Alessandro Boschi
Visioni contromano

Surreale Kubrick

Abbiamo visto "Fear and desire", il film ritrovato del grande regista. È un film strano, imperfetto, povero... ma i temi dei capolavori (da "Orizzonti di gloria" a "Eyes wide shut") ci sono tutti. Da non perdere!

C’è chi sostiene che un regista nella propria vita, pur producendo decine di film, ne giri solo e soltanto uno. Come quelli che dicono che si ama una volta e le altre sono solo e soltanto delle pallide imitazioni (credo di averlo letto anche in un albo di Tex, figuriamoci). Comunque, una curiosa e in parte attendibile teoria sostiene che le difficoltà nel trovare una copia del primo lungometraggio di Stanley Kubrick, Fear and desire, derivino dal fatto che il buon Stanley aveva cercato di distruggerne tutte le copie in quanto quel piccolo film, della durata di circa un’ora, conteneva già tutti i punti salienti della cinematografia kubrickiana che, alla luce della sua successiva carriera, non voleva venissero svelati. Come per dire: “Ehi! Ma questo aveva già messo tutto nel primo film!”

Altri sostengono  invece che quella spietata caccia alla copia era imputabile al fatto che una qualità tecnica così bassa era insostenibile per un maniaco della precisione come il regista di Arancia meccanica. Quale che sia la verità il fatto che il film (da tempo uscito in dvd) torni in sala per tre giorni costituisce una ghiottissima occasione per tutti gli amanti di quello che è considerato uno dei più grandi autori di tutti i tempi.  Dovendo darne una valutazione critica, come al solito obtorto collo, dobbiamo ammettere che Fear and desire, contiene in effetti molti dei topoi del cineasta che tanto amiamo. A partire dal titolo, Paura e desiderio, come se già da allora fosse evidente che per Kubrick le due cose erano legate in maniera indissolubile. Pensate ad esempio all’ultimo Eyes wide shut.

Il suo primo capolavoro assoluto, Orizzonti di gloria, è indubitabilmente debitore di Fear and desire, fatta però salva la considerazione che l’aspetto umano della storia interpretata da Kirk Douglas è decisamente preponderante, come se un curioso ma rispettabilissimo pudore impedisse al regista di trattare un argomento come quello del desiderio legato alla paura solo passando attraverso la “giustificazione” umanistica della terribile vicenda dei soldati protagonisti condannati a morte e fucilati. Tra l’altro il regista avrebbe voluto far finire il film senza la fucilazione, voluta e imposta invece da Douglas, che come si è visto aveva ragione da vendere.

Fear and desire è il peregrinare di quattro militari (uno di loro è Paul Mazursky) in una poco definibile guerra, forse quella di Corea, in quanto quella del Vietnam, all’epoca del film, il 1953, era ancora di là da venire. Le loro elucubrazioni, introdotte da una voce fuori campo, riguardano i massimi sistemi e costituiscono un apologo contro tutte le guerre in tutte le parti del mondo. Un Kubrick surreale, autoprodotto e anche tecnicamente imperfetto. Ma da non perdere, è ovvio.

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