Tina Pane
Cartolina dall'Austria

Il puzzle di Vienna

I fregi d'oro e la passione per Klimt; la metropolitana pulita e le vetrine ghiacciate; il Prater e il Naschmarkt. Viaggio nel cuore dell'impero. Dopo la caduta

A Vienna non c’è traffico e non ci sono motorini; si circola con gli autobus, coi tram e con la metro; durante la bella stagione molti vanno a piedi, in bicicletta, qualcuno persino in monopattino; i turisti che ci provano gusto fanno un giro del centro sul calesse, quaranta euro per venti minuti e nel prezzo sono inclusi gli sguardi addosso degli altri turisti.

A Vienna bevono il punscht, mangiano cotolette che però chiamano schnitzel, arrostiscono fette di patate insieme alle caldarroste; servono il gulasch nel piatto piano perché qui non è una zuppa, come a Budapest, preparano strudel morbidissimi e profumati e servono porzioni avare di sacher, ché per restare soddisfatto devi ordinare sempre la seconda fetta.

viennaA Vienna tra gli stand dei mercatini natalizi, sistemati in ordinato semicerchio in quasi tutte le piazze, predomina l’odore di cannella e di chiodi di garofano, di frittura di erdapfel (patate), di wurstel arrostiti, di castagne. Non ho visto frutta secca né dolci come il panettone, ma sua maestà il marzapane declinato nelle forme più svariate, mozartkulgen nude e vestite, copie di nostrane bruschette condite con stracciatella d’uovo e cetriolo, pani di tutte le forme e le fogge sempre spruzzati di semini.

A Vienna c’è il Danubio vecchio, il Danubio nuovo, il canale del Danubio e l’isola del Danubio. Ma non è come per la Senna oil Tamigi, che li incontri a ogni passo; qui il fiume non attraversa la città ma la sfiora periferico, si accontenta di ponti moderni, senza statue e senza storia, e di essere il grande protagonista di un valzer.

A Vienna c’è l’oro nelle statue, sulle cupole e negli addobbi natalizi; sugli altari e nei lampadari delle chiese barocche, nelle vetrine luccicanti e perfino nei quadri di Klimt. Ed è una sfera di foglie di rame rivestite di lamine d’oro la cupola della Secessione, il palazzo bianco e squadrato su cui campeggia a grandi scritte d’oro il motto degli artisti distaccati “Al tempo la sua arte, all’arte la sua libertà”.

A Vienna il logo della metro è fiacco, una “U” blu su fondo bianco, quadrato. Non spicca, da lontano, non risalta. Però la metro funziona, non puzza e non è rumorosa, molte delle stazioni più recenti hanno banchine larghe e spaziose, ascensori più di scale mobili, piccoli negozi, bar, punti ristoro, bagni. Fa difetto solo la segnaletica che a volte trae in inganno né si capisce perché le linee siano numerate da 1 a 6 se poi manca la 5.

A Vienna d’inverno a guardar le vetrine dei negozi d’abbigliamento ti fai l’idea che le donne girino tutte su tacchi alzo 10 e in decolleté. Invece, a zero gradi e col vento tagliente, ho visto indossare cappelli, stivali, pellicce; mantelle di lana cotta, piumini e copriorecchie. E ho visto pure occhi lucidi e vispi, guance arrossate dalla couperose e mani senza guanti stringere il cono di una delle tante gelaterie italiane.

A Vienna c’è il culto di Klimt, della Ringstrasse che si prepara al giubileo nel 2015, di Maria Teresa che ebbe 16 figli, dell’Avvento che porta al Natale. A Vienna c’è il culto dell’Impero che fu, che non è più, ma che rivive nelle facciate eleganti dei palazzi, nelle piazze grandissime, nelle cancellate nere e dorate, negli obelischi, nelle statue pettorute, nelle strade battute dai venti, nelle foglie croccanti sotto i piedi, nel cielo grande e grigio, un po’ opprimente, così mitteleuropeo.

naschmarktA Vienna c’è il Prater con attrazioni degli anni ‘60 ma tenute una meraviglia, c’è il Museo del Mare anche se il mare non c’è, c’è il Naschmarkt che odora solo di cinese e di cucine orientali, ci sono le case sbilenche di Hundertwasser e c’è pure il secondo cimitero più grande d’Europa, nel quale si va a passeggiare o a fare una visita guidata.

A Vienna – pare proprio nel territorio della città – circa 700 agricoltori metropolitani coltivano 100 diverse varietà di agrumi e 25 di fichi che insieme ad altre specialità quali carciofi, ravanelli e chiocciole borgognone finiscono dritte dritte sui banchi dei mercati cittadini.

A Vienna i pieghevoli dell’ufficio turismo pubblicizzano il concerto di capodanno, la statua di Mozart, il culto di Sissi; i vitigni pregiati, i caffè storici e le feste da ballo; i cavalli spagnoli, i musei per bambini, lo zoo più antico del mondo; la moda d’avanguardia, i profumi classici e le gallerie d’arte contemporanea; i club di tendenza, i ritrovi per gay, i ristoranti di lusso e le gasthaus, dove i camerieri hanno ancora il grembiule lungo e il portafoglio a fisarmonica.

A Vienna si respira un’aria antica e insieme nuova di grande civiltà, di diffuso benessere, di alternanza programmata tra la serietà e il divertimento. I viennesi camminano a testa alta, ti sorridono nei negozi, si arrabbiano se li fotografi. Lasciano che a guidare gli autobus siano i pakistani, voltano lo sguardo quando un gruppo di ragazzi ubriachi attira l’attenzione per la strada e non regalano mai una monetina agli zingari che chiedono l’elemosina nella metropolitana.

A Vienna, ancora così mittel, senti molto l’Europa.

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