Elisa Campana
Lettera da Cardiff

Lo Stato dell’Arte

C'è un Paese in cui l'identità condivisa è affidata (solo) alla pittura: paesaggi maestosi e natura selvaggia. Un marchio di fabbrica attraverso i secoli. Insomma: il Galles

Modesta nazione di circa 20.000 Km2, sei volte più piccola della vicina Inghilterra, il Galles è una terra dai forti contrasti. Tra i dolci e verdi pendii in cui la natura detta ancora le sue leggi, fanno capolino antiche città minerarie, fantasmi di un sogno industriale ormai infranto. Moderni centri urbani si giustappongono in chiaroscuro a castelli medievali, silenziosi testimoni di passate dominazioni mai del tutto dimenticate: i più di 600 castelli sono in molti casi simbolo del potere inglese perpetuatosi nei secoli, la cui ingerenza è ancora oggi mal sopportata.

Terra dalle due anime, il Galles è infatti giurisdizione della Corona, ogni successore al trono vanta per l’appunto il titolo di “Prince of Wales”, ma da sempre preserva fiera la propria anima celtica che si esplicita non solo attraverso nomi incredibilmente lunghi e impronunciabili, eredi di una lingua autoctona, il gallese, parlato oggi da circa il 20 % della popolazione, ma anche attraverso l’attività della Gorsedd of the Bards e dell’Assemblea gallese. La Gorsedd y Beirdd (gallese per Gorsedd of the Bards) è un’organizzazione di poeti, scrittori, drammaturghi, musicisti, artisti che si dedica a preservare e divulgare l’originario spirito celtico del Galles; è infatti strettamente legata alle Gorsedds della Cornovaglia e della Bretagna, accumunate dalla ‘missione’ di fortificare le radici celtiche delle singole regioni. L’Assemblea gallese opera invece in campo politico, non ha gli stessi poteri né tantomeno l’autonomia propria del Parlamento scozzese, ma è comunque espressione di una forte componentistica nazionalista, che trova nel partito Plaid Cymru la voce più battagliera.

forest-cove-john-brettLuci e ombre della “terra dei castelli”, poetico epiteto a richiamare le impronte del Medioevo gallese, trovano la loro massima espressione nelle tele che animano le gallerie del National Museum di Cardiff, giovane e dinamica capitale di un’orgogliosa nazione. È infatti attraverso i pennelli che l’arte è riuscita a carpire le poliedriche sfaccettature di questo paese dalla storia movimentata. Tra le tante, la galleria più significativa è probabilmente quella denominata “The Power of the Land: The Welsh Landscape Gallery” che ben essenzializza le duplici nature del Galles, i cui paesaggi hanno richiamato ed ispirato pittori di ogni tempo. Ecco perché l’esposizione non si snoda seguendo la trama dello scorrere cronologico, ma preferisce accostare artisti di epoche differenti, alcuni di origine gallese, altri giunti come semplici turisti, poi folgorati dalle bellezze degli scenari circostanti.

Le sublimi montagne del Nord, i castelli, le insenature nel blu marino trovano espressione nelle cromie di John Brett in Forest Cove, Cardigan Bay, William Hodges con Ruins of Llanthony Abbey o in Swimmers di Graham Sutherland, laddove invece il grigiore della Rivoluzione industriale, con l’aria malsana e i fumi di un agognato progresso, tinge la tavolozza di Lionel Walden nell’olio su tela The Steelworks, Cardiff at night. Tuttavia, l’elemento naturalistico sprigiona le sue piene potenzialità nei pennelli di Richard Wilson, non a caso, comunemente riconosciuto come il “padre della pittura paesaggistica” in Inghilterra. Fino al XVIII secolo, la pittura di paesaggio non veniva infatti considerata un genere di indipendente dignità artistica, scontrandosi pertanto con una forte opposizione che non la inquadrava nella tradizione pittorica più ortodossa. Wilson fu il primo ad apprezzare e divulgare le qualità estetiche della sua terra natale, concentrando la sua opera rivoluzionaria principalmente su scenari paesaggistici, ripresentando l’ordine e la chiarezza di stampo classico, immersi in una varietà di luce diffusa, come nei dipinti Cilgerran Castle o Conway Castle. Il suo operare ha ancora più valore se si considera che il Galles era al tempo considerato nulla più di un semplice fazzoletto di terra, povero e rurale, per antonomasia patria di contadini, nemesi quindi dei raffinati salotti del panorama artistico londinese. Le sue opere esercitarono considerevole influenza sui lavori di J.M.W. Turner, John Constable e John Crome.

E ancora oggi, il Galles continua ad attirare gli artisti, senza mai stancare perché ogni anfratto è mutevole, nella luce naturale, nel trascorrere delle stagioni, perché la varietà non si esaurisce mai, le aspre montagne, i morbidi pendii, il mare burrascoso e le baie pacifiche, le frenetiche città e le pacate campagne. L’aveva capito fin troppo bene Wilson, era ben chiaro a Turner che molte volte vi si recò, e non è sfuggito ad artisti contemporanei come Sir Kyffin Williams, Gwyn Roberts, Robert Piercy e tanti altri. Il Galles è una tavolozza a cielo aperto che racchiude in sé, senza vergogna, con spregiudicata fierezza, tutti i colori, tutte le inesauribili fonti di ispirazione.

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