Nicola Fano e Filippo Spaini
Una città di gru e di polvere

L’Aquila, 8.6.2014

Un giorno a L’Aquila, dove solo adesso, dopo cinque anni, si è capito che il progetto di costruire una new town era scellerato. E sono iniziati davvero i lavori per recuperare il vecchio centro

L’Aquila, sabato otto giugno 2014. Un giorno come un altro, cinque anni dopo. Il fallimento italiano si può vedere chiaro, da qui. Il cuore storico dell’Aquila è un cantiere: l’odore più intenso è quello della polvere di calce e cemento. Quell’odore di intonaco fresco grattato che avete sentito tutti, entrando in una casa appena ristrutturata. Il guaio è che L’Aquila solo adesso ha cominciato ad essere ristrutturata.

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Ci sono voluti cinque anni per capire che lo spettacolino della coppia Berlusconi/Bertolaso è stato un fallimento. Un fallimento drammatico, qui: la pretesa di abbandonare la vecchia città per costruirne una nuova lontano dal centro storico distrutto è stato solo un gioco di prestigio condotto con terribile cinismo da un premier ex palazzinaro e da un suo yesman che nascondeva grandi affari (truccati? Chi lo sa…) dentro ai suoi cappellini da patito delle parate militari.

 

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E adesso il gioco di società del palazzinaro e del suo yesman è una città fatta di gru e di polvere, con il Corso in ristrutturazione ma con tutti gli angoli più nascosti della città abbandonati a se stessi e ai ponteggi. Perché non tutti hanno soldi per recuperare il proprio diritto a vivere nel cuore dell’Aquila. I più hanno accettato l’elemosina del palazzinaro e del suo yesman che hanno promesso catapecchie gelide d’inverno e bollenti d’estate. Inutili, senza identità, lontano da tutto, ma sempre a favore di telecamera.

 

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Pare che L’Aquila, il centro della città, viva solo il sabato e la domenica, quando gli aquilani tornano in centro a cercare di riappropriarsi dei loro angoli e della loro luce. Pare che per il resto della settimana il cuore della città sia un covo di polvere tanto è difficile pur passare per le strade…

 

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Ecco il fallimento italiano: una gru permanente e tardiva. Che forse nasconde la solita, immarcescibile corruzione, quella dell’uomo che dopo la notte tragica dell’aprile del 2009 rise. Rise ma non sapeva, lui, che l’Italia stava fallendo e c’erano solo da spartirsi le rovine.

Le foto sono di Filippo Spaini

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