Arturo Belluardo
Racconti del peccato/18

Morte e miracoli di Santa Passera

Nwanne si era accorta di essere morta eppure c'era. In un punto imprecisato dietro la sua nuca, Nwanne, la puttana di Santa Passera c'era ancora

Nwanne si accorse di essere morta. Il suo cuore era esploso in un ultimo battito, un tunf talmente forte che era persino riuscita a sentirlo. I suoi polmoni avevano spinto fuori un rantolo che conteneva ben più di ventuno grammi di fiato. La sua vescica si era svuotata ed il piscio le era colato lungo le nude gambe nere, si era mischiato con il sangue che fuoriusciva dai piedi inchiodati e quel rivolo rosa pallido si era allargato in una pozza ai piedi della porta della chiesetta.

Nwanne si era accorta di essere morta eppure c’era. In un punto imprecisato dietro la sua nuca, Nwanne, la puttana di Santa Passera c’era ancora. I suoi occhi si erano rovesciati all’indietro, mostrando il bianco dei globi, eppure lei continuava a vedere.

Vide Bruno Santi che portava a spasso quel suo residuo di cane giallo; piccolo, grinzoso e rognoso, Fruz era il ritratto sputato del suo padrone. E, come il suo padrone, era stato operato alla prostata: incontinenti, impotenti, insonni, i due vecchi giravano in piena notte per gli sterri della Magliana a ridosso degli argini del Tevere.

Dalla bocca riarsa e piena di sangue secco di Nwanne non poteva uscire nessun suono, eppure un sospiro melodioso si sentì: il cane Fruz drizzò le orecchie e si mise a correre verso la puttana crocifissa.

“Ah Fruzze, ma li mortacci tua! Ma che t’è preso?” strillò Bruno Santi, trascinato a forza dal cane davanti alla donna nuda e morta.

Bruno Santi pulì con la canotta gli spessi occhiali quadrati, strizzò gli occhi velati di azzurro e.

“Oddio!” disse in un soffio, portandosi una mano atterrita davanti alla bocca “Nuanne mia che t’hanno fatto!”

Bruno Santi appoggiò una mano alla coscia della nigeriana, in un’ultima carezza commossa.

Da quando Nwanne si era piazzata a battere in uno dei capannoni abbandonati vicino alla chiesetta di Santa Passera alla Magliana, Bruno Santi era diventato uno dei suoi clienti più fedeli. Non avendo più nessuna freccia da scagliare, il vecchio si limitava a strofinarsi sulla ragazza nera a mutande calate e a sognare. Alla nigeriana questo ruolo di generatrice di sogni era proprio congeniale: la fatica era poca e poi quasi le piaceva dispensare nudo conforto al vecchio.

Il passaparola al centro anziani di via Nathan era stato rapido; nel giro di poco tempo, Nwanne era diventata la consolatrice ufficiale dei pensionati della Magliana: era carina, dolce e tenera con loro, non scopava quasi più e quello che guadagnava le consentiva di vivere bene, senza problemi.

L’ufficio postale di via Vaiano era diventato più affollato del solito il giorno del pagamento delle pensioni INPS: i vecchi si affollavano agli sportelli, ritiravano i soldi e poi di corsa a fare la fila davanti a Santa Passera.

L’ira delle mogli dei vecchi non aveva però tardato a farsi sentire, non tanto per il tradimento e, tutto sommato, neanche per i soldi sottratti alla pensione, ma per la mancanza di rispetto che i mariti mostravano: non le consideravano neanche più, non vedevano l’ora di raggranellare qualche euro per andarsi a buttare tra le braccia di quella zoccola africana.

Le donne si ritrovavano a fare la spesa al Todis e, tra un merluzzo surgelato e un tetrapak di Tavernello, il loro livore si coalizzava: a capo del sindacato delle vecchie si era autonominata Leonilde la Cavallara; la moglie di Gastone il Cavallaro era particolarmente incazzata: già da prima il marito si fotteva metà della pensione per andarla a giocare all’ippodromo di Tor di Valle; adesso si fotteva pure il resto per andarsi a strusciare da quella troia…. Propose, decise, attuò, reclutò al bar “Dar Negro” Massimo Marini, un balordo sciroccato che in cambio di qualche piotta avrebbe dato fuoco pure a sua madre.

“Daje ‘na bella ripassata, me riccomanno, che s’à da levà da li cojoni!” lo aveva istruito la Cavallara.

“A zì, nun te preoccupà” l’aveva rassicurata Massimo Marini e s’era andato a procurare il giusto: una bella mazzarocca e da pipparsi il resto.

Alle due di notte il balordo Marini, fatto e strafatto, aveva spalancato con una pedata la porta di lamiera del capannone abbandonato; Nwanne non aveva fatto in tempo a svegliarsi che una pedata le aveva fracassato il setto nasale e un’altra pedata alla schiena l’aveva coricata per terra.

“Aò” aveva detto Marini, asciugandosi la bava con una mano “se nun voi che continuiamo a giocà, viè qua!”

Si era calato i pantaloni e, afferrata la donna per i capelli, se l’era sbattuta sul membro floscio. Nwanne non riusciva respirare per il sangue che le chiudeva il naso e aveva respinto l’uomo con le mani. Massimo Marini con i pantaloni calati era inciampato ed era caduto all’indietro, a culo nudo sul pavimento di cemento armato.

“Ma vaffanculo, brutta zoccola!” aveva urlato, mentre Nwanne era scappata fuori dal capannone.

Con quegli zatteroni dai tacchi altissimi, la povera nigeriana barcollava più che correre ed era riuscita ad arrivare soltanto davanti alla porta della chiesa: un colpo di mazzarocca le aveva sfondato due vertebre, fermandola a terra.

“Santa Passera, aiutami tu!” aveva gridato Nwanne.

“Mò te li faccio vedè io Gesù Cristo e tutti i santi” aveva ringhiato Massimo Marini, calpestandole a piè pari la schiena. Poi l’aveva afferrata per le gambe, spalancandogliele.

Dopo che l’ebbe stuprata, Marini le aveva strappato di dosso i pochi stracci che le erano rimasti e, visto che la donna continuava a ripetere la sua invocazione a Santa Passera, le aveva chiuso la bocca con un pugno, facendola svenire.

“Mò te lo faccio vedè io Gesù Cristo; nun te ce devi sporcà la bocca con Gesù Cristo!” aveva gridato, mentre le legava in alto le braccia inerti. Usando un anello di ferro sulla porta di legno della chiesa, era riuscito a tirarla su come fosse un maiale da squartare. Poi aveva preso due picchetti arrugginiti abbandonati per terra e, con la mazzarocca, gliene aveva piantato uno tra le mani e uno tra i piedi, crocifiggendola.

Nwanne si era svegliata urlando “Santa Passera!”; Marini le aveva colpito lo stomaco con la mazzarocca e se n’era finalmente andato via dopo averle sputato in faccia.

E così, inchiodata al portone di legno della chiesetta abbandonata, l’avevano trovata Bruno Santi e il cane Fruz. Vedendo com’era ridotta la sua amica, Bruno Santi si mise ad accarezzarla piangendo, mentre Fruz ululava la sua disperazione.

Nwanne vide la pena che provavano quei due vecchi e, nonostante fosse morta, sorrise.

A quel sorriso, il cane Fruz fu scosso da un tremito, drizzò le orecchie e, sbavando felice, strappò il guinzaglio e scappò via.

Bruno Santi fu colpito da una scarica di energia che gli rimescolò il ventre. Quando si riprese, si accorse che era accaduto un evento impossibile, aveva un’erezione!

“Un miracolo, oddio un miracolo! Grazie, Santa Passera, grazie!” gridò e corse a casa dalla moglie.

L’indomani mattina la sora Santi, con la faccetta tutta soddisfatta, andò al Todis, che non vedeva l’ora di raccontare alle amiche del miracolo di Santa Passera.

“…e mi’ marito è ito a portarle i fiori , che l’ha da ringrazià ‘sta santa!”

“Macchè santa e santa” la rampognò la Cavallara “te ci hai le arterie, altro che miracoli!”

“A Leonì, si nun ce credi peggio pe’ tte! Che l’hai fatta puro ammazzà ‘sta porella!”

Nel frattempo Bruno Santi era tornato dalla nigeriana crocifissa e s’era portato dietro Lello il barbiere e Zì Nando, anche loro con il suo medesimo problema.

Con le braccia cariche di fiori, il trio si era avvicinato alla chiesetta; davanti a Nwanne crocifissa stava disteso Fruz con un piccolo branco di cagnette randagie. Le cagne iniziarono a digrignare i denti alla vista degli estranei, ma Fruz le tacitò con un wof! imperioso. Il branco si aprì per far passare i tre vecchi, ma continuò a tenerli d’occhio con un ringhio sommesso.

Bruno Santi si inginocchiò davanti al corpo di Nwanne e pregò:

“A’ Santa Passera, quanto sei bella!” e le accarezzò il pelo pubico “te prego Nwanne aiuta pure gli amici miei. Guarda che bei fiori che t’avemo portato.”

Nwanne da dietro la nuca vide i tre vecchi, suoi clienti fedeli, e sorrise.

E tre miracoli avvennero.

La voce dei miracoli di Santa Passera crocifissa si diffuse rapidamente tra i vecchi della Magliana e ben presto si formò una lunga fila di pellegrini davanti alla chiesetta;  il cane Fruz e il suo branco sembravano riconoscere i questuanti degni di miracolo e li lasciavano passare, mentre aggredivano i curiosi e persino i vigili urbani, che avevano cercato di portare via il cadavere martoriato della nigeriana.

Gli scalini e le pareti esterne della chiesa si colmarono di vasi di fiori multicolori, di piante, di luci intermittenti e pure di ex-voto per grazia ricevuta. Infatti, oltre ai questuanti, il gruppo di fedeli si arricchiva giornalmente di vecchi miracolati e delle loro mogli grate che tornavano per omaggiare la Santa.

Fu dopo una settimana dal primo miracolo che una donna a capo coperto fu vista avvicinarsi alla Santa camminando sui ginocchi e stringendo a sé un involto, come fosse un infante. La folla di pellegrini si fendette in due, guidata dai latrati dei cani e lasciò passare la vecchia, che strisciò lentamente sulle ginocchia sanguinanti.

Arrivata davanti a Nwanne inchiodata, la donna depose il pacchetto ai suoi piedi e si scoprì il capo, rivelando un occhio pesto. Tutti la riconobbero.

“Santa Passera, Nwanne, ti prego perdonami! Perdonami!” gridò Leonilde la Cavallara, gettandosi a terra davanti alla crocifissa.

“Ti prego, accetta una prova del mio pentimento!” pianse, alzando le braccia al cielo.

Poi aprì il pacchetto.

Un mugolio di orrore e di approvazione si propagò per la folla, mentre i cani ululavano.

Caldi e fumanti, i  testicoli appena tagliati di Massimo Marini rotolarono tra i vasi di giacinto.

* * *

Arturo BelluardoArturo Belluardo è nato e cresciuto a Siracusa. A dispetto del cognome, squisitamente siciliano, discende per via materna dalla famiglia ebreo-tripolina Gean. Vive a Roma dove lavora alla Direzione Crediti del Banco Popolare. Collabora alla rivista on-line “Mag O”. Con i suoi racconti ha vinto il premio “Racconti nella Rete”,  il concorso “Save the cat” ed il “Rainbow love contest” alla Festa dell’Unità. Sta lavorando al suo primo romanzo, Suol d’amore.

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