Alessandro Marongiu
Letture tardive

Storia & Passioni

"I giorni innocenti della guerra", il romanzo di Mario Fortunato, è un esempio importante di come si possano affrontare grandi temi partendo da frammenti quotidiani. Anche raccontando l'epopea della Seconda Guerra

«Stefano Portelli avrebbe ricordato a lungo quel bacio casto e infinito»: su questa immagine si apre e chiude, significativamente, il romanzo di Mario Fortunato I giorni innocenti (Bompiani, 2007, 213 pagine, 15.50 euro). Il bacio è infatti un elemento che ritorna costantemente nel corso del libro, come simbolo, nel periodo più buio della storia dell’uomo, quello della Seconda Guerra Mondiale, di un ultimo anelito di speranza e della voglia di continuare a sentirsi vivi, nonostante una tragica quotidianità fatta di bombardamenti, macerie, morti. Non solo: il bacio, gesto quanto mai ordinario, banale quasi, come prima tessera di un domino che, concluso il suo percorso, si rivela meccanismo capace di incidere sul corso della Storia. Ed è qui che risiedono il grande fascino e la riuscita di I giorni innocenti della guerra: nell’esplorazione delle zone di intersezione e reciproca influenza tra gli avvenimenti che segneranno i destini dell’uomo, e le vicende private, quotidiane, all’apparenza poco significative della gente comune.

«Inventare la vita per comprenderla meglio»: è quanto decide di fare Edna per ovviare alla totale mancanza di notizie sulla sorte del suo amico Alastair, disperso dopo aver partecipato a un bombardmento su Genova, quando, «per tenersi vicina all’esistenza» del ragazzo, inizia a scrivere un romanzo che ne descrive il ritorno a casa; ma è soprattutto quanto fa, con profonda consapevolezza, Mario Fortunato, che utilizza personaggi, relazioni, accadimenti di fantasia per spiegare, senza esprimere consenso o riprovazione, fatti storici concreti e reali, come la scelta di partire per l’Africa per far grande la Patria ed esportare la civiltà, o come la decisione di iniziare una vita di clandestinità e pericoli per contribuire a liberare l’Italia occupata dai nazisti.

È così che, ad esempio, un momento di improvvisa passione all’interno di un matrimonio poco riuscito, diventa lo spunto per raccontare la nascita di un Comitato di Liberazione Nazionale e la trasformazione dell’innocente diciassettenne Nina in una staffetta che sarà, suo malgrado, testimone delle deportazioni verso i campi di concentramento. Valori aggiunti di un libro già di per sé notevole, una scrittura dal ritmo sostenuto, che alterna presente e passato nella narrazione, e una capacità non comune di rendere vive e credibili le caratterizzazioni con pochissimi tratti e una quasi totale assenza di dialoghi.

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