Furio Terra Abrami
La dittatura delle chiacchiere

La fine della politica

Ebbene sì, la classe dirigente dei partiti d'oggi è riuscita nell'intento: ormai siamo davvero convinti che siano tutti uguali. Sperduti tra una promessa e un talk-show

Non sono mai stato un grande amante della politica. Ho sempre avuto una certa diffidenza nei suoi confronti, e non sono state poche le occasioni di scontro con i miei coetanei, nei tempi che furono, a questo proposito.

Successivamente, ai tempi della famosa “Scesa in campo”, mi sentii obbligato ad un senso di testimonianza, di resistenza, di opposizione al degrado che poi si è puntualmente avverato, e di cui stiamo pagando ora (e non è ancora finita…) il prezzo nei termini di un drammatico ritardo culturale e sociale.

Ora l’unica soluzione che la società italiana ha saputo trovare a questo pericoloso declino non è stata quello di cercare d’innalzarsi e recuperare il terreno perduto nei confronti degli altri paesi, no: la furba soluzione ( Ah !…la furbizia italica!…) è stata quella di adeguarsi alla “Narrazione” dello sfacelo, anzi renderla ancora più pervasiva e inclusiva: dilagare definitivamente fino ad assumere l’unico connotato del dibattito pubblico.

Codesta, che viene spacciata per il trionfo della democrazia, per il raggiungimento dei veri interessi della “Gente” rappresenta invece, proprio al contrario, una vera frattura (non si sa ancora quanto definitiva, a dire il vero) tra una politica che da un lato appare tutta imbastita attorno ad un “Pastone” mediatico/demagogico del tutto inattendibile e che viene spacciato per dibattito pubblico, mentre dall’altro è in realtà intenta alle risoluzione delle vere questioni, affrontate e determinate nelle stanze dei poteri decisionali, in separate e irraggiungibili, sedi.

Mi si dirà – e non a torto, forse – che questo è sempre stato, e che per quanto ci si facesse delle illusioni, le logiche e le azioni del potere sono sempre state realmente indenni dai tentativi d’interessamento delle masse. Ma qui c’è qualcosa di più, qui c’è una cinica assunzione della cosa senza più alcuna remora  di nessun genere. Questa è la vera fine, non della politica come tale (che come la Storia non finirà mai, al contrario di quanto recitava uno spirito furbetto qualche anno fa), ma di un certo modo di fare politica, o forse per dire meglio, di una certa illusione novecentesca della politica, di poter realmente allargare la distribuzione del potere ad un numero maggiore di soggetti.

Finalmente ci sono riusciti: ora sono veramente tutti uguali. Meglio così, ora è definitivamente più chiaro, se mai fosse stato in dubbio, che non contiamo proprio più niente; nemmeno  quell’infinitesimo che contavamo prima. Meglio così… potremo finalmente fregarcene liberamente e pensare ad altro, a qualcosa di molto più divertente e – almeno per quanto riguarda la scala dei veri valori – di molto più importante. Tanto non succede proprio più niente, non si cambia più niente, e noi comunque non ci possiamo fare più niente.

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