Luca Fortis
Arte al confine tra Est e Ovest

Beirut a colori

Incontro con Joseph Kai, uno dei più apprezzati fumettisti di Beirut: «La mia è la città delle contraddizioni. La associo all'odore del caffè turco, al suono dei clacson delle macchine, o alle urla dei vicini che litigano»

La luna si riflette sui palazzi di Gemayze. Antiche dimore libanesi con i loro tipici archi e le loro finestre che ricordano molto le architetture veneziane si alternano a grattacieli che spuntano come funghi poco rispettosi dell’anima del quartiere. Dei negozi di spezie e delle tante gallerie d’arte del quartiere trendy di Beirut si vedono solamente le insegne e le serrande chiuse per la notte, ma le vie pullulano di vita. Ogni due metri si intravedono ristoranti alla moda e bar pieni di ragazzi che si accalcano a bere super alcolici, vini libanesi e birre tra i tavolini dal design avveniristico. Un gatto attraversa la strada attratto dall’odore degli splendidi mezzè serviti dal ristorante Leila. Joseph Kai, fumettista e disegnatore libanese è seduto al bancone del Torino, piccolo locale di grande charme. Sorseggia, avvolto tra i suoi pensieri, un bicchiere di rosso della valle della Bekaa.

Vivere in una città piena di contraddizioni ti ha aiutato a essere più creativo?

Non lo so, perché non ho mai vissuto in un’altra città: sicuramente la complessità crea molte domande e queste producono creatività; ma le difficoltà a volte provocano anche problemi seri. Per esempio, se ci sono pochi soldi, devi fare anche lavori che non senti tuoi. Sicuramente però luoghi che ti portano a pensare ti aprono la mente.

joseph kai3Come descriveresti la tua città?

Uno dei primi fumetti che ho disegnato era sulla corniche di Beirut, luogo dove passa la gente più diversa, puoi incontrare persone machiste ed edoniste che discutono con ragazze sensuali e alla moda di che cosa faranno la sera e mamme velate che dicono alle figlie «ti sposerai con quel ragazzo perché così abbiamo deciso». Qualche anno fa ero molto affascinato dalla diversità che regna in Libano, ora mi interessa meno, ci sono delle verità nascoste che non si vedono facilmente. Per esempio gli abitanti Beirut sono molto arroganti e borghesi. Questa verità non si dice mai, si parla sempre della loro ospitalità e della loro vitalità. Mi diverte anche mostrare come la maggioranza dei ragazzi alla moda che riempiono le notti di Beirut siano poi attaccatissimi alle loro famiglie. Sotto un’apparenza da giovani viveurs internazionali siamo tutti figli di mamma.

Tra le varie comunità del paese le distanze sono evidenti?

Tra musulmani e cristiani ci sono alcune differenze che ci arricchiscono, ma non sono poi cosi tante. In un fumetto ho analizzato il rapporto complesso e pieno di tabù che le persone hanno con la danza e il corpo. Il protagonista è cristiano perché volevo parlare della mia esperienza in una famiglia cristiana, ma in effetti avrebbe potuto essere anche musulmano perché su questo tema le differenze tra le comunità non sono poi così ampie, i tabù sono spesso gli stessi.

È possibile creare personaggi neutri che non abbiano una religione?

Io per esempio, pur venendo da una famiglia cristiana, sono ateo e il personaggio che abbiamo disegnato con Raphaelle Macaron, per Middle East Now a Firenze, è neutro, senza identità. Questo in Libano vuol dire non avere diritti, se sei fuori da una comunità religiosa, non ti puoi nemmeno sposare. Oggi qualcosa sta cambiando, ma molto lentamente. È molto interessante capire come un personaggio neutro possa evolvere in una città così.

Qual è il fumetto o l’illustrazione che hai trovato più difficile da creare?

Quando mi chiedono di mostrare uno sguardo sul Libano da fuori. Una volta ero in un workshop in Europa con altri ragazzi. Ci chiesero come gli europei vedono il Libano e i libanesi l’Europa. È una domanda difficilissima perché ogni libanese ha uno sguardo diverso sull’Europa, per alcuni è il diavolo per altri il paradiso, dipende da quale comunità o famiglia del complessissimo mosaico libanese provengono.

E qual è il tuo diavolo?

Il mio ego: certe volte è difficile stargli dietro.

Il tuo angelo?

L’amore, quello che rende la vita bella.

Che colori ha Beirut? Quali sono gli elementi che associ subito alla città?

Per un fumetto utilizzerei moltissimi colori con mille gradazioni diverse. Associo Beirut all’odore del caffè turco, al suono dei clacson delle macchine, o alle urla dei vicini che litigano.

joseph kai4Racconti spesso aspetti insoliti della vita dei libanesi.

Uno dei fumetti che ho disegnato racconta del rapporto che tantissime famiglie libanesi hanno con le loro tate o donne delle pulizie, è quasi uno stereotipo che tutti i libanesi abbiano delle donne di servizio e che le trattino male, non rispettando le leggi sul lavoro. In parte è vero, ma in parte le persone semplicemente non conoscono le norme. Ho tentato in modo ironico di mostrare le due facce della medaglia, raccontando cosa pensano le donne di servizio, che spesso non vengono trattate benissimo e le famiglie libanesi che le assumono, che in gran parte dei casi non sono cattive, ma inconsapevoli degli errori che commettono.

A quale progetto stai lavorando ora?

Sto scrivendo un fumetto sulle montagne libanesi. Nelle montagne di questo paese c’è qualcosa che a Beirut non esiste più. Alcuni abitanti sono nomadi, esiste gente estremamente ricca o povera, i paesaggi possono variare dal molto verde al desertico in pochissimi chilometri. Anche in questo lavoro voglio riflettere sul cliché che i libanesi siano molto accoglienti, non è sempre così, anzi spesso hanno paura degli altri.

Sei anche pianista. Com’è la scena musicale libanese?

A Beirut esiste una scena di musica classica ancora timida, ma di grande qualità. Abbiamo una piccola orchestra che fa ottima musica e un festival internazionale che si chiama Al Bustan che si tiene in montagna.

Che differenza c’è tra suonare il piano e disegnare un fumetto?

In entrambi i casi si lavora moltissimo per qualcosa che poi verrà letto o ascoltato in pochi minuti.

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