Caterina Falconi
“Le sultane” di Marilù Oliva

Mafalda & le altre

Non è vero che la vecchiaia è ridicola, inappropriata e inutile. E non è vero che alle donne anziane sia interdetto il desiderio. Come dimostra la scrittrice bolognese nel suo nuovo romanzo intenso e riflessivo ma anche comico e pieno di colpi di scena

Li covano tutti, i vizi capitali, Le sultane di Marilù Oliva (Elliot Edizioni, 240 pagine, 16, euro), mentre trascinano in una parvenza di normalità gli ultimi anni zavorrate dai corpi invecchiati. Una normalità segnata dal rammarico e dalla perdita, che si riflette nello sguardo compassionevole o sprezzante dei loro giovani vicini di casa. Alle anziane, si sa, è negata la dimensione della progettualità e del desiderio, pena il ridicolo. Le aspettative diffuse le obbligano ad abbassare il reostato della vivacità, a rinunciare alla pretesa di restare al timone della propria esistenza. Tale sembra essere anche il destino delle tre amiche di via Damasco. Finché un incidente, un atto impulsivo, non apre una crepa nella vita della meno eccentrica. Fino a quel momento il romanzo fila sommesso e incantevole, inchioda il lettore a riflessioni inedite sulla vecchiaia. Ma subito dopo, improvvisamente, decolla in un susseguirsi di colpi di scena che ribalta i ruoli e piega gli eventi in direzioni comiche e sconcertanti.

AutriceAccade un incidente, un’aggressione involontaria. L’arrogante Carmela, ragazzotta molesta, viene abbattuta a padellate dalla dolente Wilma. A scatenare il gesto, forse, lo sbocco di una rabbia sedimentata negli anni. La manifestazione di un’ira altamente vitale, disdicevole in un’anziana. Irrompe sulla scena l’avarissima Mafalda. A muovere quest’ultima, più che il desiderio di aiutare Wilma, è l’inaspettata occasione di arricchirsi. Ed ecco che, davanti al ritrovamento di un bottino in casa della vittima, la psicosi di Mafalda si conclama vertiginosamente trasformando la sgangherata vecchia in una micidiale macchina criminale che non fallisce un colpo e in un personaggio indimenticabile, che giganteggia nel romanzo. Risoluta, bieca, geniale, temeraria, Mafalda prende in pugno la situazione. Fronteggia gli imprevisti, mente, briga, agisce. Non ha mai rispettato altro divieto che scongiurare lo spreco, la sultana spilorcia! Né altri imperativi che l’accumulo del danaro e il controllo di chi le vivesse accanto. E adesso questa perversa sapienza, che non sa tenere conto della morale comune, la sorregge in peripezie che fanno impallidire quelle dei celebri protagonisti scentrati di altri romanzi. Il lettore non può che seguirla, vagamente ripugnato dal suo aspetto, incatenato al fascino depravato delle sue trovate, divertito dal grottesco e dagli equivoci disseminati nelle pagine.

Sulla scia delle comiche ed efferate gesta di Mafalda si incuneano le altre due sultane, Wilma e Nunzia, dapprima riluttanti, e poi affrancate dalla prigione di un corpo consumato e dalle convenzioni, determinate finalmente a inseguire e a realizzare progetti e voglie. Non a caso il romanzo si conclude con la domanda che una delle anziane protagoniste rivolge all’altra, sulla liceità del desiderio alla loro età. E con la risposta affermativa dell’amica. Marilù Oliva, dopo le imprese della Guerrera, torna a sedurci prendendo le difese delle sconfitte per eccellenza: le vecchie. A ribadire il loro diritto alla carnalità, alla gioia e al sogno. Ed è singolare che a farlo, nel firmamento degli autori italiani, sia proprio lei, tanto giovane, vitale e bella. Del resto non è una novità che Marilù si butti a capofitto nella tessitura di storie scomode, trasformandole in romanzi incantevoli, che danno dipendenza.

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