Ilaria Palomba
Nuova narrativa

L’inferno quotidiano

"Le Malebolge” di Alexandro Sabetti è una raccolta di racconti che mettono in luce gli aspetti diabolici delle nostre esistenze, dai broker ai centri sociali

Le Malebolge di Alexandro Sabetti, (Tempesta Editore, 2014, 171 pp.) è un libro dantesco sull’inferno contemporaneo. Nove racconti con personaggi pienamente attuali e verosimili, quali: manager, broker, ragazzi da centro sociale. Un testo politically scorrect dove attualità, insegnamenti di marketing, personaggi del mondo calcistico, fatti di cronaca, si fondono. Il libro è diviso in due parti, una suddivisione piuttosto particolare, dal momento che nella prima parte ci sono sette racconti, più o meno realistici poi c’è un intermezzo e poi un nono racconto che potrebbe tranquillamente essere un romanzo. Ed è il vero perno del libro, quello su cui l’intera struttura narrativa si regge, strutturalmente e contenutisticamente. Tutti i racconti, a partire da Fenomenologia di Recoba, sono pienamente postmoderni. Usano una semantica ottocentesca, partendo con una dissertazione. La voce narrante, in terza persona sempre, ha toni saggistici. Invece le voci dei personaggi sono realistiche, dunque scendono nel parlato ordinario. Figure di spicco, in parecchi racconti, sono manager, broker, agenti di borsa, descritti come una sorta di demoni contemporanei che vanno a comporre altrettanti gironi infernali, ma, nel loro essere demoni, sono a loro volta dannati e dunque incatenati dal loro stesso ruolo. Sono schiacciati e prigionieri dell’inferno capitalista di cui si illudono di essere i creatori. Si tratta di un libro politico. Una sorta di caleidoscopio in cui le vicende dei singoli personaggi compongono un’unica realtà dai toni distopici. Il realismo viene spesso superato da elementi surreali kafkiani, volti a evidenziare l’insignificanza dell’esistenza e delle azioni umane. In ogni racconto viene messa a nudo l’inutilità dell’essere umano e di ciò che ha creato: il sistema umanista, capitalista e antropocentrico, ormai alla deriva.

Le Malebolge di Alexandro SabettiNell’ultimo racconto, Astaroth, nome mutuato da un demone o principe dell’inferno, il protagonista, Lazlo, è un abilissimo broker che non riesce a dormire. Continua ininterrottamente a lavorare ed entra profondamente in crisi circa le previsioni di un’azione che la sua società dovrebbe comprare. Man mano si ammala. Viaggia su due piani. Da una parte, l’esperienza sua personale dell’assurdità che vive, la follia che si fa spazio tra insonnia e ossessione. Dall’altra parte c’è il piano cosmico che, in alcuni passaggi, ricorda i dialoghi tra Neo e Morfeo in Matrix, nella fattispecie quando il protagonista si reca da una maestro di meditazione, il quale parla con un linguaggio misterico e oracolare. «… Lazlo è soltanto un’apparenza, una parte dell’universo apparente. È una costellazione di desideri e di impulsi. Riflette l’ambiente che lo circonda. Ripete quanto gli insegnano. Imita il comportamento sociale della collettività in cui vive, tutto è condizionato da ciò che ha attorno, per quanto le sue azioni possano sembrare eccentriche e individuali. È una continua suggestione, cambia continuamente…». A un certo punto, il racconto vira in un orizzonte orrorifico e metafisico, tra il Dostoevskij di Sogno di un uomo ridicolo e il Poe del Corvo, viene proiettato in un universo altro in cui l’intera realtà si decompone dinanzi ai suoi occhi. Un po’ alla stregua di 2001 odissea nello spazio, fa un viaggio metafisico oltre la Terra, e ciò lo conduce a mettere in discussione il concetto stesso di realtà. Per poi scoprire che «la realtà che aveva abolito la realtà stessa non era matematica». Il concetto di possesso che aveva dominato l’intera sua esistenza perde dunque di valore e significato. Ma come il filosofo nel Mito della Caverna di Platone sarà condannato all’impossibilità di comunicare ai suoi simili ciò che ha visto ed esperito, così il protagonista di questo racconto, avvicinatosi alla verità più pura, sarà condannato al non ritorno.

Citazioni cinematografiche da Pi greco ad Apri gli occhi, da Matrix a Final Fantasy, filosofie orientali, nozioni di economia politica, personaggi del mondo dello spettacolo, attualità e storia si miscelano qui in un’immagine di realtà umana prossima al collasso, e di intangibilità e perfezione invece di quell’altra realtà che si cela dietro il velo di Maya. Là dove i desideri e bisogni del singolo, e persino di una comunità, sono completamente ininfluenti.

Da un lato c’è la contestazione del capitalismo, dall’altro vi è, da parte dell’autore, una tale immedesimazione nei personaggi da portare il lettore a schierarsi con questi mostri. Gli altri racconti della raccolta seguono lo stile alto e ottocentesco, a metà strada tra il realismo e il surrealismo, e hanno però toni più ironici. Uno dei più riusciti è certamente Kafka, una rivisitazione contemporanea del Processo di Kafka. In cui un uomo viene convocato per un colloquio di lavoro e non riuscirà mai a comprendere di cosa si tratti. Si può solo ipotizzarne il significato, anche qui in senso politico, un po’ alla Palahniuk: «le cose che possiedi ti possiedono». Al posto di aver prestato il corpo per un mestiere, il protagonista ha venduto l’anima al diavolo, che è poi un po’ la metafora di ogni forma di lavoro, a maggior ragione se si tratta di grosse aziende, impieghi di alta responsabilità, in cui il reale viene ridefinito sulla base di un nuovo linguaggio. È il linguaggio che genera la realtà e, nello stesso istante in cui usiamo per esempio il termine «capitale umano», stiamo sottraendo umanità a quello stesso umano, relegandolo al rango di merce o peggio, di potenzialità finanziaria.

In sostanza Le Malebolge è un libro che induce al dubbio e al superamento delle vecchie concezioni politiche in funzione, forse, di una visione più ampia, in cui l’umano e le sue certezze vengono spodestate dall’immensità di tutto ciò che eccede la logica, la matematica, l’economia, la politica, ovvero gli strumenti di cui si è fatto scudo per tutta la modernità.

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