Alessandro Boschi
Visioni contro mano

Cinepandoro Molière

Il bel film di Philippe La Guay che gioca sui ruoli del “Misantropo” (insieme a “Still life”) resiste ai colossi di Natale. Colossi sempre più piccoli, però...

Passata quasi del tutto la tempesta natalizia dei cinepanettoni più o meno di successo, non ci rimane che verificare cosa rimane sul terreno dello scontro all’ultimo fotogramma di un cinema in affanno che vede comunque in questo periodo uno spaventoso incremento di spettatori rispetto al resto della stagione. Salta subito agli occhi un dato: non ci sono più i cinepanettoni di una volta. Intanto, perché si è sensibilmente ridotta la finestra di esposizione, vale a dire il periodo di permanenza in sala che prima era decisamente più ampio, con una uscita e uno smontaggio che allungavano davvero di molto il periodo di incasso. Adesso i film natalizi escono vicinissimi a Natale, ed esauriscono il loro “mandato” in pochi giorni.

In questa debolezza, intrinseca a film che fino a qualche anno fa erano vere e proprie corazzate, si inseriscono prodotti diversi, alcune pellicole che potremmo definire cinepandori, che vorrebbero ma non ce la fanno, e pellicole “altre” sul serio. Molti hanno sostenuto che Still life di Uberto Pasolini sia stata e sia ancora la vera sorpresa di questo fine 2013, e noi ne abbiamo magnificato proprio sue queste pagine il valore. Operazione effettuata anche per un altro film, del quale però abbiamo avuto modo di parlare solo di sfuggita. E siccome è ancora reperibile in qualche sala, ci sembra giusto fornire il nostro modesto contributo per invogliarvi a recuperarlo. Potrebbe essere un buon inizio d‘anno.

Stiamo palando di Molière in bicicletta di Philippe La Guay. Interpretato da Fabrice Luchini, Lambert Wilson e Maya Sansa, il film narra la storia di un possibile ritorno in scena di un attore, Luchini, che ha preferito ritirarsi su un’isola per seguire le proprie rigide ancor più che rette inclinazioni. Chi vorrebbe mettere fine a questo isolamento esistenziale e artistico è l’amico Gauthier, attore non eccelso ma di successo e determinato a produrre Il misantropo. Tenendo per sé, ci pare ovvio, visto che paga, il ruolo di Alceste e lasciando al più dotato Serge quello di Filinte. Ed è questo il primo passo che la commedia in versi di Molière compie sulla scena diventando parte integrante delle esistenze dei due amici/rivali. La bravura dei due attori è molto francese, raffinata e supponente ma davvero calibrata su personaggi interpretati e interpretanti. Pure Maya Sansa regge bene il confronto, dimostrando la famosa “padronanza della lingua” di sordiana memoria. Il continuo rimando tra commedia e vita reale, l’alternarsi dei ruoli tra Serge e Gauthier non produrrà vincitori ma solo sconfitti.

La simbologia del film, l’andare appunto in bicicletta, l’impantanarsi, il tradire, lo sperare, il rimandare, è tutto racchiuso nella prima scena quando Serge viene sorpreso dall’amico, che rivede dopo molti anni, a impedire a degli operai, secondo lui troppo costosi, l’opera di bonifica della vecchia fogna da cui dipende la propria abitazione. Il senso è già tutto lì. Serge e Gauthier non potranno mai essere diversi da quelli che sono, il primo perché non lo vuole, il secondo perché non può. C’è del marcio, da quelle parti. Il diavolo? Che non a caso significa “divisore”. Di fatto la pellicola di La Guay entra dentro allo spettatore regalandogli momenti di riflessione e disorientamento legati a una messinscena che riesce, nella assoluta limpidezza dell’assunto, ad essere intrigante e imprevedibile. Un omaggio al teatro, certo, ma anche la conferma di quanto il teatro racconti la vita aiutandoci a comprenderla e, se possibile, aiutandoci perfino a riderne.

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