Luca Fortis
Il Cairo verso la svolta/2

Mille culture d’Egitto

Qual è il contributo degli intellettuali alla soluzione della crisi egiziana? Parlano Dora Abdel Razik e Nabil el Shoubashy: «Fare ripartire la macchina dopo i fatti degli ultimi mesi non era facile, qualche compromesso andava pur fatto»

La vita a Zamalek scorre tranquilla, l’isola in mezzo al Nilo ospita moltissimi stranieri e molti miliardari egiziani. Pochi ristoranti servono cucina locale, camminando per le sue vie si incontrano ristoranti di tutto il mondo. Nabil Shoubashy e Dora Abdel Razik, che ho conosciuto la scorsa estate durante una trasmissione della televisione egiziana, mi danno appuntamento in un caffè siciliano. Dora Abdel Razik, 34 anni, è una giornalista franco-egiziana che da sette anni vive al Cairo e segue sia la politica interna sia il cinema, la sua passione. Nabil el Shoubashy, laureato alla Sorbona, da anni presenta talk show e programmi culturali, figlio di Farida el Shoubashy, scrittrice e commentatrice televisiva di orientamento nasseriano molto amata nel Paese, respira sin dall’infanzia l’impegno e l’interesse per la politica e la società egiziana. Entrambi sono volti di Nile TV, la televisione pubblica egiziana che trasmette in inglese, francese ed ebraico.

Come giudicate la chiusura del programma del popolare comico Bassem Yussef che ha criticato il nuovo uomo forte del paese, il general Abd Fattah El Sisi?

Dora Abdel Razik. È la direzione del canale che ha fatto una sciocchezza, non è l’esercito che lo ha chiesto, è stata una decisione interna.

Nabil el Shoubashy. Sisi non è il padrone del Paese, è il ministro della Difesa, a prendere le decisioni è il primo ministro. Il generale è però l’idolo del Paese e la gente è in collera perché Bassem lo ha preso in giro facendogli un processo alle intenzioni. L’altro problema è che ha paragonato l’Egitto a una donna dai facili costumi che cambia molti uomini. Personalmente, mi ha fatto ridere, ma la maggioranza della gente non lo ha compreso perché non ha la sensibilità per farlo. Io ho visto la trasmissione non ho visto davvero un messaggio anti-Sisi. Bassem ha detto solamente che il paese ha mantenuto la libertà di parola sotto gli islamisti e lo dovrà fare anche sotto i militari.

Esiste una frattura tra le idee della maggioranza e quelle della borghesia? In Egitto vi è un gran fermento culturale. Gruppi musicali come i libanesi Mashrou Leila, che parlano di omosessualità, matrimoni irreligiosi e libertà, spopolano tra la borghesia, mentre i poveri sembrano ancora molto legati a idee tradizionaliste della società.

Dora Abdel Razik. Oggi ci sono degli argomenti che bisogna toccare con attenzione, ma nella realtà, tolta l’omosessualità, che in parte rimane un tabù, per il resto si parla di argomenti inimmaginabili fino a poco tempo fa, comincia a esserci una certa libertà.

Nabil el Shoubashy. Spesso nella stessa famiglia convivono idee molto diverse. Alcuni sono con i Fratelli Musulmani e altri con i militari. Dopo 40 anni in cui non si poteva parlare di politica abbiamo purtroppo perso la capacità di dibattere. Un ateo per esempio è veramente poco tollerato, ultimamente in una trasmissione ne hanno intervistato uno, ma è stato aggredito dagli altri partecipanti e la giornalista ha avuto alcune difficoltà a gestire la situazione. Però il solo fatto che sia stato invitato a parlare in televisione una persona che non crede in dio è una novità epocale.

I gay sono più accettati di quello che si dice, se ne parla nella letteratura e nei film egiziani e non ci sono leggi contro l’omosessualità nel Paese, ma non se ne può discutere nelle famiglie.

Dora Abdel RazikDora Abdel Razik. L’Egitto è tollerante fino a quando non ne parli. Al massimo c’è un po’ di schizofrenia tra quello che si racconta alle famiglie e quello chi fa realmente.

Nabil el ShoubashyNabil el Shoubashy. A Parigi avrei votato Delanoe perché mi piace il suo programma politico. Il fatto che sia gay per me non è un problema. Non bisogna basarsi sull’orientamento sessuale di qualcuno ma giudicare il suo lavoro. Allo stesso tempo non bisogna estremizzare né in un senso, né in un altro: non odio qualcuno perché gay, non lo adoro solo perché è gay. Un mio amico omosessuale francese che viveva qui mi ha sempre detto che il Cairo è il paradiso dei gay, anche se tutto avviene nell’ombra. Gli omosessuali sono ricchi e poveri, non c’è differenza tra classi, anche le donne che divorziano liberamente e per loro scelta lo fanno in tutte le classi sociali e i poveri lo fanno molto di più di quello che si pensi. Vivono tutti insieme, il sesso è molto più visibile in famiglia di quello che si crede.

Spesso in Medio Oriente si parla delle libertà delle comunità e delle religioni, ma non di quelle degli individui. Nella bozza della nuova costituzione le esigenze di libertà dei singoli sono rispettate?

Dora Abdel Razik. Fare ripartire la macchina dopo i fatti degli ultimi mesi non era facile, qualche compromesso andava pur fatto. Per esempio gli omosessuali in Francia ci hanno messo tempo ad avere i loro diritti e anche qui ci vorrà del tempo. Nonostante nel nuovo testo costituzionale si sia tenuto conto dell’opinione dei Salafiti, le libertà delle persone hanno sicuramente fatto dei passi avanti, anche se ancora non basta. Si tratta di un punto di partenza, ma il cammino è ancora lungo.

C’è oggi molta cultura nel sud del Mediterraneo, forse più che nella riva nord.

Nabil el Shoubashy. Sì, anche se è ancora underground. Oggi è pieno di gruppi musicali egiziani, prima nessuno se ne accorgeva.

Nonostante tutto questo fermento culturale, alcuni osservatori hanno espresso qualche timore per la libertà d’espressione nel Paese dopo che la nuova costituzione rimanda a future leggi di normare le manifestazioni.

Nabil el Shoubashy. Nel lungo termine non credo ci saranno. Penso che sia importante lasciare la gente manifestare liberamente, non bisogna aver paura di loro, spesso sono anche pochi. I governi forti non devono aver paura di chi manifesta o delle trasmissioni televisive, facendolo metterebbero solo a rischio la loro popolarità. L’unico punto fermo deve essere la non violenza delle proteste.

Vedo alle pareti una vecchia foto di Zamalek con le sue ville ottocentesche ormai in gran parte distrutte: è stato un peccato non averle tutelate?

Dora Abdel Razik. Purtroppo nel Paese ancora non si comprende che è fondamentale tutelare non solamente l’archeologia, ma anche le vecchie abitazioni arabe, ottomane e coloniali.

Nabil el Shoubashy. Tutti cercano quello che non hanno, ti dicono che gli altri paesi sono così puliti, vogliono Dubai. Non capiscono che la loro cultura è infinitamente più antica. Io trovo l’India molto più interessante degli Stati Uniti o degli Emirati. Gli egiziani devono smettere di distruggere la loro cultura per copiare uno stile globalizzato uguale dovunque. Il problema è che poi non ci sono leggi per proteggere le vecchie abitazioni.

Gli egiziani non dovrebbero essere più nazionalisti quando parlano della loro arte e meno quando parlano di politica?

Nabil el Shoubashy. Purtroppo non lo hanno ancora capito, io penso che il problema sia nato con l’emigrazione degli egiziani nei paesi del Golfo. Sono ritornati ricchi e portando con sé il velo e i grattaceli. Oggi si pensa che distruggere una vecchia casa ottocentesca e costruire un centro commerciale sia bene, porta lavoro e modernità. Un’idea a dir poco fessa.

Clicca qui per leggere l’intervista a Tarek Ali Hassan

Facebooktwitterlinkedin