Marco Fiorletta
Rileggendo “Le intermittenze della morte”

L’occhio di Saramago

Applicare le leggi della razionalità all'irrazionale: ecco il senso della grande lezione di José Saramago. Uno scrittore il cui “occhio assoluto" ci manca più che mai

Nella perenne opera di trovare spazio nella libreria mi è capitato tra le mani un libro di José Saramago, forse l’unico ancora non letto, che giaceva in attesa della maturazione del tempo adatto. A parte che per Saramago è sempre il tempo giusto, ma è anche una questione di gusti.

Come per le altre opere dell’autore portoghese, è difficile dare un consiglio di lettura, specialmente se è la prima volta che ci si avvicina a questo scrittore. Innanzitutto lo stile, spiazzante, con una punteggiatura basata sulla lingua parlata e che richiede una concentrazione particolare per entrare nel ritmo della narrazione. Ma questi sono aspetti, come già detto, che lascio ai professionisti della recensione. I miei sono solo piccoli, brevi, consigli di lettura.

Le intermittenze della morte, letto in edizione Einaudi e reperibile anche Feltrinelli e in diversi formati, ci mette di fronte all’ipotesi che la signora dalla falce decida che in un tal paese non si muoia più. Chi era sul punto di esalare l’ultimo respiro rimane lì, sulla soglia, senza peggiorare ma nemmeno migliorare. Una sorta di cristallizzazione del tempo. Nessuno muore più. Quale miglior notizia ci potrebbe essere per l’uomo che ha due certezze, la nascita e, appunto, la morte? Saramago ci conduce, con ironia, nei meandri di ciò che si potrebbe scatenare se l’assurda ipotesi divenisse realtà. E se poi ci fosse un ripensamento della morte? Se invece si tornasse a morire non all’improvviso ma con un preavviso di sette giorni? E se il preavviso non dovesse giungere in tempo e qualcuno non morisse nonostante fosse giunta l’ora?

Come reagirebbe a questi cambiamenti il singolo? E lo Stato, la Chiesa, la maphia (sì, scritto proprio così)? Per non parlare delle agenzie funebri, gli ospizi, gli ospedali e la morte stessa? Ecco una ridda di situazioni sviluppate con logicità, ironia come già detto, e un’immensa fantasia a cui Saramago ci ha abituati. Basti pensare a Cecità.

La grandezza del Nobel portoghese è partire da una situazione assurda, impossibile, e sviluppare poi un ragionamento logico che alla fine ci porta a considerare sotto una luce diversa l’assurdità stessa del ragionamento. In ultima analisi non ci resta che dire che la morte non è utile, è necessaria e fondamentale per la vita degli umani. Triste doverlo dire ma è così.

Facebooktwitterlinkedin