Flavia Gasperetti
La "Banda del Formaggio" di Paolo Nori

Contro gli anacoluti

Nel suo nuovo libro Paolo Nori abbandona il suo personaggio di riferimento ma ne costruisce uno che parla come il precedente. Un trucco letterario o un cliché sterile?

È solo che io adesso che mi son letta la Banda del Formaggio di Paolo Nori (Marcos y Marcos, 2013, pp. 224, 15 euro), mi restan tutti questi interrogativi che non mi dan pace. Mica la capisco tanto questa gioia degli anacoluti a tutti i costi, cioè ogni tanto pure pure son simpatici, ma sempre?

Perché poi gli altri libri di Nori pure io li avevo letti e non mi avevan dato fastidio ma forse perché ero più giovane oppure perché parlava sempre lo stesso personaggio, questo Leandro Ferrari, e a me se l’autore mi fa capire che il personaggio parla proprio così io mi fido. Magari, ho pensato, questo Leandro è uno che da piccolo c’ha avuto un trauma. Che mi ricordo per esempio che da bambina avevo visto una puntata della Piccola Casa nella Prateria dove c’era una ragazzina che c’aveva avuto un brutto incidente e quasi affogava nel lago, e poi per moltissime puntate aveva cominciato a parlare tutta strana allora io ho pensato stai a vedere che pure questo Leandro magari da piccolo era quasi annegato nel lago pure lui. Solo che nella Banda del Formaggio non ci sta Leandro Ferrari ma Ermanno Baistrocchi, uno di sessant’anni che fa l’editore e che parla uguale uguale a Leandro Ferrari. Poi a metà libro si scopre che l’editore c’ha avuto dei fenomeni ischemici transitori come mio nonno, per cui penso magari è per questo che parla così e infatti pure mio nonno quando ce li ha avuti lui i fenomeni ischemici transitori parlava veramente a minchia. Sarà per questo. Però vedo che ai critici gli piace tanto questa cosa di Paolo Nori che usa gli anacoluti. Che innovatore! Che anarchico sperimentatore! Lo dicono tutti. Allora mi ricordo la mia professoressa di Italiano del liceo, quella stronza!, che se non rispettavo la consecutio modorum erano cavoli. M’ha tarpato le ali la mia professoressa perché magari se non mi disciplinava lo stile, se mi lasciava diventare anarchica e sperimentatrice come Paolo Nori a quest’ora ero pure io un’autrice stimata e riverita nei circoli intellettuali che contano. Mi par un’ingiustizia, ecco.

Mi son letta un sacco di recensioni della Banda del Formaggio per capire se pure a qualcun altro gli riesce faticosa questa cosa degli anacoluti ma niente, tutti a dire che mica è semplice scrivere così, no no, che in questo sta la maestria superba di Nori e pensate che pure uno su Finzioni scrive che è una cosa bellissima perché: “alla fine, non lo so, per un po’, dopo che hai finito un suo libro, ti viene da parlare come fa lui.” Dice così! Bè sentite, a me mi sta bene tutto, quando si tratta di un anarchico sperimentatore che gli vuoi dire però ora questa cosa che ho chiuso il libro e son tre ore che parlo così, no, questo non lo accetto. Vi dico solo che pure il tabaccaio prima m’ha guardato strano, davvero, m’ha guardato strano e lo sentivo che diceva a un altro mentre uscivo “Non sembra anche a te che i giovani oggigiorno si esprimano in maniera oltremodo sciatta?” così ha detto mannaggia a lui.

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