Lorena Piras
Una piccola sala al Tuscolano

Le faremo sapere

Michele Vargiu e Giulio Federico Janni portano a Roma uno spettacolo sulla precarietà, «Delirium vitae». Perché solo nei sogni la vita è "attesa"...

«L’attesa è il risultato, il retroscena /di questa nostra vita troppo piena /è un andar via di cose dove al loro posto c’è rimasto il vuoto». Così, il signor G, sull’attesa, “Curiosità dell’anima”, desiderio che si nutre di speranza. Ed è proprio l’attesa la protagonista intangibile, sfuggente, informe ma presente dello spettacolo che Michele Vargiu e Giulio Federico Janni porteranno in scena dal 4 al 6 aprile al teatro Kopò a Roma, un piccolo spazio (50 spettatori per sera) nel cuore del quartiere Tuscolano. Si intitola Delirium vitae, sottotitolo esplicativo: «La repubblica del “Le faremo sapere»

Il jingle della “Hora et labora” accompagna subito nell’agenzia interinale che fa da sfondo all’intera piéce, guidando lo spettatore in un mondo di promesse, illusioni,  sogni a occhi aperti che sfumano come si cercasse di raggiungere un pallone nell’acqua, a ogni bracciata, a ogni sforzo, a ogni curriculum consegnato, sempre più lontano. Due uomini e tre sedie, nel minimalismo della scena. Uno, giovane, idealista, che deve “costruire”. L’altro, una generazione più in là, tra ricordi, amarezze e disillusione, “ricostruisce” la propria esistenza, tra improbabili chiamate come servizio d’ordine per divi e divini della tv e serate da cameriere alle feste Rotary. E un figlio, un figlio a cui spiegare chi sono gli eroi, quelli veri, quelli che ce la fanno, quelli che vanno avanti nonostante tutto, come suo nonno, una vita in fabbrica a lucidare mobili e poi, trasferita la produzione in Cina, un’esistenza, un’altra ancora, da reinventare.

Tra annunci che si rincorrono e i numeri del tagliacode che vanno via insieme con i dialoghi veloci, la mimica, gli scambi di battute e le visioni dei due uomini scendono dal palco per mescolarsi a quelle del pubblico, spettatore sì, ma della propria quotidiana realtà.

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