Rita Pacifici
Una grande mostra a Padova

L’attimo secondo De Nittis

Centoventi opere che testimoniano la sua vocazione: osservare la natura con in mano tele e colori, fissare appunti visivi del paesaggio che lo circonda

In Colazione in giardino di Giuseppe De Nittis, la gioia di vivere scorre in superficie, la percezione di una felicità delle piccole cose è palpabile. Nulla turba la scena famigliare, colta nell’intenso chiaroscuro delle luci estive. L’amatissima moglie e musa del pittore, Leontine, è di profilo nell’abito grigio perla. Il piccolo Jacques guarda altrove, distratto dagli animali sul prato. La tovaglia, le porcellane, i cristalli sulla tavola splendono dei riflessi catturati dalle superfici lisce, preziose. Il terzo posto è vuoto, la sedia scostata, il tovagliolo lasciato da parte, il bicchiere non ancora vuoto. Come se il pittore si fosse appena allontanato per restituire il trionfo di verdi e bianchi sotto i propri occhi, una vera festa per lo sguardo, in un magistrale brano di pittura en plein air.

2-giornata-dinvernoL’impressionismo di De Nittis consiste intanto in questa profonda adesione alla filosofia che permea la rivoluzione artistica avviata da Monet. È la celebrazione di un attimo pieno, assoluto, irripetibile, rivelato dalla luce come in un improvviso battito d’ali, che è compito dell’artista saper afferrare con rapidità. Perché tutto cambia e neanche le pietre rimangono mai le stesse. Colazione in giardino è composto pochi mesi prima che la mutevolezza della vita si porti via tutto. In quella stessa estate del 1884, il pittore muore all’improvviso a soli trentotto anni, nella villa fuori Parigi, nel pieno di una carriera che lo aveva consacrato tra gli italiani più celebri e amati sulla scena artistica europea.

Quando arriva a Parigi per la prima volta, nel 1867, De Nittis ha appena ventuno anni. Nato a Barletta, poi trasferitosi a Napoli per gli studi, il giovane pittore sceglie presto l’avventura. Segue un vocazione, scriverà nel suo Taccuino di memorie, che nessuna scuola può soddisfare. Vagabondare per le strade, osservare la natura con in mano tele e colori, fissare appunti visivi del paesaggio che lo circonda, sembra a De Nittis l’unica formazione possibile. Questo itinerario artistico che porterà il ragazzo italiano dal sud al nord d’Italia e poi in Europa, è ripercorso in un’eccezionale mostra a Padova, presso Palazzo Zabarella, a cura di Emanuela Angiuli e Fernando Mazzocca (fino al 26 maggio). Centoventi opere che consentono di comprendere in pieno la statura internazionale e la fisionomia moderna del pittore pugliese, capace di confrontarsi con quanti in quegli stessi anni stavano innovando la grammatica della pittura.

5Quale particolare attenzione De Nittis dedicasse ai valori atmosferici, ancora prima di arrivare a Parigi, è evidente da una serie di scene campestri realizzate tra il ‘64 e il ‘67, tra le quali L’Ofantino, un’ampia veduta dal cielo smaltato con le montagne del Gargano all’orizzonte, e la Traversata degli Appennini, memorabile studio della luce che prefigura temi e soluzioni degli anni successivi. È il momento in cui De Nittis frequenta «una camerata di radicali in arte» che prenderà il nome di “scuola di Resina”, pochi amici che come lui amano sperimentare dal vero, non riconoscendo nessuna autorità se non «il girovagare nei paesaggi» e «fantasticare su tutte le forme dell’avvicendarsi continuo delle immagini della vita».

Si trasferì a Parigi nel 1868. Lì conobbe Leontine, la vita in una città in fermento, il fascino dell’avanguardia: ne rimase stregato

È con questo bagaglio di libertà, di felicità all’aria aperta, di educazione a percepire le minime variazioni luminose, che De Nittis, appena maggiorenne, raggiunge prima Firenze, respirando le novità dei macchiaioli, poi Torino e infine la capitale francese, dove si trasferisce definitivamente nel 1868. Qui conosce Leontine, il volto di una città in fermento, il fascino di una capitale all’avanguardia. De Nittis ne rimane stregato e Parigi vive idealizzata in moltissimi dipinti: i boulevards, i lungosenna, il Bois de Boulogne percorso dalle amazzoni, la società mondana con i suoi protagonisti di spicco e soprattutto l’eleganza femminile, gli abiti dai tessuti fruscianti, che sembrano rivelare al pittore una bellezza al passo con i tempi.

in giardinoDe Nittis non dimentica mai la propria terra, dove infatti ritorna più volte, immortalando anche la straordinaria eruzione del Vesuvio nel 1872 in una settantina di piccole tele, ma certamente in questi anni la sua opera è lo specchio di un’infatuazione, di una possessione riversata in un ritratto appassionato della società francese, a sua volta conquistata dall’abilità e dal temperamento estroverso del giovane italiano. La traiettoria dell’artista incrocia naturalmente quella degli impressionisti, in alcuni casi sembra sovrapporsi. In giardino, con la silhouette femminile fusa alla vegetazione attraverso rapide pennellate, è un’opera assai affine alla sensibilità di Monet.

 A Londra, grazie al suo maggior collezionista, il banchiere Kaye Knowles, arrivò per De Nittis il successo economico. Tra i dipinti di quel periodo, il capolavoro “Westminster”

Tuttavia, nonostante De Nittis partecipi alla prima mostra del movimento nel ’74, non si inserisce nel gruppo. Quando il sipario si apre sulle tele che annunciano le scandalose tendenze della pittura di fine Ottocento, De Nittis è lontano, si è spostato a Londra per seguire altre sollecitazioni. Proprio nella capitale del grande impero britannico, il pittore troverà anche un riconoscimento economico grazie all’appoggio del banchiere Kaye Knowles, il suo maggiore collezionista, che gli commissionerà una serie di grandi dipinti. Piccadilly, La National Gallery, Trafalgar Square, La Banca d’Inghilterra, i maggiori monumenti della città vittoriana entrano a far parte di un repertorio caratterizzato dal taglio fotografico e dalla raffinatezza cromatica. Al vedutismo impressionista si intrecciano le suggestioni di Turner, evidenti nel capolavoro degli anni londinesi, Westminster, un’immensa superficie smaterializzata nei vapori rossi del tramonto, come anche una certa visione dickensiana che conduce De Nittis a dipingere «il sottosuolo di sfacelo e di degradazione della condizione umana». Quel volto misero e sofferente che nessun altro paese come Londra sembra rivelargli.

8-westminsterSono tanti gli echi del tempo, alla pari anche dell’arte giapponese, lucida, accesa di piccoli decori, da cui il pittore è letteralmente sedotto, che entrano a costruire la particolare fisionomia dell’artista italiano, decretandone il successo assoluto. Proprio con Westminster, De Nittis vince la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi del 1878, e presenta una lunga, straordinaria, sequenza di opere al femminile come la donna fasciata dal cappotto nero in Il ritorno alle corse, la Figura di donna sul fondo dorato, o l’evocativa signora di Perla e conchiglia, che segnano il ritorno dopo i tre anni dei paesaggi londinesi, alla sorgente più autentica e fertile della sua poetica.

Non si comprende in pieno la pittura di De Nittis se non si tiene unito l’artista all’uomo dall’indole solare, mediterranea, che dichiara di amare tutto ciò che dipinge, il brillante ospite della villa in rue de Viète, nell’elegante quartiere Monceau, dove si ritroveranno i principali intellettuali del tempo: i Goncourt, Oscar Wilde, Émile Zola, oltre a Degas e a Manet, tra i suoi amici più intimi. È questa affinità elettiva che il pittore stabilisce con i propri soggetti, questa vocazione alla narrazione di un mondo di cui condivide valori e interessi, che traspare, ad esempio, nelle atmosfere calde e lussuose del Salotto della principessa Matilde, la specificità di De Nittis.

16-il-salotto-della-principessa-matildeArtista che sperimenta, cerca tecniche e strade diverse per accordare le vibrazioni del colore alla ricchezza del proprio mondo interiore, recuperando anche il pastello con esiti felicissimi per morbidezza e intensità espressiva, ma che non disgiunge mai le ragioni dell’arte da quelle del cuore. Quando, stanco dei ritmi cittadini, decide di trasferirsi in campagna, a Saint Germain en Laye, De Nittis rincorre, insieme all’ebbrezza di dipingere scenari avvolti dalla luce come ai tempi dell’esordio, un “vecchio sogno” di felicità quotidiana e scrive: «Saranno dei giorni magnifici e avremo tanti fiori, di ogni specie. Un vero paradiso». Sono gli anni degli ultimi capolavori: l’Autoritratto, l’unico che lascia di sé, La guardiana delle oche e lo struggente congedo dalla vita di Colazione in giardino. Accanto a questo quadro sarà ritrovato nello studio, ancora da ultimare, l’ennesimo ritratto di Leontine in bianco, distesa sull’amaca. Un attimo di vita vissuta, soltanto all’apparenza uguale a tutti gli altri.

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