Danilo Maestosi
Ancora su "Numero Zero"

L’opera chiusa di Eco

Il nuovo romanzo del grande saggista contraddice tutte le sue teorie sulla letteratura. Qui i personaggi sono solo marionette, sagome senza spessore umano

Opera aperta. È il titolo di una raccolta di saggi di estetica che Umberto Eco pubblicò nel 1962 e ancora si trova in giro in varie ristampe. Rivisitava i lavori delle avanguardie e non solo in tutti i campi, arte, letteratura, poesia, musica con un approccio illuminante e liberatorio. Misurando ogni vera opera d’arte non come un recinto di idee, valori, emozioni fissato dalle intenzioni dell’autore ma come un campo di possibilità, interpretazioni a più facce aperto al contributo di chi la fruiva, ne arricchiva lo spessore ed il senso.

Può essere che mezzo secolo dopo Eco consideri datate queste teorie. Certo non ne ha fatto in alcun modo tesoro nel confezionare e consegnare al mercato dei best seller il suo nuovo romanzo: Numero zero. Perché questo esile libricino è una delle opere più chiuse, claustrofobiche, che ci sia capitato di leggere, ingabbiata in una trama rigida e artificiosa come un teorema,che ruota attorno alla costruzione di un giornale destinato a non aver mai vita, visto che serve al suo editore, uno dei tanti pescecani dell’Italia anni Ottanta, solo come chiave d’accesso ai salotti buoni e alla classifiche della gente che conta, rimescolate dalla bufera in arrivo di tangentopoli. Un gioco colto e intelligente sui luoghi comuni del mondo dell’informazione, come giustamente nota nella sua recensione Nicola Bottiglieri su Succedeoggi (clicca qui per leggerla). Che però finisce per partorirne altri, gli ingredienti della sua stessa trama, e ne rimane letterariamente intrappolato.

Peccato, perché questo quotidiano in gestazione era un ottimo spunto per documentare il cinismo con cui si creano, si manipolano e si nascondono fatti e notizie: le lezioni e i rimbrotti che il direttore impartisce ai redattori sono indubbiamente le parti più godibili del romanzo, quelle in cui Umberto Eco da sfoggio al gusto per il grottesco e il paradosso che è nelle sue corde di docente e polemista. Ma il divertimento si ferma qui. Perché tutti i personaggi del romanzo sono pure marionette, sagome senza spessore umano, scontate, prevedibili. Presenze e formule matematiche per avvalorare svolte e dimostrazioni dei teoremi da massmediologo che Eco sgrana lungo il percorso. Inesistente anche la cornice ambientale. Un non luogo la sede del giornale, posticcia a improbabile l’osteria milanese dove matura, malpreparata e malraccontata, la svolta drammatica del copione, sommaria e superficiale l’atmosfera anni Ottanta che serve a datare il tutto. Ingredienti da instant book che mette in circolo informazioni, punti di vista già noti e non da vero romanzo d’autore che coinvolge, si apre a letture più ambigue e intriganti.

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