Marco Scotti
Regali di Natale

Castighi o delitti?

Chiudiamo la nostra rassegna di "consigli per gli acquisti" per le Feste con Dostoevskij e il suo capolavoro che non è solo un classico, ma monumento al disagio del Novecento (e oltre...)

Si può consigliare come “chicca natalizia” un romanzo che è in circolazione da 148 anni? Si può, e si deve. Perché Delitto e Castigo è uno di quei libri che hanno modificato la storia della letteratura mondiale. Chiunque decida di misurarsi con la scrittura, a maggior ragione se si parla di un romanzo giallo, thriller, o noir, non può non fare i conti con la ciclopica figura di Raskol’nikov, lo studente della campagna russa che crede di poter compiere un’opera di «pulizia sociale» eliminando quella che lui reputa una figura spregevole, cioè l’usuraia. Si deve consigliare Delitto e Castigo perché è un libro che si presta a molteplici piani di lettura e che offre al lettore punti di osservazione sempre differenti.

Esulando dalla figura di Raskol’nikov, protagonista indiscusso e onnipresente dell’intera narrazione, chi si affacci su questo impietoso spaccato della San Pietroburgo tardo imperiale ha solo l’imbarazzo della scelta: può decidere di immedesimarsi nella padrona di casa o nella serva Natalja, brusca eppure dal cuore grande; può sentirsi affine alle donne di Raskol’nikov, la madre e la sorella che lo guardano con un misto di ammirazione e timore; può trovare analogie con la figura di Svidrigajlov, ricco e depresso possidente; può nutrire simpatia per gli eccessi di zelo di Razumichin; sentire la pietà per la famiglia di Marmeladov, sconvolta da continue tragedie. Oppure può scegliere la via salvifica indicata da Sof’ja Semënovna, che fa da contrappunto a Raskol’nikov, mostrandogli con la sua fede e la sua semplicità quale sia il sentiero impervio che porta alla redenzione.

DostoevskijStupisce, rileggendo un testo così articolato e “vecchio” (ma solo anagraficamente), la straordinaria attualità di questo romanzo: Raskol’nikov è, prima che un assassino, un ragazzo tormentato, un giovane che si affaccia alla vita con un pessimismo di fondo che non si discosta di molto da quello che oggi i ragazzi provano una volta terminati gli studi. È archetipico dei disagi che scandiscono il passaggio, cruciale, tra adolescenza ed età adulta. Quel mutamento che fece dire a Paul Nizan: «Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita».

L’intero impianto è consacrato all’eternità, divenendo il termine di paragone ultimo per chiunque voglia cimentarsi nel mestiere di scrittore. Anche perché Dostoevskij gioca continuamente con il lettore e con i suoi personaggi, dando vita a momenti di grande tensione inframmezzati da momenti quasi comici; la desolazione degli ultimi che allora popolavano le piazze della metropoli russa si mischia alla ridicola protervia di coloro che sono convinti (a torto) di occupare un ruolo di primo piano nella società.

Delitto e Castigo è un romanzo complesso ma non difficile, in cui i personaggi e le ambientazioni sono talmente riusciti da trascinare il lettore in un gorgo fatto di tensione, commozione e, in ultima analisi, empatia. Perché non si può non guardare con un occhio benevolo a Raskol’nikov, sventurato protagonista destinato a rivivere all’infinito il suo gesto sconsiderato. Delitto e Castigo è, in definitiva, IL romanzo per antonomasia, quello che più di ogni altro traccia la strada a quel «secolo breve» (Hobsbawm), il Novecento appunto, che pure inizierà solo 34 anni più tardi. Si può e si deve consigliare il capolavoro di Dostoevskij. Non farlo sarebbe un autentico delitto cui dovrebbe seguire, senza ombra di dubbio, un castigo di inusitata severità.

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