Filippo La Porta
Tra cinema e letteratura

La commedia globale

Rapidità, leggerezza, esattezza, visibilità, molteplicità: ecco gli elementi che rendono "Smetto quando voglio" un prodotto perfettamente italiano e pienamente in linea con le leggi del mercato internazionale. Seguendo la lezione di Calvino...

In un film italiano in circolazione – Smetto quando voglio, di Sydney Sibilia – c’è una istantanea della crisi più fulminante di tanti libri di sociologia. Quando il proprietario di un’autodemolizione chiede a un giovane in cerca di impiego alcune informazioni su esperienze precedenti, lui risponde: «Beh, ho avuto un’aspra diatriba legale…». Da una frase così forbita capisce – ahinoi – che è laureato e dunque lo manda subito via (varie aziende tendono a non assumere laureati, che costano di più e hanno più pretese: non è un paese per laureati!). Smetto quando voglio racconta il presente senza moralismi (ai quali un po’ indulge Virzì) e ci fa ridere senza incanaglirci. È uno dei pochi prodotti culturali che risponde a un requisito di verosimiglianza internazionale (imposto dalla fiction americana, per ragioni non solo imperialistiche ma perché capace di aderire in modo straordinario alla nostra epoca), e che ci permette di sfuggire a quello che Daniele Balicco chiama l’«inverosimile osceno» di molta commedia all’italiana recente.

Che significa? Significa saper reinterpretare un affascinante modello di racconto – appunto quello di serie televisive americane di eccellente fattura come Breaking bad (cui il film si ispira) o Homeland – mescolandolo al comico-farsesco e al grottesco propri della nostra tradizione. E offrendoci una realistica (verosimile), divertita rappresentazione dei disoccupati intellettuali, in questo caso giovani ricercatori universitari fuori dal mondo della ricerca a causa della Gelmini e “costretti” a delinquere. Insomma la rifondazione di un genere “classico” della nostra cinematografia, mostrando però di saper padroneggiare la sintassi narrativa della fiction migliore oggi in voga, e dunque di essere competitivi sul mercato globale. In cosa consiste questa sintassi narrativa, questo modo di raccontare la realtà oggi dominante (con il quale comunque è necessario fare i conti)? Provo a dirlo sinteticamente. Basta ripassare i titoli delle Lezioni americane di Calvino per il prossimo millennio, un libro che all’epoca non mi entusiasmò ma che ha avuto una capacità di lettura profetica nei confronti della mutazione della realtà. Dunque: rapidità (ritmo del montaggio, immagini che scorrono velocissime), leggerezza (il tragico ritratto sempre con un po’ di umorismo), esattezza (iper-realismo dei dettagli, anche splatter), visibilità (grandi spazi spettacolari, riprese dall’alto, una dimensione di libertà), molteplicità (simultaneità delle azioni).

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