Vincenzo Faccioli Pintozzi
In Cina è tutto pronto per il cambio della guardia al vertice

L’alba di Xi Jinping

Arriva la Quinta generazione: con questo nome si indica la nuova leadership della Cina contemporanea, guidata dal presidente e segretario generale Xi Jinping

I fiori nuocciono gravemente alla rivoluzione. Almeno è così che deve pensarla Xi Jinping, il segretario generale del Partito comunista cinese e presidente in pectore della nazione, che ha imposto un tono di sobrietà “anche visiva” [parole sue ndr] all’Assemblea nazionale del popolo, il “Parlamento” nazionale che si riunisce una volta l’anno per varare le decisioni della leadership.

La prima sessione, quella di ieri mattina, ha visto protagonista il premier uscente Wen Jiabao che ha presentato il suo rapporto di lavoro tracciando anche le direzioni per il prossimo futuro. Nei quasi 100 minuti di discorso, approvato dalla leadership. Wen ha fissato una crescita del 7,5% per il 2013, mantenendo un’inflazione del 3,5; un incremento del 10% nella spesa pubblica; la nascita di almeno 9 milioni di posti di lavoro nel campo dell’edilizia popolare.

Come ripetuto anche negli scorsi anni, ha criticato gli eccessi degli investimenti statali, il modello che punta all’economia pesante, bollando la crescita cinese come “sbilanciata, scoordinata, insostenibile”. Ha anche messo in luce il sempre più largo abisso fra ricchi e poveri che porta alla protesta sociale e per questo per ben tre volte ha domandato che la Cina cambi modello economico, puntando più al mercato interno che all’export, segnato dalla crisi economica mondiale.

Inoltre ha comunicato i dati sulla crescita del budget militare, che ammonta al 10,7% del Pil (in ribasso rispetto all’11,2 % dello scorso anno). Alla vigilia dell’incontro, il governo di Pechino si era rifiutato di fornire i dati relativi al budget militare per il 2013. La portavoce dell’Assemblea, Fu Ying, ha risposto con fastidio alle domande dei giornalisti sull’argomento: «Sembra che la Cina debba spiegare ogni anno al mondo perché dovremmo rafforzare la nostra difesa nazionale e perché dovremmo incrementare la nostra spesa militare».

La questione non è solo formale, dato che il bilancio deve essere approvato dalla sessione parlamentare, e i particolari relativi a questo bilancio potrebbero essere messi sotto “segreto di Stato” e quindi non comunicato all’esterno, dato l’evidente aumento di impegno bellico nei confronti dei Paesi vicini. Uno dei teatri di questo scontro è il Mar Cinese orientale, dove Pechino e Tokyo si contendono la sovranità di un gruppo di isolette – le Senkaku/Diaoyu – di cui non si conosce il valore commerciale. Nel tempo la disputa è divenuta una questione di principio, e ogni settimana si registrano provocazioni militari di diverso tipo. Nell’ultimo periodo sono entrati in scena persino i caccia da combattimento di entrambe le nazioni.

Anche il Mar cinese meridionale subisce lo stesso trattamento: qui la Cina contende porzioni di territorio alle Filippine, al Vietnam e a Taiwan. Secondo la Fu – ex ambasciatrice in Gran Bretagna e vice ministro degli Esteri – la questione non si pone: «Non sarebbe una buona cosa, se la Cina non fosse in grado di difendersi. La nostra politica è sempre stata pacifica e di tipo difensivo, non siamo una minaccia per le altre nazioni».

L’apertura dell’Assemblea segna comunque un momento molto importante nella vita politica cinese. Dopo 100 giorni dalla sua nomina, infatti, il nuovo segretario del Partito comunista Xi Jinping prenderà ufficialmente il potere come presidente del Paese e capo della “Quinta generazione” di leader comunisti. Diversi analisti prevedono che, nel suo discorso di insediamento, Xi indicherà la priorità più urgente per la Cina: mantenere la stabilità interna attraverso il controllo dell’inflazione e dei prezzi delle case.

Tuttavia le questioni sono molte di più: da una parte c’è l’emergenza inquinamento che non accenna a diminuire e dall’altra il crescente malumore della popolazione, che soprattutto attraverso i siti di micro-blogging ha iniziato a farsi sentire sempre più spesso sugli scandali legati alla corruzione e ai casi di malgoverno soprattutto nelle province più remote.

Un altro tema aperto è quello della legge del figlio unico, la politica di pianificazione familiare che dalla sua entrata in vigore (nel 1980) ha causato almeno 400 milioni di non nati. Hong Hao, capo stratega per la Cina della Bank of Communications International, sostiene che molti investitori vogliono vedere la rimozione della legge che “restringe il bacino di manodopera interna”.

Altri aspettano invece una riforma nel sistema della registrazione della terra e delle proprietà immobiliari alla luce della “strategia dell’urbanizzazione” del premier Li Keqiang. Il primo ministro entrante ha detto più volte che vuole creare “ogni strumento utile” per evitare il dividendo demografico, un fenomeno che sta aumentando a causa dell’aumento dell’età media in Cina.

Infine c’è la questione della corruzione, “cavallo di battaglia” di Xi Jinping. Il presidente ha dichiarato sin dal primo giorno del suo mandato che intende “sradicarla” dalla politica cinese, e ha proibito “ogni forma di lusso” che contrasti con l’immagine sobria del Partito comunista. Anche se i suoi proclami non sono divenuti ancora legge, dalle riunioni politiche sono spariti i fiori e i pasti lussuosi.

Han Deyun, avvocato di Chongqing e delegato all’Assemblea, chiede da 7 anni all’Anp di rendere obbligatoria la denuncia dei redditi per i leader comunisti: «Non esiste una legge simile. Ma dobbiamo farla, altrimenti la gente ci chiederà perché loro sì e noi no». Negli ultimi anni i casi di corruzione e malversazione si sono moltiplicati e nel mirino sono finiti persino l’ex premier Wen Jiabao – la cui famiglia avrebbe guadagnato miliardi di dollari grazie al suo peso politico – e lo stesso Xi Jinping.

In ogni caso, l’ossessione della leadership per la stabilità sociale ed economica rendono improbabile ogni cambiamento radicale. Il rafforzamento dei dipartimenti di pubblica sicurezza e la conferma di un “vecchio”, Zhou Xiaochuan alla guida della Banca centrale dimostrano che al primo posto, come sempre, c’è l’ordine costituito.

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