Danilo Maestosi
Una mostra da non perdere a Roma

Taccuini d’artista

La galleria “Arti e pensieri“ espone i disegni, gli improvvisi e i paesaggi di un grande architetto: Franco Purini. Sono opere spontanee e quasi casuali di un visionario molto razionale

Anche l’architettura, arte della razionalità e del pensiero, si nutre d’inconscio. Ce ne offre intrigante testimonianza una mostra in scena fino all’8 maggio nella galleria “Arti e pensieri” di via Ostilia 3 a Roma, a due passi dal Colosseo, che chiama in passerella un architetto di rango come Franco Purini: 73 anni, ciociaro trapiantato a Roma, cattedra a valle Giulia, saggista e teorico di statura internazionale, autore, tra i tanti progetti, del più alto grattacielo di Roma, 150 metri di vetrate e cemento, quasi ultimato ai bordi dell’Eur. Presentando e svelando però un versante parallelo e meno noto al pubblico della sua creatività: il disegno.

purini2A dar corpo a questa personale sette paesaggi in bianco e nero realizzati nell’ultimo: ricami di segni ad inchiostro di china su grandi cartoni. E una bacheca che espone sotto vetro una spettacolare raccolta di piccole, coloratissime immagini: sono i fogli dei taccuini di schizzi che per mesi, a partire dal 2013, Franco Purini ha buttato giù o matita e pennarello durante seminari, assemblee, convegni e poi completati a casa con patinature di colore. Una sorta di diario di bordo di pensieri, chiose e divagazioni scritto in automatico, alla maniera dei surrealisti, seguendo chissà quali flussi di associazioni: serpentine, labirinti, scacchiere di segni, segmenti decorativi, spaccati di esterni, facciate, alternati in ogni taccuino ad altri fogli con su citazioni, appunti, indirizzi telefonici, rapidi schizzi dal vero di chiese e monumenti romani, dettagli architettonici in gestazione.

Un prologo che ci spiega come architettura e disegno, geometria e fantasia, siano per Franco Purini facce di un’unica forte vocazione visionaria. «Di un piacere, comune alla mia professione di architetto, per l’invenzione e la disciplina, liberato qui dalla necessità di tradursi in progetto, ma comunque vincolato ai codici espressivi d’un altro linguaggio», spiega l’autore.

purini5Il rigore dell’impianto è il tratto distintivo e a suo modo rasserenante di questi sette paesaggi, scanditi come in una partitura musicale da tre fasce parallele. La prima è popolata da un basamento di architetture, reticoli di tubolari, piramidi, labirinti di fondamenta chissà quali palazzi crollati o in costruzione, schegge di solidi. La seconda è riservata ad un fondale di colline e rilievi, di rocce, di verde e di nebbie. La terza fascia è occupata da un cielo scuro solcato da nuvole nero e attraversato da apparizioni: un quadrato luccicante come uno schermo televisivo, una fascina di segni, interi o spezzati come in un responso dei King, una casella, una spirale che ricorda la voluta di una conchiglia, spunti visivi pescati dal cilindro magico dei taccuini degli appunti in bacheca. Il risultato finale è invece inquietante. un delirio di dubbi: non sai se sei precipitato in un passato di ambizioni decomposte o in un futuro ingovernabile di allucinazioni, se l’uomo, cancellato ma evocato da questi paesaggi, è un narciso già sprofondato nel pozzo o un alieno che deve ancora approdarci.

La galleria che ospita la mostra è un richiamo in più. È un piccolo spazio fondato da un pittore-poeta Bruno Aller e da un gruppo di altri artisti, gestito, a differenza di altre gallerie commerciali, come un trampolino di resistenza creativa in tempi di crisi. A consentirgli la sopravvivenza è la creazione di un club che si batte per l’arte in estinzione dell’incisione. Trenta soci fondatori che con un euro al giorno alimentano la produzione di tre cartelle numerate d’incisioni all’anno, affidate a grandi maestri della tecnica a stampa. Non si dividono proventi: a ripagarli è solo una copia di tutte le edizioni pubblicate. Con le altre entrate tengono aperta la galleria e finanziano altri progetti.

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