Paolo Petroni
Giornata della memoria/1

Disturbi di memoria

Come si fa a rendere meno retorico il ricordo del passato? Occorre uscire dalla retorica e dall'ufficialità per trovare canali di comunicazione informali ed emotivi. Come un certo tipo di teatro...

Per parlare con i giovani, a cominciare da mio figlio, sono abituato a cercar di ricordare come reagivo io a mio tempo, a come le cose, dette in un certo modo, mi entrassero da una parte per uscire dall’altra, come quelle dette e ridette allo stesso modo finissero per avere talvolta il risultato contrario. Mi è venuto in mente questo partecipando di anno in anno alle cerimonie per la Giornata della memoria, sentendola una volta di più un qualcosa di celebrativo e retorico, chiuso in se stesso e nel suo mantra del ricordare per non far ripetere, che ha la sua verità, ma anche una smentita palese dalla storia, come è già stato messo in rilievo da pensatori, anche ebrei, ben più autorevoli di me, e come ha fatto ultimamente Elena Lowenthal.

Io mi chiedevo appunto quanti giovani, perché penso che il vero senso della Giornata debba essere arrivare a loro, magari anche quelli delle curve allo stadio, si pensasse di raggiungere in questo modo, ogni anno riproponendogli le stesse cose più o meno sempre eguali.

Ho vicino ragazzi consapevoli, che hanno in famiglia protagonisti della Resistenza e che con la scuola sono stati a Auschwitz, ma sono naturalmente insofferenti ormai a sentir riparlare di queste cose a questo modo. Sono ragazzi per cui tutto quel che è accaduto è storia, non diversamente dai martiri del Risorgimento, dagli eccidi della Grande Guerra, dai genocidi in Cambogia o nel Ruanda (per citarne due a caso), e in tv hanno visto tante volte, purtroppo, foto di montagne di cadaveri, che i meno avvertiti forse non distinguono più le une dalle altre.

Allora credo che bisognerebbe interpellare studiosi della comunicazione, del mondo giovanile, della psicologia dell’età evolutiva, per sapere come comunicare oggi il fatto che l’uomo è capace di trasformarsi in belva, puntando sulla Shoah, ma magari non solo, per cercare di far capire qualcosa di più complesso, profondo e che deve arrivare con strumenti e mezzi nuovi, a chi vive nel mondo delle immagini in diretta e della comunicazione globale. Probabilmente oggi serve più uno spettacolo come quello di Paolini in tv o di Celestini di tutto il resto. Io non ho soluzioni pronte, ma ho penso sempre più che il problema vada posto, pur in tutta la sua scomodità.

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