomi dei caduti finiscono per avere corpo e sangue come se fosse il corpo stesso.

Il cimitero italiano si trova a Montelungo 12 km prima di Cassino, proveniente da Napoli ed ospita soprattutto i caduti del  Corpo Italiano di Liberazione, inquadrato nelle armate alleate, (nucleo del futuro esercito repubblicano). Era di modesta entità numerica, poco più di un migliaio di uomini, che però si batté con coraggio nell’attacco a Montelungo del 8 dicembre 43, riportando 47 morti, 102 feriti e 151 dispersi e del 16 dicembre dove  ebbe 82 morti. Una battaglia che come ha detto l’allora presidente Ciampi l’8 dicembre 2004 «rappresenta la conquista della dignità dei nostri soldati e dell’Italia. E dopo i fatti d’arme di porta San Paolo, Cefalonia, a Montelungo è giunta l’ora del riscatto. Il sacrificio di Monte Lungo fu il prezzo che pagammo per tornare ad essere padroni del nostro destino».

Nell’ultimo emiciclo di questo spazio sacro, in alto è situata la tomba del gen. Umberto Utili, morto nel 1952 e li sepolto per «riposare fra i suoi compagni d’arme», come si legge sulla lapide. Al centro della cappella un altorilievo raffigurante un soldato morente nella visione del Redentore, opera di Pietro Canonica.

montecassino5L’importanza di questo cimitero non è dovuta alla sua grandezza, né alla particolare architettura, ma perché vi sono sepolti quei soldati che inquadrati nei reparti regolari del ricostituito esercito italiano iniziano la guerra di liberazione contro i tedeschi.  Un compito, che dopo il tracollo dell’8 settembre, si assunsero con coraggio prima il gen. Dapino e poi il gen. Utili i quali seppero trovare e trasmettere ai soldati quei valori civili che li motivarono a combattere. Tale compito sembra risuonare ancora fra gli alberi ed i sassi di questa aspra collina la cui natura carsica rese più difficile la conquista nei due assalti del dicembre del 1943. Durezza che fu preludio alla imminente battaglia di Montecassino.

Bisogna ricordare che le vicende belliche di Montecassino presentano delle caratteristiche singolari rispetto agli altri scontri della IIa guerra. Fu il più grande scontro armato combattuto sul suolo italiano, ma con una scarsa presenza dell’esercito nazionale; e non guerra di movimento, piuttosto una guerra di trincea che la paragona più alla guerra di trincea della Ia guerra mondiale anziché alla guerra lampo e di movimento della seconda. Fatta soprattutto con combattimenti corpo a corpo, assalti alla baionetta, bombe a mano. Dal grande numero dei caduti, senza contare quanti caddero nello sbarco ad Anzio, si deduce che questa battaglia per numeri d’uomini che vi presero parte, fu la più grande battaglia terrestre combattuta in Europa. Molti tedeschi, dice lo storico Parker, la giudicarono più feroce di Stalingrado.

2. Fine

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