Lidia Lombardi
La Argerich al Parco della Musica

Il cuore di Martha

Ardente e virtuoso il tocco della grande pianista argentina che lunedì sera a Roma si è cimentata nel Concerto n. 1 in si bemolle minore di Cajkovskij. Accompagnata, per l'occasione, dalll’Orquesta Sinfonica Juvenil di Bahia, un ensemble di giovanissimi fondato da Ricardo Castro su modello del “Sistema” Abreu

Martha Argerich è considerata la più grande pianista vivente. Ma non ne ha l’aplomb. Insomma, non è né snob, né trinariciuta. Lo ha appena dimostrato al Parco della Musica dove sotto il marchio dell’Accademia di Santa Cecilia si è seduta davanti alla tastiera per eseguire, con ardore e virtuosismo, il Concerto n. 1 in si bemolle minore per pianoforte e orchestra di Cajkovskij, vale a dire uno dei brani musicali che ciascuno, in tutto il mondo, ha ascoltato almeno una volta. Ebbene, la pianista argentina che ha già salutato 73 primavere ha affrontato questo apice del romanticismo insieme con una pattuglia di ragazzi, l’Orquesta Sinfonica Juvenil di Bahia, fondata nel 2007 dal direttore Ricardo Castro. Un ensemble formato da venticinquenni o giù di lì, entusiasti, rodati da esibizioni internazionali così come da una partnership con i Berliner Philarmoniker, comunque sul cammino di una crescita che ha bisogno di tanta rifinitura. E però Martha li ha illuminati con il suo talento, li ha scelti democraticamente come compagni di viaggio nella serata romana, ha convidiso con loro l’uragano di applausi – davvero assordanti – arrivati come da copione al termine del concerto.

«Sono vecchia ma non sono matura», ha detto di sé glissando sul fatto che ha inciso con Abbado, Barenboim, Mischa Maisky e ha suonato con le maggiori orchestre mondiali, tra le quali spesso quella dell’Accademia di Santa Cecilia. Così – i lunghi e ribelli capelli grigi, i piccoli colpi di tosse, una sorta di febbrile impazienza davanti alla tastiera, come alla ricerca della posizione ideale, in realtà sintomo di perenne emozione davanti a una sinfonia che pure conosce a memoria ed esegue senza spartito – ha siglato volentieri in questo settembre capitolino la liaison con i virgulti brasiliani. Un’orchestra che fa parte del programma educativo Neojiba, ovvero Nuclei Statali di Orchestre Giovanili e Infantili di Bahia, che Castro ha modellato sul famoso “El Sistema” venezuelano di educazione musicale pubblica ideato da José Antonio Abreu al fine di allontanare dal vagabondaggio i ragazzini, di dar loro, con il tetto della scuola, la prospettiva di un futuro alto e gratificante. «Da oltre vent’anni sono amica di Ricardo Castro – ha detto Argerich, Nella sua Orchestra ci sono giovani dai 12 ai 25 anni, molti provengono dalle favelas e hanno alle spalle storie terribili. Mi conquista la loro allegria, anche per questo mi piace lavorare con loro. Non suonano soltanto, insegnano a suonare. Così a Bahia si crea un circolo virtuoso al centro del quale c’è il più grande piacere, la musica».

Eccola allora, la grande Maestra spadroneggiare sulla tastiera, dominare le note con vigore romantico, accarezzare i tasti quando bisogna centellinare le note, sottolineare i rimandi da un movimento all’altro, nel caposaldo caikovskijano della cultura musicale e dell’immaginario popolare. In una dedizione paziente alla formazione delle generazioni che ha fatto lievitare fino al parossismo gli applausi, come avvenne per un altro grande prestatosi alla maturazione di talvolta ovviamente incerti esecutori, quel Claudio Abbado capace di mettere sotto la propria ala Gustavo Dudamel, il direttore dell’orchestra venezuelana “Simon Bolivar” scaturita appunto dal “Sistema” Abreu. I musicisti di Bahia hanno dimostrato il loro affetto per Martha Argerich battendo a ripetizione i piedi sul parquet della Sala Santa Cecilia durante la decina di chiamate sul palco della pianista. Corroborati da cotanto insegnamento, hanno affrontato da soli la seconda parte del concerto eseguendo con maggior sicurezza le Danze Sinfoniche da West Side Story di Leonard Bernstein e la Bachianas brasileiras n. 4 di Heitor Villa-Lobos. Le prime con rimandi al blues e al paso doble, la seconda al folclore brasiliano, dunque vicine alle inclinazioni dei ragazzi di Bahia.

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