Pierre Chiartano
Lettera dal Maghreb

Il caos di Tunisi

Quella di ieri sulla Bourgiba avenue doveva essere una manifestazione possente per dare una spallata al governo. Invece a Tunisi regna ancora la confusione. E nessuno sa più come con chi o contro chi schierarsi

Sono le dieci del mattino quando arrivo sulla Bourgiba avenue, in pieno centro della capitale. Non è la prima volta e ormai conosco i segnali della “piazza” tunisina. I locali sono tutti aperti e pieni di gente. L’odore di croissant caldi e il profumo di caffè invade l’aria di uno dei mesi piu belli, dove il caldo diventa sopportabile e le giornate sono invase dal sole e da una luce inconfondibile. Non c’è ancora il sentore del sangue che verrà versato in serata, che macchierà inesorabilmente il secondo anniversario delle prime elezioni libere dopo la dittaura. Il traffico non è stato interrotto, utilitarie e suv procedono lente nel passeggio mattutino e non c’è ancora nessuno a protestare davanti al teatro. Nonostante la polizia e i media siano presenti in forze, non c’è grande tensione nell’aria. Ormai la liturgia di questa lunga protesta antigovernativa è chiara: prendere il governo della cosiddetta Trojka, eletto dopo la rivoluzione dei gelsomini, per stanchezza. Le manifestazioni annunciate erano due. Una sul viale in stile parigino della ex colonia francese e un’altro che sarebbe dovuta arrivare all’incrocio tra questa e l’altra grossa arteria del centro la Mohamed V o “hamza” come dicono da queste parti.

tunisi ottobre1L’ultima settimana in Tunisia era stata punteggiata da episodi di violenza contro le forze di sicurezza. Attacchi a stazioni della Guardia nazionale (come i nostri carabinieri) vicino al confine algerino, poi un altro episodio a Beja-Gobellat non lontano dalla capitale dove avevano perso la vita degli agenti della Guardia nazionale durante un controllo antiterrorismo. Sullo sfondo del braccio di ferro tra governo, il suo rappresentante ed eminenza grigia Rashed Gannouchi e il capo dell’opposizione Caed Essebsi. Ad agosto si erano incontrati in Francia per firmare un accordo. Sembrava tutto fatto, all’ombra dei padrini francesi, dei compari sauditi e di un Occidente distratto. Dimissioni del governo, presidenza della repubblica a Essebsi, nuove elezioni, nuova costituzione. Ma qualcosa non aveva funzionato. In Tunisia qualcuno non era d’accordo. Il governo non si era dimesso. Era così ripreso il rituale delle proteste, della richiesta di dimissioni ad ogni incidente. Ogni poliziotto morto per mano di sedicenti salafiti diventava la punteggiatura sul foglio della costante e ritmica richiesta: dimissioni. “Degage!”.

tunisi ottobre3Non che il governo di Ennahda abbia dato prove brillanti, specie per l’economia, ma l’eredità del dittatore Ben Ali è pesante. Comunque sia, sull’inadeguatezza della compagine di governo si era espresso, anche da queste colonne, uno dei fondatori del movimento dei Fratelli musulmani in Tunisia, Abdel Fatah Mouro. Ma rimane la sensazione che, dietro le legittime proteste, ci siano manovre ed interessi esterni al paese, ansiosi di normalizzare la Tunisia e ogni “pericolosa” conseguenza della rivoluzione. Verso le 10.40 centinaia di giovani cominciano ad assieparsi davanti al teatro che mostra un cartellone con la foto del padre della moderna Tunisia, Habib Bourgiba. Uno spettacolo che va in scena da quest’estate. Una squadra della Brigade d’intervention rapide (la Celere tunisina) scende da un mezzo poco lontano. Si fanno fotografare senza problemi, sorridono. C’è anche qualche turista curioso, sorpreso di essere testimone della protesta. Molti asiatici – forse cinesi – pochi occidentali. Noto appena i capelli biondo-dorati di una giovane coppia, bermuda d’ordinanza e macchina fotografica “costosa”. C’è anche qualche collega europeo, pettorina azzurra “press” scritto anche in arabo e stringer al seguito. Probabilmente aspettano la tensione e lo scontro fra le opposte fazioni. Rimarranno delusi. Solo per un attimo si crea un parpiglia quando alcuni sostenitori del governo si piazzano nel viale alberato di fronte al teatro con dei cartelli. La discussione si accende per diversi minuti, poi sono costretti a battere in ritirata. Hanno osato troppo e vola anche qualche schiaffone.

tunisi ottobre5La gente nei caffé sta ancora comodamente seduta a sorseggiare “shai bi nana” (il tè alla menta) e Boga cidre (la gazzosa locale). Ma è l’unico episodio di rilievo della mattinata. Poco dopo le undici la protesta si muove verso la piazza con la Torre dell’orologio, sono qualche migliaio e vengono fermati da un cordone dell forze dell’ordine poco prima del ministero degli Interni. Le tensioni, quelle vere, ci saranno in serata quando giungerà la notizia della strage di uomini del reparto speciale antiterrorismo della Guardia nazionale nel governatorato di Sidi Bouzid. Il comandante dell’unità d’elite, Imed Hizi e sei dei suoi uomini verranno uccisi durante l’operazione (due i presunti jihadisti morti). Poi la notizia di un poliziotto caduto e di una altro rimasto ferito a Menzel Bourgiba, non lontano da Biserta. “Attacco da parte di sconosciuti” reciterà il comunicato. “Non cederemo al terrorismo” la risposta del presidente a interim Moncef Marzouki e del premier Ali Larayedh che aggiunge “manifestazione fallita”. Mentre lo Ugtt, il principale sindacato nazionale, dichiara per oggi lo sciopero generale. Davanti al teatro, col buio della notte, sono i supporter del governo a riunirsi, mentre cala il sipario su di un altro giorno di ordinaria confusione in Tunisia, dove speranze, aspettative, legittime proteste, messinscena, mistificazioni, odore di caffè, profumo di curcuma, proteste, sangue, violenza  e voglia di vivere si mischiano in un amalgama indistinto che odora di Tunisia. Quella di oggi. Per il futuro servirà aspettare.

Le fotografie sono di Pierre Chiartano

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