Valentina Mezzacappa
Cinema senza frontiere

Gli adulti bambini

I film per bambini sempre più spesso si rivolgono (quasi esclusivamente?) ai loro genitori: storie fanciullesche piene di implicazioni e complicazioni. Gli esempi? Shrek, Toy Story, Hotel Transylvania... Ridateci le favole!

Cosa è successo all’industria cinematografica infantile? Cosa ne è della crudeltà, della violenza, dei messaggi velatamente classisti di quella letteratura ultracentenaria che aveva fornito le basi a quello che sarebbe stato il futuro impero Disney e non solo? I primi segni di quel cambiamento culturale (ma abbiamo il forte dubbio che anche le leggi del marketing abbiano giocato un ruolo decisivo) di cui abbiamo un distinto ricordo risalgono a quell’estate quando venne distribuito in Italia uno dei tanti sequel della franchise Shrek.

shrekIn esso il nostro amato orco faticava ad abituarsi alla vita di famiglia, avendo la sua compagna Fiona sfornato una cucciolata di pestiferi piccoli orchi che ne combinavano di ogni e soprattutto lo derubavano del suo prezioso sonno proprio come accade nella vita reale. Uscendo dal cinema la domanda sorse più che spontanea: «Ma un bambino che cosa ne sa di queste cose? Come può trovare divertente un film che si basa su simili tematiche?». A dirla proprio tutta, il film non l’avevamo trovato particolarmente divertente nemmeno noi adulti benché avessimo gli strumenti necessari per comprendere i travagli interiori e non del povero orco.

toy storyShrek è solo uno dei tanti esempi di quella che oramai sembra essere diventata una linea editoriale a tutti gli effetti. Da qualche anno si assiste all’inserimento all’interno dei film d’animazione per bambini di elementi che sono comprensibili solo ai genitori che li hanno accompagnati al cinema o che si trovano a guardare con loro ad libitum i DVD a casa. Prendiamo l’altrettanto amata serie di Toy Story. Qui si abbonda di riferimenti e citazioni, inserite (ci viene da pensare) ad hoc per il piacere di un pubblico adulto. Si pensi alle dinamiche romantiche fra il cow boy Woody doppiato da Tom Hanks con la graziosa pastorella Bo Beep o quelle tra lo space ranger Buzz e la cowgirl Jessie. In quest’ultimo caso, il ranger risorge da un resettaggio in modalità spagnola, acquisendo così tutte le qualità di un perfetto latin lover. Succosissima è anche la citazione che riguarda Guerre Stellari quando il malvagio Zurg, nemesi di Buzz, rivela a quest’ultimo di essere niente meno che il padre. A volerla dire proprio tutta non ci sta molto simpatico il personaggio della madre di Andy che esilia o ricicla i giochi rotti invece di ripararli e lascia in macchina senza alcuna supervisione la piccola Molly di appena due anni. La seconda puntata della franchise addirittura basa il suo intero impianto narrativo sulle malefatte di un avido collezionista di giocattoli, una realtà questa del tutto sconosciuta a quello che dovrebbe essere il vero target del film, e uno dei suoi nuovi personaggi, il bambolotto di nome Stinky Pete, durante i titoli di coda fa addirittura il cascamorto con una coppia di avvenenti Barbie quando pensa di non essere inquadrato.

Da questo punto di vista, lascia perplessi pure uno dei successi della passata stagione, Monsters University sequel di Monster & Co. Qui i nostri beniamini, il peloso Sullivan e il monocolo Mike tornano indietro nel tempo quando si conobbero per la prima volta all’università. Il film è ambientato nel mondo goliardico e spietato delle confraternite all’interno delle quali la vita è scandita da scherzi, gare assurde e discriminazioni di ogni tipo. I genitori di oggi che sono cresciuti con le pellicole John Hughes e altri, anche se di nazionalità italiana, hanno nel loro immaginario gli strumenti necessari per ridere delle imprese dei nostri mostruosi eroi, ma i bambini?

E i dubbi di certo non si esauriscono qui se si prendono in considerazione le paranoie e i complessi di Gru, il personaggio principale di Cattivissimo Me 2, il quale dopo un trauma risalente alla gioventù si rimette in gioco e tenta di trovare una madre per le sue tre bambine con l’ausilio di un improbabile toupet.

Ma forse l’operazione che lascia più sgomenti è quella di Hotel Transylvania, il cui protagonista, il Conte Dracula, è un padre vedovo ossessionato dall’idea che la figlia Mavis appena maggiorenne lasci il castello che egli stesso aveva fatto costruire perché ella non andasse da nessuna parte, lasci casa o peggio ancora, si fidanzi con un ragazzo a lui non grato. Le motivazioni che spingono il Conte a comportarsi in questa maniera sono a dir poco tragiche e nascono in seguito alla morte violenta de la di lui moglie. Quale padre (morte violenta del coniuge a parte) non ha mai nutrito le stesse paure? E quale padre non ha mai nutrito sentimenti più o meno latenti di ostilità nei confronti di quel giovane che gli porterà via la figlia? E quale bambino ha mai vissuto una simile esperienza?

Potremmo andare avanti all’infinito con esempi simili ma ci fermiamo qui e lo facciamo per compiere un paio di constatazioni. Andando al cinema ci siamo resi conto che probabilmente gli unici a mantenere una linea “tradizionale” sono i lungometraggi animati della Disney. Abbiamo visto Frozen e abbiamo visto e adorato Ribelle perché essi sono la prova che la vecchia Disney conserva ancora il gusto della favola anche se lo fa aggiornando, come giusto che sia, la caratterizzazione delle sue eroine. Abbiamo adorato Merida (protagonista di Ribelle) per i suoi incolti capelli rossi, la sua bravura a cavallo, la maestria con la quale tira con l’arco, ma soprattutto perché non vede il matrimonio come risoluzione di ogni suo problema ed è pronta ad affrontare le responsabilità e le conseguenze delle sue scelte. Ribelle è un film che appassiona anche il genitore senza però “corromperlo”. Ribelle coglie invece quella che dovrebbe essere l’intima essenza del rapporto di un genitore con il proprio figlio. E lo fa mettendo in scena una favola magica nella quale la figlia ha da insegnare alla madre quanto la madre ha da insegnare alla figlia. Per non parlare della gioia che abbiamo provato andando al Disney Store dove per una volta abbiamo trovato ad attenderci archi e frecce invece di leziose coroncine e scarpette.

Ponyo sulla scoglieraE ci è piaciuta anche Anna di Frozen, che coraggiosamente si inerpica su per la montagna, fra ghiacci e neve, per andare a recuperare la sorella Elsa. Anche in questo caso non è di certo un matrimonio costruito sul nulla a salvare la nostra beniamina. Una piccola citazione la merita anche Hayao Miyazaki, poeta indiscusso dell’animazione, il quale ha saputo comunicare e incantare il mondo intero con un immaginario lontanissimo dal nostro popolato da creature che, sebbene siano per il mondo occidentale culturalmente difficili da contestualizzare, toccano il cuore di grandi e piccoli. Di recente abbiamo rivisto Ponyo sulla scogliera e ci ha colpito vedere quanto profondamente egli conosca l’infanzia e di come sappia ritrarla con grande veridicità anche se inserita in situazioni fantastiche.

Peter pan e wendyPossiamo concludere solo dicendo che di certo non ci manca la crudeltà della letteratura infantile del passato che vedeva torte ripiene di merli, lupi sventrati o poveri ovetti andare incontro alla morte cadendo da un muretto e lo stesso vale per il primo Dinsey che vedeva per esempio la povera Wendy di Peter Pan in costante pericolo di vita o Cenerentola porre rimedio ad ogni sua sfortuna con il  matrimonio. Ma di sicuro non ci piace nemmeno questa tirannia del marketing la quale deve per forza allargare il proprio target per vendere quanti più biglietti possibili, e per far ciò adesca i genitori con trovate narrative per il loro esclusivo godimento. I bambini si divertono comunque, come potrebbero non divertirsi dopotutto, quando si trovano davanti personaggi eccentrici, esasperati, intenti nel compiere azioni che fanno appello all’aspetto più immediato della comicità?

Insomma, quello che ci piacerebbe vedere accadere un po’ più spesso è ciò che la Disney ci ha regalato negli ultimi anni, vale a dire che si conservi e si difenda l’amore per la Favola, un aspetto fondamentale nella crescita di ogni individuo perché una favola non solo aiuta a sognare ma, come dice la madre di Merida sulle leggende, anche le favole conservano un pizzico di verità. E che a questo amore vengano affiancati eroi ed eroine che incarnino con l’intelligenza che i nostri figli meritano ciò che di buono ha l’insieme dei valori, delle tradizioni e dei principi che regolano il nostro presente.

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