Sandra Petrignani
Camera con vista

La web-Justine

«L’amore che supera i confini non è mai perversione, è solo un punto di vista più suggestivo»: è la tesi di un libro molto particolare: "Justine 2.0" di Elena Bibolotti. Racconta un'educazione sentimentale ai tempi della Rete

Quando una giovane che conosci e che hai cercato inutilmente di far pubblicare presso amici editori, riesce finalmente nell’impresa con le sue sole forze, si prova un entusiasmo tutto particolare. Quasi come quando un figlio arriva alla laurea. Così adesso mi rigiro fra le mani soddisfatta questo Justine 2.0, sottotitolo: Il cuore è soltanto un muscolo, edito da Ink, 170 pagine, 14,00 euro, di Elena Bibolotti, quasi fosse merito mio. E invece no, io ho fatto solo buchi nell’acqua con lei. Ma, come scrive Roberto Cotroneo in quarta di copertina, Elena «ha lavorato a questo libro per anni. Senza narcisismi. Senza fretta…. È raro tanto rispetto per la scrittura». Insomma Elena è una capocciona. Sì, è tenace. Si scoraggia, ma ogni volta riparte. È determinata. E lo scrivere ha bisogno anche di questo.

Poi Bibolotti è esperta in cose strane, anzi – più che strane – estreme. Sesso estremo, esperienze al limite, e infiniti naufragi dell’eros e del sentimento. Ha un blog (bibolotty.blogspot.it) dove scrive un delizioso diario e le gustose storie di un personaggio inventato, Teresa, candida e avventurosa, dagli innumerevoli itinerari metropolitani (Teresa manifesta, Teresa si fa il tatuaggio, Teresa legge….). Credo che sia un blog molto seguito, anche grazie a quel territorio seducente di cui Elena sembra esperta (detto fra noi quanto ci sia di vero e quanto di fantasticato non sono riuscita a capirlo). Infatti la Bibolotti, come la sua Teresa, colpisce più per un certo candore che perché abbia atteggiamenti da viziosa. È  piccola e graziosa, con un visetto Anni ‘30 coronato di riccioli neri e due occhi come carboni ardenti. È colta e affettuosa. Ha fatto l’attrice, con buoni studi accademici alle spalle e buoni risultati. Ma poi si è sentita più a suo agio in mezzo alla letteratura. Ed eccola qui. Con questo romanzo di cui ho scritto (sempre in quarta di copertina e tanto vale che mi citi testuale): «Bibolotti ha la rara capacità di trattare il tema erotico rispettando l’immaginario femminile e andando a fondo di tematiche scabrose con la visione originale – trattata seriamente da pochissime autrici (penso a Elfriede Jelinek e Catherine Millet) – che appartiene al sentire delle donne. Il risultato è una scrittura ferma e dolorosa che graffia e, a tratti, sconvolge il lettore….».

La Justine del titolo richiama ovviamente l’altra celebre Justine sadiana e la storia si dipana in sette giornate in cui la protagonista ne fa di tutti i colori, macerata da una sconfitta amorosa, motore di tutte le sue nuove avventure del corpo e dello spirito, soprattutto di una ricerca di sé che attraversa le tante possibilità della dipendenza per arrivare all’autonomia. Ma siccome questa Justine non vive nel ‘700, bensì ai nostri giorni, il suo viaggio è molto virtuale, si svolge prima di tutto in rete (da cui quel misterioso 2.0 che rende inconfondibile il suo nome nel web).

«L’amore che supera i confini non è mai perversione, è solo un punto di vista più suggestivo» leggo più o meno a metà libro. È la tesi della difesa. Difesa di ogni giocattolo sadico, abito macabro, gesti decisamente brutali di cui questa storia non lesina descrizioni. Non ne sono per niente convinta, ma divertita sì. Come dopo un tour semionirico in un particolarissimo vagabondaggio nel paese – a suo modo – delle meraviglie ovvero degli amori sorprendenti e delle sfaccettature deprimenti del poco raccomandabile genere umano.

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