Erminia Pellecchia
Andar per mostre

Madre Terra Napoli

Ellen G. all'Archeobar-Caffè, gli Afterall alla galleria Dino Morra, “Under Natura” all’Aica: la città racconta i propri sogni e i propri incubi attraverso l'arte

«La città è una stupenda emozione dell’uomo… il riflesso di tante storie», scrive Renzo Piano. E non c’è nessuna città più di Napoli capace di raccontarsi e raccontare. Sarà per la memoria antica che affiora ad ogni passo e che si fa sentire forte anche negli angoli degradati o alterati dalla modernità, sarà per i fantasmi del passato che convivono con gli abitanti alla luce del sole in un dialogo segreto percepibile solo da poeti e artisti. Ed ecco che, come un dejà vu, vergini e madonne, eroi, artisti, cavalieri, animali leggendari affiorano nei papier collé di Ellen G. in una dimensione di tempo sospeso. È una narrazione-rivelazione quella che si materializza sulle pareti dell’Archeobar-Caffè letterario di via Mezzocannone, dove le «Arcane primavere» della giovanissima artista napoletana rievocano atmosfere remote e misteriose nelle quali bellezza, stupore e meraviglia «infondono del proprio anelito ogni presenza». Lo sottolinea Gianluca Pirozzi nel bel testo che accompagna questa piccola, visionaria personale (fino al 18 aprile) in cui suggestioni culturali, associazioni emotive, reminiscenze artistiche si combinano e si contaminano di possibili e inaspettati significati. Fiori del passato e germogli del futuro, memorie nascoste tirate fuori dal serbatoio della mente nel desiderio di sondare nuovi percorsi espressivi.

Afterall, Accaduto, 2012. Still da videoLa memoria come costruzione del nuovo ricorre anche nella videoinstallazione Paesaggi involontari degli Afterall, alias i fratelli Silvia ed Enzo Esposito in movimento nomade tra Napoli e Città del Messico, giovani dall’avvenire luminoso già tracciato dalle presenze al Madre, alla Fondazione Fabbri di Treviso, al castello di Rivalta di Torino e all’ambasciata italiana di Bruxelles. Per la galleria Dino Morra si presentano in un DuediDuediDue (fino al 22 aprile) in una partita tutta giocata a casa, col più anziano Eugenio Giliberti, il cui esordio, nel 1985, quale leader di un gruppo di pittori radicali, è stato battezzato da Achille Bonito Oliva nel progetto Evacuare Napoli. In campo, nel curioso format messo in scena nello spazio di vico Belledonne a Chiaia, anche due curatrici, Chiara Pirozzi e Alessandra Troncone, e la gemellata Giacomo Guidi Arte Contemporanea di Roma. Il lavoro degli Afterall è frutto di un processo molteplice posto in essere da un atto performativo clandestino, tradotto in video e riproposto attraverso l’uso di intersezioni di piani in vetro. Tutto nasce dal percorso fatto con i ragazzi delle scuole di tre quartieri napoletani, ai quali è stato chiesto di «donare un’esperienza». I racconti registrati in tracce audio sono stati divulgati sull’isola di Procida utilizzando l’automobile che con i suoi altoparlanti diffonde comunicazioni di servizio alla cittadinanza. Il risultato è il video Accaduto, un paesaggio emozionato collettivo, che ora viene restituito come ulteriore transito di comunicazione dell’esperienza donata. Riflessione sulla pratica artistica e suoi possibili risvolti sociali: è questo, in fondo, il fil rouge che lega gli Afterall a Giliberti, “contadino” oggi, nella Valle Caudina, di un Orto civile di prossima realizzazione, e “sindaco” di Selve del Balzo, la comunità produttiva da lui fondata che lavora il legname ricavato dai boschi del circondario e, all’occorrenza, lo coadiuva nelle sue opere. Il suo studio-masseria di Rotondi è circondato da alberi di “annurche” con cui l’artista ha instaurato un silenzioso rapporto. Il Data base che presenta da Morra è una catalogazione in forma grafica di quei meli, analizzati e riprodotti fino a coglierne le forme e le più intime essenze.

natura naturans 2012 polittico tecniche miste su tela su alluminio cm 125x246È un monito a non alterare il nostro ecosistema. Che trova eco nella mostra Under Natura fino al 3 maggio all’AICA Andrea Ingenito Contemporary Art di via Cappella Vecchia. Quattro artisti si confrontano sul tema della Madre Terra su invito del curatore Andrea Ingenito. Provenienza, età, linguaggi diversi, un solo intento: esaltare la bellezza e denunciare chi la profana. Ad accogliere i visitatori gli evergreen Tappeti natura del torinese Piero Gilardi, classe 1942, militanza al debutto nella Post-Post Art. Realizzati in poliuretano espanso e ingabbiati in teche di plexiglss, riproducono, in maniera più reale della realtà stessa, rigogliosi, sgargianti frammenti di fiori e ortaggi che ingannano i sensi, tanto da far venire la voglia di annusarli e mangiarli: la natura “morta” può essere solo ammirata in vitro. In questo mondo artificiale possono vivere solo gli insetti alieni di Angelo Maisto, classe 1977, formazione Accademia di Belle Arti di Napoli, per la prima volta in mostra nella sua città. Follie visionarie, nell’ibridazione di pittura e scultura, le sue costruzioni zoomorfe assumono, però, una veste ludica, mimetizzandosi con relitti della propria identità partenopea come galleggianti da pesca o cornetti-talismani.

Ma se l’uomo tenta di mutilare la natura, la Grande Madre reagisce annientando l’uomo. È il messaggio apocalittico di Suzanne Moxhay, giovane ma già affermata artista londinese. Le sue foto-pitture, manipolate da vecchie immagini di brochure turistiche o di locandine da film, l’umanità è azzerata, sopravvive solo in tracce evanescenti. Resta il ricordo. Da cui ripartire. È un’omaggio alla dea Mnemosyne quello che fa Luigi Pagano, scafatese, il cui fare arte si abbevera alla millenaria cultura contadina dell’Agro nocerino-sarnese. Il suo polittico, Natura naturans, di ritorno da Monaco di Baviera, è sicuramente quello di maggiore impatto visivo di questa collettiva d’autore che forse avrebbe meritato ambienti allestitivi più ampi. Nei ventiquattro pannelli che compongono la tela, forme indefinite dai colori marmorei ritraggono una natura senza tempo, né spazio. Ma basta immergersi in quei paesaggi onirici, in quel mix di materie oleose e crete colorate strofinate con le mani, per entrare nel processo alchemico di un artista che scava nel profondo fino a far emergere, nella sua, nella nostra coscienza, luoghi della memoria ed emozioni mai sopite.

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