Giovanna Iorio
Racconti del peccato/19

La cena africana

Il cuoco si chiamava Ngaliema. Taciturno e altissimo, veniva dalla Guinea. Quando il proprietario del ristorante lo cedette alla moglie dell’Onorevole, lui non ebbe nessuna reazione

​La cena africana per il compleanno dell’Onorevole era stata organizzata con estrema cura sul terrazzo bianchissimo della villa di Capri: la tovaglia color glicine mossa da un lieve e innocuo scirocco, le porcellane pregiate allineate sulla tavola, i bicchieri di cristallo colmi degli ultimi raggi del sole, le posate d’argento lucidate una per una, il nome di ciascun invitato sul segnaposto scritto a mano. Intorno solo il mare e, incastonati nella distesa blu cobalto, solitari e malinconici i faraglioni, così vicini da poterli sfiorare.

La moglie dell’Onorevole aveva affidato la cena al cuoco di un rinomato ristorante africano di Roma.

– Dovrà essere una cena indimenticabile!

La moglie dell’Onorevole si era letteralmente ammalata d’Africa, dopo essere stata all’inaugurazione del ristorante. Conosceva bene il proprietario e l’aveva implorato che il cuoco la seguisse a Capri per una “indimenticabile cena africana”.

Il cuoco si chiamava Ngaliema. Taciturno e altissimo, veniva dalla Guinea. Quando il proprietario del ristorante lo cedette alla moglie dell’Onorevole, lui non ebbe nessuna reazione.

Qualche giorno prima della cena, il cuoco si recò di persona in tutti i mercati di Capri a cercare gli ingredienti. Nonostante gli sforzi, però, non riusciva a trovare l’occorrente per un piatto speciale. La moglie dell’Onorevole, irritata, gli aveva detto:

– Vai in Africa ma trova gli ingredienti!

E così spronato il cuoco riuscì a procurarsi tutto quello di cui aveva bisogno.

Qualche ora prima della cena, Ngaliema scese al porticciolo. Quando già la moglie dell’Onorevole cominciava ad agitarsi per la sua assenza, lo vide risalire con una cassa di legno e un grande sorriso. Ngaliema annunciò:

– Sono arrivati gli ingredienti.

E sparì in cucina.

Gli ospiti arrivarono puntuali alle otto di sera: uomini abbronzati accompagnati da donne scheletriche vestite da sera. Tra loro onorevoli, parlamentari, avvocati, personaggi dello spettacolo, perfino scrittori. L’Onorevole aveva l’abitudine di ospitare nella sua villa di Capri gli amici illustri, non badando a spese per cene originali e indimenticabili.

Mentre dava il benvenuto agli ospiti, la moglie dell’Onorevole con un cenno fece servire gli antipasti.
Il mare era diventato blu notte e sull’orizzonte un filo vermiglio teneva separato il cielo dall’acqua. I faraglioni viola sembravano sempre più vicini e minacciosi. I camerieri andavano avanti e indietro con i vassoi in equilibrio sopra una mano, colmi di assaggi: crocchette di pesce verdure alle spezie, tenere sfoglie di tef, fufu di manioca, pezzettini minuscoli di sakasaka, bocconcini di dongo-dongo. Uno sfarzo di prelibatezze sconosciute, tutte accuratamente preparate dal taciturno cuoco africano, Ngaliema.

Finiti gli antipasti, gli ospiti si accomodarono, ciascuno al proprio posto, assegnato dalla moglie dell’Onorevole con delicata armonia così che ognuno avesse accanto la persona ideale con cui conversare.
In cucina, il cuoco Ngaliema lavorava senza sosta: sistemava le portate nei piatti e controllava che tutto fosse perfetto prima che fossero servite.

In tavola si susseguirono portate a base di carne e pesce, tutte condite con spezie delicatissime e misteriose. Il palato degli ospiti fu stuzzicato da una miriadi di sapori insoliti. La moglie dell’Onorevole si gustava il successo con un sorriso soddisfatto.

Alcuni esultavano nel riconoscere i piatti: Zighinì! I più raffinati pronunciavano con eleganza: Poisson capitain! Tutti concordi esclamavano: Una cena indimenticabile!

La cena africana proseguì con le infinite salse e il vino più pregiato della riserva speciale dell’Onorevole. E poi ancora calici d’idromele, vino di palma, birra di miglio. Gli ospiti estasiati, la padrona di casa trionfante. A un tratto qualcuno levò il calice:

– Alla salute dell’Onorevole!

Ci fu un lungo applauso e i bicchieri tintinnarono. L’Onorevole stava per dire qualcosa ma venne interrotto dall’arrivo del cuoco. Ngaliema giunse dalla cucina con un’altra pietanza:

– Un piatto speciale della mia tribù, dall’Africa per l’Onorevole.

La voce di Ngaliema sembrava arrivare dal cuore dell’Africa. Il mare, immobile fino a quel momento, cominciò a frangersi contro i faraglioni e un vento più freddo fece tremare le candele che illuminavano il terrazzo. Il cuoco, con il vassoio colmo di costolette di carne, servì prima una porzione all’Onorevole e poi a ciascun commensale. Gli ospiti cominciarono a spolpare gli ossicini con le mani, sporcandosi la bocca di salsa. Ripresero tutti a conversare e il mare tornò silenzioso.

L’Onorevole gradì le costolette e se ne fece servire un’altra porzione e poi un’altra ancora. Solo la moglie non volle assaggiarle, colta da un’inspiegabile inquietudine.

La serata si concluse con un tripudio di dolci tipici africani che tutti gustarono seduti sulle gigantesche poltrone di vimini del terrazzo. Il cielo era diventato nero come l’inchiostro e le stelle cadevano riluttanti.
Una magnifica torta con sessanta candeline giunse, infine, sul terrazzo sospinta da quattro camerieri sopra un grosso carrello: sembrava una immensa nave da crociera che entra nel porto. Tra versi di ammirazione e sorpresa, l’Onorevole soffiò le sue sessanta candeline.

Il giorno dopo il cuoco africano Ngaliema mise tutti gli attrezzi in un piccolo bagaglio e andò sul terrazzo a congedarsi, pronto a tornarsene a Roma.

– Bene, – disse la moglie dell’Onorevole. – È stata una cena indimenticabile… a proposito qual è il nome di quella carne pregiata che ha servito a mio marito?

Bushmeat, – rispose Ngaliema. – pipistrello, antilope, scimmia e porcospino.

La moglie dell’onorevole rabbrividì e non strinse la mano che il cuoco le porgeva. Restò fredda come una statua a guardare Ngaliema scendere giù per le scale e avviarsi verso il porto, con il suo piccolo fagotto.

Della cena indimenticabile ne parlarono anche i giornali. Tre settimane dopo l’Onorevole, mentre era in Parlamento, venne colto da un improvviso malore. Il medico notò subito gli occhi rossi e dilatati, la pelle del collo e del torace ricoperta di chiazze porpora, il corpo scosso da brividi, i conati di vomito. Si informò se di recente avesse fatto un viaggio in Africa. Ricoverato allo Spallanzani, nel reparto malattie rare, l’Onorevole è il primo caso accertato d’ebola in Italia. A Roma. A Montecitorio.

* * *

giovanna iorioGiovanna Iorio vive e lavora a Roma. Ha tradotto poesia e narrativa, tra cui i romanzi La vergine nel giardino di Antonia Byatt (Einaudi 2001) e di Hugo Hamilton, Lo scoppiato (Cronopio). I suoi racconti sono pubblicati in diverse raccolte, tra cui 100 storie per quando è troppo tardi (Feltrinelli), Roma per Roma (Edizioni Progetto Cultura), Rosso da camera (Perrone Editore, 2012), 100 storie per quando è veramente troppo tardi (Feltrinelli). Alcune storie sono state pubblicate sul Corriere della Sera nel blog “Nel cuore di Roma”. Alcuni racconti sono andati in onda su RadioRai3 con la collaborazione e le musiche del Notturno Concertante. Scrive per Storiebrevi ed è redattore di Finzioni. Si occupa di “Romani”, un racconto al mese ambientato a Roma su Roma&Roma. Ha pubblicato alcune raccolte di poesia, le più recenti Una Venere nel Tevere (CFR 2013) Al cappero piace soffrire (Progetto Cultura). Ha un blog Amici di letture e di leggerezzahttp://amicidiletture.blogspot.it/

Facebooktwitterlinkedin