Elisa Campana
Lettera da Londra

Il monoglotta inglese

In Gran Bretagna lo studio delle lingue straniere è crollato: solo un adulto su quattro parla un altro idioma. E non si trova più chi possa fare dei lavori da poliglotta

Italiano, francese, spagnolo, cinese? No, grazie. L’inglese è parlato come lingua materna da circa 375 milioni di persone nel mondo. È la moderna lingua franca, la lingua dell’economia, della tecnologia, del potere che fa muovere questo mondo. Oggi tutti sappiamo quanto sia essenziale la conoscenza di questa lingua e non solo per ottenere un qualsiasi straccio di lavoro, ma anche perché a livello culturale e sociale rimane spesso l’unica forma di comunicazione tra i diversi emisferi del mondo.

E allora perché un inglese dovrebbe prendersi il disturbo di imparare un’altra lingua? Questo è proprio ciò che i britannici si sono chiesti, partendo dal presupposto che era un incalcolabile spreco di tempo, denaro ed energia: «Tanto tutti nel mondo devono parlare la mia lingua» suonava come una rassicurante filastrocca nella testa di molti. Appunto, italiano, francese, spagnolo, cinese? No grazie. Con il risultato che negli anni, il numero di adolescenti che scelgono di studiare una lingua straniera è drasticamente crollato, i dipartimenti di lingue nelle università hanno cominciato a chiudere per mancanza di iscritti, e che, di conseguenza, ad oggi tre quarti degli adulti britannici non sono in grado di avere una conversazione elementare in un’altra lingua che non sia la propria.

Fin qui, a parte l’incolmabile perdita di arricchimento culturale e personale che lo studio di una lingua apporta alla nostra apertura mentale, molti scettici potrebbero pensare che il problema non sussiste. E invece il problema c’è, eccome se c’è. Da un recente sondaggio è emerso che molti posti di lavoro restano vacanti per l’impossibilità di trovare, nel 17 percento dei casi, persone dotate di conoscenze linguistiche adeguate. E mentre gli inglesi si facevano belli del fatto che tutti dovessero saper parlare la loro lingua, gli altri, nel mondo, non solo imparavano l’inglese, che si andava ad aggiungere alla lingua materna, ma anche tante altre. Larry Lamb, noto attore e appassionato di lingue, intervistato da The Guardian qualche tempo fa, ha fatto notare che, mentre il resto del mondo potrà recarsi in Inghilterra alla ricerca di lavoro grazie alle conoscenza dell’inglese, gli inglesi saranno destinati a rimanere dove sono, e a causa dell’accanita concorrenza vedranno ridursi opportunità e posti di impiego. Perché un datore di lavoro dovrebbe assumere un monoglotta, laddove ci sono poliglotti con le stesse competenze e capacità?

Un esempio è infatti il mondo della moda, dove certo la conoscenza dell’inglese aiuta, ma non è sufficiente: l’italiano e il francese sono sicuramente armi vincenti per instaurare contatti e trovare potenziali nuovi clienti. Così come sono utili il giapponese, il cinese e il russo per tutte quelle aziende che puntano ad espandersi oltre Manica. Insomma, il messaggio sembra abbastanza chiaro: in un mondo così globale nonché globalizzato questa imperante politica del “tanto-tutti-parlano-inglese”, sembra si stia rivelando un bell’effetto boomerang.

Si sentono sinistri scricchiolii e sono in molti a preoccuparsi: il benessere economico e politico della Gran Bretagna, nonché la sua influenza a livello planetario potrebbero essere seriamente a rischio nel prossimo futuro. Italiano, francese, spagnolo, cinese? Yes, of course! Il mondo ormai è dei poliglotti.

Facebooktwitterlinkedin