Gianni Cerasuolo
Allarme per la corsa all’oro geotermico

Il Brunello a vapore

In Val d'Orcia, a due passi da viti e uliveti prestigiosi e celebrati, si vuole piazzare una centrale geotermica con esiti incerti per la salute degli abitanti e la tutela dei prodotti. E scatta la mobilitazione generale...

Vogliono piazzare una centrale geotermica in Val d’Orcia, a due passi dalle viti del Brunello, a quattro dagli ulivi dell’Olivastra Seggianese, olio buonissimo. La vogliono sistemare in mezzo a colline verdi e marroni, così tranquille e ordinate che ti danno pace. Dovrebbero farla a Montenero d’Orcia, un cocuzzoletto di case che guarda il massiccio dell’Amiata. Un delitto. Come ammazzare un povero Cristo che non ti ha fatto nulla, il Cristo dell’Amiata, quel visionario di Davide Lazzaretti che a metà dell’Ottocento predicava da queste parti la sua utopia cristiana e socialista. Attorno a Montenero sorgono coltivazioni straordinarie che scendono verso la Maremma, piccoli e grandi fazzoletti di terra che danno lavoro a molti, prodotti conosciuti in tutto il mondo, apprezzati e acquistati. Soldi che permettono di respirare. I giapponesi fanno la fila da Banfi, al castello che sorge sulla via per Montalcino. I tedeschi e gli inglesi hanno preso case e casali. Non c’è solo il Chiantishire. Siamo sul versante grossetano del fiume Orcia, meno celebrato della parte senese, quello delle Crete. Da un lato Montenero – che è una frazione di Castel del Piano – Montalcino, Cinigiano, dall’altra parte la montagna incantata come Padre Balducci – che era di Santa Fiora – chiamava l’Amiata: «Ho l’impressione di accarezzare uno scrigno dove si conservano memorie millenarie». E attorno al gigante morbido come un peluche per via di quelle distese infinite di castagni, faggi e abeti, tanti piccoli comuni come Abbadia San Salvatore, Piancastagnaio, Arcidosso, Seggiano, Santa Fiora, divisi dalle scartoffie tra Grosseto e Siena.

I fatti: l’attività geotermoelettrica è stata liberalizzata da un decreto legge del 2010 (Berlusconi IV regnante ma anche qui il Pd gli ha dato una bella mano). Tutti chiedono alla Regione Toscana permessi per fare ricerche sul territorio, di bucare e vedere quanto calore e vapore ci sono nelle viscere della terra. L’affare fa gola: per chi investe non ci sono rischi, anzi sono previsti incentivi statali di 200 euro per Mwh, 7 milioni di euro per 25 anni. Leggo sul Tirreno che a metà 2013 la Regione aveva detto sì a 38 progetti sparpagliati tra le province di Grosseto, Siena e Pisa per un totale di 3mila kmq. È una corsa all’oro geotermico. I pasdaran dell’ambiente accusano: è una deregulation, avallata dalla Regione Toscana governata da Enrico Rossi, bersaniano ora accerchiato dagli uomini di Renzi. Questa storia è scritta anche dalle diverse anime del Pd, ormai in stato confusionale e apatico verso la sua stessa gente (ma la gente chiede ancora qualcosa?). Ed è tracciata anche, questa vicenda, dalle lobbies che fiutano il business. Adesso con i fatti di Ucraina e una probabile crisi energetica, c’è già chi si mostra contento pensando al futuro e agli investimenti. Il problema invece è serissimo, forse andrebbe spogliato da ideologie e ignoranza, servirebbe trasparenza, merce rara in questo Paese.

In realtà la corsa all’oro cominciò già a metà degli anni Duemila dopo un accordo con la Regione. I Comuni però alzarono la voce e dissero alt, basta bucare le nostre colline e la nostra montagna (qualche sindaco nel frattempo è cambiato o ha cambiato idea). La cosa è andata avanti comunque e all’interno del Grande Progetto c’è un Mini Progetto, un piano pilota, che interessa anche Montenero. A presentarlo è la multinazionale portoghese Gesto, che ha la sua brava filiale italiana. Ha già acquistato terreni per procedere alle perforazioni, una manciata di proprietari di terreni ha detto ok, accomodatevi. La Gesto vuole fare, se avrà tutti i semafori verdi che per adesso sono spenti (serve il benestare anche del ministero dell’Ambiente), una piccola centrale, una di quelle cosiddette di nuova generazione, più sicure e, pare, meno inquinanti. Si chiamano centrali a ciclo binario, in pratica il vapore non va fuori, rientra nel terreno in profondità ma non si sa con quali conseguenze. Per le falde ad esempio.

L’allarme è scattato ed è al massimo. La gente è incazzata anche con i sindaci perché – rimproverano – non hanno informato, sono stati zitti, pur sapendo tutto quanto. E i primi a protestare sono i proprietari delle aziende agricole, i produttori di vino e di olio: da queste parti è una Babele di Doc, Dop, Igt, Igp, uno scioglilingua da far venire il mal di testa, roba cara a Slow Food e a Carlin Petrini. È merce di grande qualità quando la vai ad assaporare, a volte la paghi cara a volte no. Non ci sono solo i Banfi e i Bertarelli con i vini di Colle Massari. Il tessuto è fatto da tanti piccoli produttori di vino e di olio che fanno bottiglie da andare davanti ai re e che sono inviperiti per la storia di Montenero. Tutti conoscono il Brunello. Allora, per chi non lo sapesse, qui c’è un altro vino, parente umile dell’altro, che con gli anni si è ingentilito e si è fatto conoscere: è il Montecucco, un rosso di Sangiovese, robusto, da bere sulla carne e sui formaggi, sul pecorino ad esempio. I sindaci a cominciare da quello di Castel del Piano, Claudio Franci, sono corsi ai ripari: hanno detto in coro che non vogliono altri insediamenti geotermici. Ma l’opinione pubblica è scettica. E compaiono scritte sui muri: NO geotermia. Viene da pensare alla Val d’Orcia come alla Val Susa: NO geotermia, NO Tav.

Perché poi l’Amiata è già una groviera. C’è un impianto a Bagnore e tre a Piancastagnaio (località che guarda Acquapendente e la Cassia: tra l’alto Lazio e l’Umbria c’è anche la centrale di Castel Giorgio, vicina al campletamento). Sono siti da 20 megawatt ciascuno, marchiati Enel. Ma si sta allestendo un’altra struttura chiamata Bagnore 4, 40 megawatt, appena ritardata da un cavillo burocratico. La geotermia, dicono i detrattori, non è poi questa forma gentile, innocua e alternativa di energia. Perlomeno, non è sempre così. E non è rinnovabile, molti pozzi sono in via di esaurimento. Qualche danno lo fa. Certo scatena una guerra di religione tra favorevoli e contrari, e la centrale di Montenero attizza le polemiche come ai tempi del nucleare. Sul Corriere fiorentino.it si leggono commenti di questo tenore: «Così gli sceicchi si fregano le mani, sprechiamo occasioni di energia alternativa a disposizione…». Un altro ribatte: «Chiunque mastichi un po’ di geotermia, sa che le procedure di “reiniezione” non si sono rivelate per niente sicure». Si portano esempi di scosse di terremoto in altre parti del pianeta.

C’è uno studio inquietante: SOS geotermia, un bel po’ di gente battagliera e attaccata a questa terra, e Medicina Democratica forniscono dati su cui riflettere. Uno studio epidemiologico fatto dalla stessa Regione Toscana attraverso l’Agenzia Regionale di Sanità dice che nell’area dell’Amiata «…negli uomini la mortalità generale osservata nell’intera area geotermica mostra un eccesso significativo rispetto sia al riferimento locale sia a quello regionale…»: questo eccesso è del 13%. Ci si ammala e si muore di cancro più che altrove. L’Enel contesta duramente e dice che in realtà le morti calano. Un fenomeno, chiosarono gli studiosi, dovuto agli “stili di vita”. Come dire che sull’Amiata ci si ammala perché si mangia troppo e si beve a garganella. Poi una parziale marcia indietro: bisogna indagare ancora, capire. Se ne parlerà molto anche oggi, il 5 di marzo, nella giornata di mobilitazione contro la geotermia. Ma i contrari all’espandersi di questa pratica sono certi: l’Amiata è il sito geotermico più sporco al mondo. In sintesi: c’è anidride carbonica manco ci fosse una centrale al carbone, si spargono nell’aria centinaia di chili di ammoniaca, per non parlare della puzza di uova marce, l’anidride solforosa. «E le sorgenti dell’acqua vicino a Bagnore 3 hanno un tasso di arsenico molto alto».

Giorgio Franci, uno dei principali produttori d’olio della zona, esportazioni in 34 paesi, convinto sostenitore del “no” alla nuova centrale, ripete come un mantra: «Abbiamo già dato, la Val d’Orcia è un patrimonio dell’umanità, è una delle zone più fotografate al mondo per il suo paesaggio e per la sua bellezza. C’è un agricoltura di qualità. Perché distruggere tutto questo? Ammesso che esca fuori roba pulita e non inquinante dalla centrale, vogliamo mettere tra queste colline tubi e sbuffi che allontanerebbero turisti e investimenti?». Già.

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