Maria Rosa Calderoni
A proposito di «Romanzi del cambiamento»

Donne da ritrovare

Bianchini, Bompiani, Cialente, D'Eramo, Ferri, Fortini, Garufi, Glasersfeld, Guiducci, Marghieri, Nessi, Ponis, de Rachewiltz, Volpini: sono quattordici scrittrici che hanno fatto l'Italia e che Angela Scarparo ha riscoperto

Angela Bianchini, Ginevra Bompiani, Fausta Cialente (nella foto qui accanto), Luce D’Eramo, Giuliana Ferri, Letizia Fortini, Bianca Garufi, Sandra Glasersfeld, Armanda Guiducci, Clotilde Marghieri, Maria Teresa Nessi, Marilena Ponis, Mary de Rachewiltz, Flora Volpini: proibita la domanda chi sono costoro? “Costoro” sono le quattordici scrittrici che il nuovo libro di Angela Scarparo – Romanzi del cambiamento, Avagliano editore, 355 pagine, 18 euro – ha la virtù di trarre fuori dall’oblio in cui oggi giacciono, fuori dall’ombra del non-ricordo. Quattordici Belle Dimenticate. Di loro non si parla più, i loro romanzi non li ristampa più nessuno; e infatti, annota Angela Scarparo, «in difesa degli editori, c’è da dire che nelle antologie letterarie pubblicate in Italia fino al 2000, molto scarsa é stata la considerazione rivolta alle autrici, in generale».

Romanzi del cambiamento, titolo appropriato. Le Quattordici infatti sono tutte comprese – non certo a caso – nell’arco 1950-1980, quel gran tempo in cui in Italia molto cambiò. Dal pane nero del dopoguerra al boom economico, al Terziario avanzato e al Grande Consumo, e poi la Tv, l’american way of life, la lavatrice, la Cinquecento, la riforma della scuola media, il ’68, lo Statuto dei lavoratori, l’utero è mio e me lo gestisco io, l’art 18, la180, la 194, il Pci primo partito comunista dell’Occidente… Del «tempo del cambiamento» le scrittrici presentate nel libro non sono certo le vestali, nemmeno le testimonial; piuttosto le vibratili antenne segnalatrici, le sensibili trasmittenti, le coinvolte (e coinvolgenti) narratrici. E più che una antologia, con la sua personale selezione Angela Scarparo fornisce tracce, orme, segni: i passi del Percorso. I passi “di dentro”. Tutt’altro che romanzi esemplari di “scrittura al femminile”, tantomeno romanzi di donne buoni solo per donne. Romanzi buoni per tutti, buoni da rileggere.

In Nucleo zero, il thrillangela scarparo romanzi del cambiamentoer di Luce D’Eramo, c’è Lorenza Vallo che adesso campa facendo traduzioni dal tedesco e può tranquillamente dire (ormai è l’81) «io non mi occupo più di politica». Lei che aveva vissuto e combattuto per molti “ismi”, l’operaismo, il rivoluzionarismo, l’estremismo, il leninismo, l’anarchismo, il terrorismo; e che poi si era ritrovata nel nulla, sconfitta pur nella sua sacrosanta battaglia contro gli “omicidi bianchi”, battuta «dallo staff degli amministratori della giustizia Borghese», quei venduti pronti a tutto, anche «a inculare un cadavere» (testuali parole sue). E che però «si era data la zappa sui piedi da sola», battuta da quell’odiato avvocato De Blasio che circolava «al volante di una Citroen confortevole, accanto a una moglie giovanile evidentemente in visone».

E c’è anche Giancarlo, il figlio di tal papà che se ne va disgustato dalla benestante benpensante famiglia-chioccia; il ragazzo che fa il salto di classe, va tutto a sinistra e si mette coi gruppettari e poi «tuttavia» approda al partito comunista (già, quella era un’epoca in cui «i “tuttavia” sfrecciavano da tutte le parti»)…

Casalinga a tempo pieno, oh miodio, no. Ne fa un ritratto comico e spaventoso insieme Armanda Guiducci in questo suo Due donne da buttare, scritto nel 1976. «Oggi è lunedì. Detesto il lunedì. Tutto ricomincia uguale lunedì, martedì, mercoledì e la domenica è peggio ancora. Eppoi il lunedì c’è questa faccenda del pane. Tutto chiuso abbassato saracinesche tutto. Se mi dimentico il pane, addio». Mai alzare gli occhi, se una è casalinga a tempo pieno. «Ma toh! I vetri. Quanto sono sporchi! E dire che li ho puliti l’altro ieri due ore buone di vetril su e giù due ore buone di vetril e già tutti così sporcati!». Tutta colpa del «maledetto smog» di «questa maledettissima città». Perché lo smog «è peggio della carbonella. È terribilmente unticcio e nero. Strofini strofini e lui è lì unticcio nero. Così adesso addio Bettina sei servita. Tutto daccapo col vetril ed è solo lunedì». Vabbé, il marito c’è, il marito della casalinga a tempo pieno. «Perché Tonio al mare non mi ci porta mai? Un sabato e una domenica diversi dico io ogni tanto». Sì, col cavolo. Tonio sta lì, «tu fai i piatti dice io vado a letto domani mi alzo presto»… C’è pur sempre Carosello e anche il telegiornale (no, il cinema quasi mai)…

È del 1973 il romanzo di Giuliana Ferri, Un quarto di donna, tanti capitoli di vita vissuta, la protagonista è una donna colta, intellettuale, «ammalata di libertà». Con la sua bella casa «che è appena un recapito», dove «è meglio rientrare con un sorriso», perché «della mia stanchezza mio marito non sa che farsene. La mia stanchezza non deve dare segni di stanchezza».

Nel libro di Marilena Ponis c’è ancora una madre che alla figlia adolescente dice, no, «i vestiti senza maniche non sono da ragazze serie». E c’è la Sibilla Aleramo raccontata da Clotilde Marghieri nel suo Il segno sul braccio. Sibilla «la sacerdotessa di Stalin»; Sibilla che, «pensosa, seduta in disparte, sembrava volesse ignorare quanto non si svolgeva intorno alla sua persona. Sempre con un quadernetto tra le mani: “Vi dispiace se scrivo?”, ci chiedeva civettuola e ogni tanto tracciava nell’aria segni misteriosi con la matita»… Se dio vuole, possiamo anche portarci a casa la (faticosamente) ritrovata “filosofia” della madre single di Sabato sera, il romanzo di Maria Teresa Nessi. «Tutto è instabile, tutto dura poco, anche l’infelicità. Sono una che accetta la vita o una che la subisce?». Bella domanda, vale per tutti.

Le Quattordici da ritrovare.

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